Le innovazioni introdotte da Manzoni ne I promessi sposi

Le novità introdotte da Manzoni ne I promessi sposi nello stile, la struttura, i temi che affronta. Ecco i motivi che ne fanno un romanzo rivoluzionario.

Le innovazioni introdotte da Manzoni ne I promessi sposi
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I promessi sposi e l'innovazione del romanzo storico

I promessi sposi di Manzoni è un grande romanzo, un’opera la cui validità si commisura, come è proprio dei capolavori, in rapporto all’ampiezza dell’orizzonte culturale e alla sua attitudine a comprendere la complessa realtà di un’epoca e di una civiltà. Già il nucleo del racconto fece scalpore quando fu scritto, perché l'autore pose al centro di tutto ed elevò a simboli della dignità umana un filatore e una contadina, spostando l’attenzione dagli eroi e dai grandi alla gente umile e anonima, che a molti dei suoi contemporanei, e perfino a un Tommaseo, apparve un atteggiamento paradossale e deprecabile.

I promessi sposi come romanzo di denuncia

Una delle caratteristiche dell’opera è l’insistente polemica, in cui riaffiorano i motivi antifeudali e antiumanistici della cultura lombarda settecentesca, che accompagna e sottolinea la rappresentazione sempre calda di affetto e di pietà della vita dei poveri mentre svela, sotto il fasto pesante del cerimoniale, gli idoli di orgoglio e di crudeltà, di boria e di violenza che invece ispirano la condotta e regolano il costume dei ceti dominanti.

Manzoni punta il dito sull’aridità, la vigliaccheria dei personaggi d’autorità, tiranni e politici, prelati e avvocati azzeccagarbugli, nobili puntigliosi, bigotte con la loro smania di filantropia invadente ed inutile e grandi signore perverse;

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Un romanzo polemico

Il racconto di Manzoni suscita la satira verso una società piena di pregiudizi e superstizioni, riti artificiosi e cultura scolastica, verso la politica ma anche verso coloro che la rappresentano rivendicando la ragion di stato a cui i governanti ubbidiscono, procedendo ora con grossolana violenza, imperizia e stoltezza, sempre incuranti della miseria, della fame, del "sangue de’ poveri".

Il fermento polemico di Manzoni investe tutta la struttura del libro; qui convergono e si compongono:

  • fantasia e sentimento;
  • invenzione e riflessione;
  • momenti e toni umoristici e comici si alternano a quelli tragici eloquenti o solenni.

Da un lato si assiste alla vivacissima commedia del personaggio di don Abbondio e, su un piano diametralmente diverso, la psicologia sottile, penetrante e spietatamente rivelatrice di Gertrude. E' incalzante la descrizione, tutta in chiave ironica, dei tumulti milanesi e la drammatica presentazione della carestia e della peste.

Un romanzo in cui trapela il moralismo di Manzoni

Il moralismo giovanile dello scrittore, la sua religiosità – che per molti lettori è ragione di scandalo, di diffidenza e di tenace antipatia - quando la si considera nella sua genesi e nella sua situazione storica, in quella fase della cultura e della vita italiana, appare per quello che veramente è: al di fuori dell’ideologia particolare dello scrittore, la sua religiosità rappresenta lo strumento di una interpretazione critica, straordinariamente nuova e attiva in quel tempo e in quella società, la condizione e l’avvio al sorgere e al maturarsi, in Italia, di un’arte realistica in senso moderno.

Proprio per il tramite della conversione e dell’adesione al cattolicesmo, l’ideale morale del giovane Manzoni si riempie di un contenuto vero e acquista una forza espansiva, riconoscendosi nella saggezza e nell’ esperienza degli umili; il principio egualitario cristiano per la prima volta scende con lui dal cielo sulla terra e diventa strumento per l’interpretazione e la discriminazione delle vicende storiche e degli atteggiamenti umani.

