La figura dell'intellettuale nell'Umanesimo: riassunto

Come cambia la figura dell'intellettuale nell'Umanesimo? Le caratteristiche, il ruolo dell'intellettuale cortigiano e i maggiori intellettuali del tempo

La figura dell'intellettuale nell'Umanesimo: riassunto
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LA FIGURA DELL’INTELLETTUALE NELL’UMANESIMO

La figura dell'intellettuale nell'Umanesimo
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Il principale elemento di novità dell’età umanistica è la nascita dell’intellettuale-cortigiano che dipende dal mecenatismo signorile.

Tuttavia continua a prevalere la figura dell’intellettuale-legista, cioè notaio e politico, che ricopre ruoli dirigenti di primo piano all’interno delle amministrazioni statali.

Abbiamo così a Milano, Ferrara, Mantova, Roma e a Napoli un umanesimo cortigiano, promosso dal signore ed espressione del suo mecenatismo.

A Venezia e a Firenze si sviluppa l’Umanesimo civile, promosso dall’alta borghesia cittadina che detiene il potere e promuove in prima persona l’affermazione e la diffusione degli ideali di rinnovamento culturale.

Mentre l’intellettuale cortigiano pratica l’otium letterario, allontanandosi dagli impegni pratici per dedicarsi agli studi, l’intellettuale-legista sostiene il primato della vita attiva.

Il primo umanesimo fiorentino è caratterizzato da un forte legame tra elaborazione intellettuale e impegno politico.

Gli umanisti civili sono intellettuali laici, legati a una formazione di tipo giuridico e concepiscono l’attività intellettuale come impegno politico, al servizio della comunità, e si ispirano ai modelli classici per propagandare un ideale di vita attiva, di laboriosità, di moralità pubblica.

La poesia è stimolo al perfezionamento interiore, ha una funzione educativa non solo sul piano individuale, ma anche su quello etico-politico e sociale.

I principali esponenti dell’umanesimo civile a Firenze sono: Coluccio Salutati, che promuove un ritorno ai classici latini e greci e la teoria etica che pone come fondamento della vita civile la volontà; Leonardo Bruni, che traduce dal greco alcune opere e frammenti.

Il suo impegno politico è testimoniato dall’opera “Historiae florentini populi” (Storie del popolo fiorentino), in cui Firenze viene esaltata come città in cui torna a vivere la virtus dell’antica Roma repubblicana.

Il suo attaccamento a Firenze è testimoniato dall’opera “Vita di Dante” in cui propone Dante come esempio di cittadino fiorentino.

L’idea della perfezione umana e della possibilità di raggiungerla è collegata da Bruni alla vita civile: egli sostiene che l’uomo trae le sufficienza e la perfezione che non trova in se stesso dalla società civile.

Altro importante esponente è Poggio Bracciolini che tratta temi come l’economia e il lavoro umano, affermando che lo sviluppo economico della città è possibile solo grazie al lavoro considerato come il segno della benedizione divina.

Egli ha un ruolo decisivo nel ritrovamento di codici antichi, fra questi il “De rerum natura” di Lucrezio.

INTELLETTUALE CORTIGIANO NELL'UMANESIMO

A partire dalla metà del XV secolo la figura dell’umanista civile tende a scomparire e comincia ad affermarsi quella dell’intellettuale che vive a corte sotto la protezione del signore.

Si possono però distinguere due principali carriere di intellettuali, il cortigiano vero e proprio che dipende da un signore, e il chierico che dipende da una gerarchia ecclesiastica di cui egli stesso fa parte.

Quest’ultimi appaiono più numerosi perché favoriti dal ritorno del papato a Roma e della trasformazione della curia pontificia in una vera e propria corte signorile, che appare più stabile rispetto alle altre e che ha bisogno di un apparato culturale più vasto e complesso.

Tuttavia, pur restando distinti nelle diverse carriere, i cortigiani veri e propri e i chierici possono anche scambiarsi le parti sottoposti agli imprevisti dei cambiamenti del potere signorile, delle rivalità fra le corti e all’interno di esse, della competitività sempre più viva all’interno del ceto intellettuale.

Cambia anche il concetto di libertà, non più requisito politico ma condizione privata legata alla necessità di dedicarsi interamente all’otium umanistico.

L’intellettuale assume sempre maggior coscienza di far parte di un ceto sociale autonomo e sogna una repubblica delle lettere sopranazionale, lontana dagli affari quotidiani e abitata da spiriti superiori che amano gli studi classici e la filosofia.

In realtà egli è sempre più costretto a svolgere lavori subordinati per conto del principe, come comporre opere a carattere storico-encomiastico che lodino la casata del signore e il suo operato.

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