Testo, analisi e spiegazione di Io m'aggio posto in core a Dio servire, il sonetto di Giacomo da Lentini

Io m'aggio posto in core a Dio servire: spiegazione e analisi del sonetto di Giacomo da Lentini, fondatore della Scuola Siciliana.

Testo, analisi e spiegazione di Io m'aggio posto in core a Dio servire, il sonetto di Giacomo da Lentini
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Io m'aggio posto in core a Dio servire

Io m'aggio posto in core a Dio servire: testo, analisi e spiegazione
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La poesia "Io m'aggio posto in core a Dio servire" è uno dei sonetti più importanti di Giacomo da Lentini, il fondatore della Scuola Siciliana. Il sonetto si apre con la volontà del poeta di servire Dio. Nella seconda strofa parla della sua donna amata e di come non potrebbe vivere senza di lei neanche in paradiso, nelle due terzine finali l'autore spiega le sue affermazioni dicendo che non vorrebbe fare nulla di peccaminoso con l'amata, ma solo contemplarne la bellezza. Riportiamo qui il sonetto.

Io m'aggio posto in core a Dio servire: testo

Riportiamo qui il testo del sonetto:

Io m’aggio posto in core a Dio servire,
com’io potesse gire in paradiso,
al santo loco ch’ag[g]io audito dire,
u’ si manten sollazzo, gioco e riso.    

Sanza mia donna non vi vorria gire,
quella c’ha blonda testa e claro viso,
ché sanza lei non poteria gaudere,
estando da la mia donna diviso.         

Ma non lo dico a tale intendimento,
perch’io peccato ci volesse fare;
se non veder lo suo bel portamento      

e lo bel viso e ’l morbido sguardare:
ché lo mi teria in gran consolamento,
veggendo la mia donna in ghiora stare.

Io m'aggio posto in core a Dio servire: analisi

A livello lessicale usa delle parole dialettali quali "m'aggio", invece di "mi sono posto", "gire" invece di "andare" affiancata da alcuni latinismi. Come nella seconda strofa: "audito", "gaudere", "claro". Alcuni sostantivi ricorrenti nelle rime nella terza e quarta strofa, "intendimento", "portamento" e "consolamento" sembrano di forma astratta ma giustificati per la rima.

Lo schema metrico che viene presentato è quello delle rime alternate nelle prime due strofe (ABAB-ABAB) e invertite nelle altre due (CDC-DCD). Il verbo gaudere del settimo verso sembrerebbe apparentemente non fare rima con "gire", "dire" e "servire" ma l'intenzione del poeta era quella di scrivere "gaudiri", in perfetta rima con gli altri verbi. L'errore dipende dal copista che toscanizzandolo ha reso la rima perfetta.

Io m'aggio posto in core a Dio servire: spiegazione

Nella poesia si nota un'influenza tipica provenzale e si qualifica nell'espressione che definisce i tratti fisici della donna "blonda testa e claro viso", canoni propri della bellezza contemplata nella poesia provenzale. Un altro aspetto tematico considerevole si ritrova al terzo e quarto verso "al santo loco ch'aggio audite dire, u' si mantien sollazzo, gioco e riso". Viene umanizzato il paradiso che sembra perdere l'alto valore spirituale quando l'autore gli attribuisce i tre sostantivi sollazzo, gioco e riso (gioia, divertimento e allegria), aspetti tipicamente terreni e parla del "santo loco" (il paradiso) come un luogo le cui notizie le abbia raccolte per strada. Il tema principale sembra essere quello di volere perpetuare nell'aldilà i piaceri della vita e si evidenzia un conflitto tra l'aspetto religioso e quello cortese. Anche per Giacomo da Lentini, come per gli altri stilnovisti (Dante, Cavalcanti...) viene fuori una donna angelo che scende in terra per portare consolazione solo guardandola. Nell'ultima strofa l'autore infatti non rinuncia alla gloria che la contemplazione della sua donna gli procura così che la beatitudine sia completa.

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