L'opera più moderna e feconda del Risorgimento

Nell’ambito della civiltà del Risorgimento, non è possibile scorgere altra opera più rappresentativa, sul piano dell’arte, né più nuova e feconda, che I promessi sposi. Al centro della storia stanno i due popolani, i "promessi sposi", la cui esistenza passerebbe su questa terra inavvertita, senza lasciarvi traccia, se essi non finissero proprio per caso, e senza volerlo, “tra i piedi dei grandi e dei prepotenti” e ad inciampare così nelle loro trappole.

  • Renzo: sembra davvero riassumere in se tutte le doti di un certo mondo contadino come la bontà generosa, la giustizia istintiva, la religiosità schietta, la laboriosità ilare e serena, la freschezza non corrotta dei sentimenti. Renzo, la cui vicenda è un’ ininterrotta battaglia contro l’orgoglio e le stregonerie dei dotti, la combatte senz’altra arma che le sue idee chiare e non artefatte, la sua fiducia nel trionfo del bene, la forza sana delle sue braccia e delle sue spalle addestrate da sempre alla dura fatica: è la figura più lieta e franca, la più cordiale e convincente che il Manzoni abbia saputo inventare.
  • Lucia: in lei  la fede ha creato una sensibilità più alta, più delicata e sottile; un pudore, una ritrosia, una superiore gentilezza d’affetti, che reca con sé una luce ineffabile e la proietta su tutte le cose e persone con cui s’incontra: una creatura che non sembra di questa terra, e pur rimane una contadina, con il suo modo di sentire semplice e quadrato, ben circoscritto in una precisa misura di tempi e di luoghi e di educazione.

Intorno ai due protagonisti brulica tutto un mondo di umili; contadini, artigiani, barcaioli, barocciai, povera gente tormentata dall’ingiustizia degli uomini e dalla crudeltà della sorte, ma non distorta e soffocata, tuttavia umana e solidale: sempre pronta al bene nei pensieri e nelle opere.

E c’è la vita del villaggio, con i suoi interni squallidi e le sue magre cene e i suoi focolari spenti; e la chiesetta, la canonica, il convento dei cappuccini; e le campagne bruciate dalla siccità, devastate dalle invasioni soldatesche, spopolate dall’epidemia; e le lunghe strade che corrono il mondo pieno di sorprese e di brutti incontri, le osterie e infine anche la città, ma come la vede il contadino, stupenda e vasta, ma irta di insidie e di tranelli, la città del popolo, stremata e atterrita dal contagio.

E nello sfondo, il paesaggio familiare di Lombardia, con i suoi cieli, i suoi monti, le sue acque, la sua mite luce autunnale. Questo fondo popolano tiene una parte grande, più grande che a volte non si pensi, e predominante, nella struttura del romanzo.

Il quadro storico de I promessi sposi

Anche il quadro storico, in cui tutta la vicenda s’inserisce, non tocca se non di striscio gli eventi politici, diplomatici, bellici, quelli insomma che formano essenzialmente e quasi esclusivamente la trama di una storia nel senso corrente del termine, e si specifica piuttosto in una serie di quadri d’ambiente e di costume, per cui si delinea, non il corso solenne dei fatti, sì il colore, la fisionomia minuta e variegata di un’epoca. E quando un avvenimento di vasta portata - il malgoverno spagnolo, la carestia, la guerra, la peste - penetra nel racconto, è visto in funzione di quanto aderisce alla vita degli uomini, li agita, li fa soffrire, reca un improvviso sconquasso nelle loro abitudini e nelle loro coscienze.

Naturalmente, in quella rappresentazione vasta e complessa di un periodo storico visto nei suoi riflessi umani e quotidiani, debbono penetrare anche i grandi, i personaggi illustri, i rappresentanti dei ceti e degli ordini privilegiati; ma vi entrano con un ruolo subordinato: o per antitesi, come le ombre che hanno il compito di delimitare e porre in rilievo le zone di luce; ovvero come elementi di sostegno e di conforto del concetto che regola la rappresentazione nel suo complesso, in quanto si tratti di potenti che s’adeguano al mondo degli umili e si mettono al loro servizio. Forse soltanto a proposito dei personaggi di quest’ultimo tipo (il cardinale, fra Cristoforo, per certi aspetti anche l’innominato, con la sua vicenda esemplare e lievemente stilizzata) è lecito parlare di un residuo irrisolto di intenzioni moralistiche: solo la sapienza dello scrittore riesce quasi sempre a salvarli, trattenendoli in un difficile equilibrio.

