Virgilio, IV Bucolica: spiegazione e analisi

Quarta bucolica di Virgilio: di cosa parla, come è costruita, cosa sapere. Spiegazione e analisi delle principali espressioni latine da memorizzare

Virgilio, IV Bucolica: spiegazione e analisi
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Virgilio, IV bucolica

Di cosa parla la quarta bucolica di Virgilio?
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Virgilio nella sua opera è egregiamente riuscito nel suo intento, ossia innalzare il tono e lo stile rispetto allo standard bucolico. Sicuramente la materia cantata, ossia la profezia della venuta di un puer ha fortemente influito sull’innalzamento del tono, che assume quindi un valore profetico.

Sin dall’inizio Virgilio quasi impone alle Sicelides Musae di innalzare il tono della poesia, per farla divenire degna anche di un console. Egli evidenzia l’umiltà della poesia bucolica anche nella scelta lessicale di humilesque myricae, indicandone la bassezza e l’umiltà. Successivamente Virgilio, sempre col fine di elevare la sua poesia, riprende la profezia della Sibilla cumana, riallacciandosi quindi alla teoria neopitagorica che vedeva le vicende del genere umano scandite in grandi cicli composti da un gran numero di secoli ciascuno.

Quindi egli si rifà alla Teogonia, alla generazione degli dei, ed in questo suo riallacciamento all’ambito divino è implicito un innalzamento del tono. Inoltre anche nell’esposizione della sua profezia, attraversata da figure retoriche quali l’anafora, e anche nella disposizione stessa delle parole viene sottolineata l’importanza della stessa.

Egli parla del ritorno di una Virgo (poi in chiave cristiana, soprattutto durante il medioevo, interpretata come la Vergine Maria), del ritorno dei regni di Saturno, colui che nella prima età dell’oro aveva regnato, di una nuova progenie divina inviata direttamente dal cielo. Questa è un’importantissima e solennissima profezia… Virgilio crede fermamente che sotto il consolato e la guida di Asinio Pollione prima, e del figlio successivamente, incipient magni procedere menses. Infatti grazie a loro saranno cancellate le scelleratezze dei predecessori e inizierà una nuova età dell’oro, durante la quale il puer potrà vedere ed essere visto dagli dei, e pacatumque reget patriis virtutibus orbem.

La numerosità e la densità delle figure retoriche, sia di significato che di suono, è sicuramente spia di un innalzamento del tono. A consolidare tutto ciò vi è anche l’utilizzo di un ricercato, vasto e specifico lessico, riscontrabile quando l’autore ci descrive la reazione della natura che, nullo cultu, produce per il puer fiori a profusione come prima munuscula: hederas, baccare, colocasia, acantho e Assyrium amomum. Una serie di reazioni della natura, impensabili in condizioni normali, sono per l’appunto spia di un cambiamento epocale di estrema ed universale rilevanza; tutto questo solo per tibi, ossia per il puer.

L'età dell'oro

A partire da qui poi il poeta si rivolge direttamente al puer, senza mai però scendere ad un livello di parlata colloquiale. Virgilio rimarca ancora una volta la rinascita di una nuova età dell’oro, mettendo come condizione indispensabile la venuta di una nuova Argo e di un nuovo Achille. Lo stile raggiunge qui uno dei suoi massimi all’interno dell’egloga, grazie anche alla presenza di due metonimie affiancate l’una all’altra, ma grazie soprattutto alla scelta ed alla disposizione lessicale.

Anche la ripresa dell’appellativo magnus per Achille, in ricordo di quello omerico pelwrioV (grande, immenso, gigantesco) è significativa di un tentativo di collegamento all’epos omerico, e quindi a quell’esempio di perfezione stilistico-formale propria di Omero. Questa crescita del giovane, che da “puer” è divenuto prima adulescens e poi virum viaggia parallela alla produzione della Terra, che arriverà a tal punto che omnis feret omnia tellus, quando tutto sarà spontaneo e non saranno più necessari i trasporti per mare: è l’età dell’oro.

L’uomo rivivrà in simbiosi con la natura, ma dal canto suo la terra non sopporterà più di essere soggiogata e sottomessa. Questa situazione è perfettamente resa dal poeta quando dice patietur, una sofferenza fisica ma anche interiore, che riprende tutto il filone semantico del paJoV; e quando la terra viene sollevata da questa sottomissione Virgilio dice solvet, ad indicare quasi la liberazione da un giogo.

A partire da questo momento, gli elementi naturali offriranno spontaneamente tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno e anche qualcosa in più senza che l’uomo si debba sforzare. Anche il riferimento alle Parche è spia dell’innalzamento di tono. Le numerose figure retoriche e i numerosi e continui riferimenti non solo all’ambito divino ma anche al cosmo, costituito di masse sferiche (Aspice convexo nutantem pondere mundum) enfatizzano ancora l’elevato stile della bucolica.

Virgilio, infine, sentendosi degno di narrare le imprese del puer meglio di chiunque altro (meglio addirittura di Orfeo, di Lino e di Pan), pronuncia una sentenza e quasi un avvertimento per il puer: colui cui non hanno mai sorriso i genitori, né un dio lo degnò della sua mensa né una dea del suo letto. Infatti è necessario che un figlio venga ritenuto come tale dai propri genitori che hanno dovuto affrontare innumerevoli sacrifici (soprattutto la madre) proprio per lui.

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