Virtù e fortuna da Dante a Machiavelli: saggio breve

Saggio breve sul significato di virtù e fortuna nel corso degli anni: da Dante a Machiavelli (1 pagine formato doc)

Appunto di marculinug

VIRTU' E FORTUNA DA DANTE A MACHIAVELLI: SAGGIO BREVE

Fortuna e virtù da Dante a Machiavelli.

<<Maestro mio, or mi dì anche:questa fortuna di che tu mi tocche, che è, che i ben del mondo ha sì tra branche?>>. Siamo nel settimo canto dell’inferno e Dante si rivolge al maestro Virgilio chiedendogli di spiegargli il significato di fortuna. La guida risponde dicendo che Dio creò i cieli e assegnò ad essi, in modo omogeneo, le intelligenze in modo che lo illuminassero; allo stesso modo, nominò un’ amministratrice e guida che sapesse governare i beni del mondo e che trasferisse i beni ingannevoli da una parte all’ altra senza che gli uomini si opponessero.
È proprio secondo questa forza superiore che una nazione primeggia sull’ altra. Nessuno può contrastare questa forza impedendole di attuare la sua podestà, essa agisce velocemente e secondo necessità, è per questo che molti hanno una sorte assai instabile.

La fortuna in Dante, Boccaccio, Machiavelli, Guicciardini e Ariosto: tema svolto


CONFRONTO TRA DANTE E MACHIAVELLI

Questa forza governatrice è serena e gode del suo compito anche se molti ingiuriano contro di essa pur quando non vi è la necessità.  Esempio di tale argomentazione, lo possiamo trovare, sempre in Dante, nel canto sesto del purgatorio: nella similitudine iniziale del giocatore di dadi, e della sua mutevolissima sorte, o nell’ apostrofe all’ Italia: Dante analizza la situazione politica italiana e ci dà un vistoso esempio di cambiamento di fortuna: <<Ahi serva Italia, di dolore ostello, ……. non donna di province ma di bordello>>. In queste parole possiamo notare come il paese descritto dal poeta subisca un forte cambiamento, infatti l’Italia è definita <<serva>> per la libertà perduta. Dante è tanto sconfortato dagli eventi che decide di rivolgere una domanda direttamente a Dio, con l’ intenzione di chiedergli se la sua giustizia sia rivolta altrove con una parziale accettazione della casualità degli eventi e se questi un giorno saranno seguiti da tempi migliori.

Tesina sulla fortuna, fato e provvidenza


VIRTU' PER DANTE

In Dante possiamo trovare spesso la parola virtù con significati ereditati dalla tradizione classica e cristiana. La voce virtù, eredita dal cristianesimo i significati di disposizione a far del bene e di forza morale. Tra le righe del Decameron di Boccaccio, troviamo “virtù” accostata al significato laico di gentilezza e onestà, ma oltre che questi due significati, essa mantiene anche quello più generale di insieme di doti fisiche e morali caratteristiche dell’ uomo e quello particolare di dote militare. “Virtù” assume un significato particolare nel trattato di Machiavelli intitolato“Il principe”, infatti con questa parola, lo scrittore intende la capacità dell’ uomo di controllare gli aspetti imprevedibili della realtà opponendosi alla “fortuna” ed esalta quindi l’ ingegno umano che invece, seppur visto come uno strumento positivo, è subordinato da Boccaccio ad onestà e gentilezza.

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FORTUNA IN MACHIAVELLI

Finora abbiamo trovato i concetti di fortuna e virtù in ambiti separati, ma se andiamo ad analizzare il trattato di Machiavelli, notiamo che già alla fine del primo capitolo, troviamo la fortuna e la virtù come due forze antagoniste e insieme concorrenti nel campo dell’ azione politica. C’è da sottolineare che in Machiavelli il concetto di virtù cambia e assume il significato di ingegno individuale, di capacità dinamica e operativa di sostenere il contrasto con la “fortuna” e con la forza dei tempi; il cambiamento di significato di questa parola indica un profondo mutamento etico puramente materiale.