Il sentimento religioso ne I promessi sposi

Fra Cristoforo al Lazzaretto
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Un alto sentimento religioso circola in ogni parte di quel mondo, penetra in ogni vicenda, sfiora anche i personaggi più tristi e i più vili. L’intervento di Dio negli accadimenti piccoli e grandi è in ogni momento così forte che ti sembra di poterlo toccar con mano: è una presenza paterna, amorosa con la fede semplice e intatta dei suoi contadini, della povera gente: "quel che Dio vuole. Lui sa quel che fa! c’è anche per noi"; "lasciamo fare a Quel lassù"; "tiriamo avanti con fede, e Dio ci aiuterà". E in questo mondo basso l’opera di Dio la senti soprattutto nelle tribolazioni, negli affanni, e in quegli spiragli di luce che s’aprono improvvisi in mezzo alle tenebre dell’angoscia e chiudono le porte alla disperazione. È il tema che palpita nelle parole di fra Cristoforo ai due sposi finalmente ricongiunti: "Ringraziate il Cielo che v’ha condotti a questo stato, non per mezzo dell’allegrezze turbolente e passeggere, ma co’ travagli e tra le senserie, per disporvi a un’allegrezza raccolta e tranquilla Cap. [XXXVI]. Ed era già nella chiusa dell’addio ai monti: "chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de’ suoi figli se non per prepararne loro una più certa e più grande" [cap. Vlll].

Il pessimismo cristiano

Il pessimismo cristiano dell’ Adelchi s’è schiarito e intenerito in questo dono di fiducia e di attesa, in questa luce di "allegrezza raccolta e tranquilla". Questa morale è il limite in cui si appuntano le diffidenze e le riserve dei lettori. La moralità non si sovrappone al racconto, ma lo compenetra e l’illumina da dentro: la senti anche nei paesaggi e negli oggetti e nelle peripezie più naturali, nella descrizione dell’afa e del temporale che mette fine al contagio [capp. XXXV-XXXVII]), ma la senti come un elemento e una luce delle cose e degli avvenimenti, una nota che li completa, e li arricchisce. La sua funzione è di strumento, che fa più penetrante ed intensa l’analisi psicologica e asseconda la ricerca del naturale, del concreto, del vero, nella scelta degli oggetti e nel modo di rappresentarli.

Un nuovo linguaggio

Oltre alla novità del contenuto, Manzoni regala al lettore una nuova forma di linguaggio grazie all’ apporto di invenzioni verbali e stilistiche, per cui col romanzo manzoniano nasce la in Italia la letteratura moderna; e tale novità della forma deriva anch’essa dallo stesso fondo morale e polemico: come la vita "non è già destinata ad essere un peso per molti e una festa per alcuni, ma per tutti un impiego" [cap. XXII], così anche la letteratura non può proporsi "soltanto per fine di divertire quella classe d’uomini che non fa quasi altro che divertirsi", non può ridursi a privilegio di una minoranza.

Tutti i riassunti dei capitoli de I promessi sposi

I riassunti de I promessi sposi:

Introduzione|Capitolo 1| Capitolo 2 |Capitolo 3 |Capitolo 4 | Capitolo 5| Capitolo 6| Capitolo 7| Capitolo 8 | Capitolo 9 | Capitolo 10| Capitolo 11| Capitolo 12|Capitolo 13| Capitolo 14| Capitolo 15| Capitolo 16| Capitolo 17| Capitolo 18| Capitolo 19| Capitolo 20| Capitolo 21| Capitolo 22| Capitolo 23| Capitolo 24| Capitolo 25| Capitolo 26| Capitolo 27| Capitolo 28| Capitolo 29| Capitolo 30| Capitolo 31| Capitolo 32| Capitolo 33| Capitolo 34| Capitolo 35| Capitolo 36| Capitolo 37| Capitolo 38|

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