L'avaro di Molière: riassunto, analisi, personaggi

Riassunto, analisi e personaggi de L'avaro di Molière: personaggi e trama. Di cosa parla l'opera che ha ispirato anche il film con Alberto Sordi

L'avaro di Molière: riassunto, analisi, personaggi
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Chi era Molière

L'avaro di Molière
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L'avaro è una commedia di ispirazione latina scritta da Jean-Baptiste Poquelin, detto Molière, commediografo francese nato nel 1622.

Molière fu uno dei massimi esponenti del teatro barocco in Europa, autore di commedie dalla trama scorrevole e leggera, che in genere trattano di un solo argomento, come un carattere tipico o una vicenda amorosa.

Molière fu spesso vittima di pesanti critiche per le sue opere, che tentavano di trasmettere messaggi educativi e csubivano lo stigma di cadere nell’immoralità, almeno secondo i critici del tempo. Molte critiche gli arrivavano da altri autori, che forse si sentivano minacciati da una figura troppo eclettica in campo teatrale, al punto che egli era autore e attore allo stesso tempo, dunque conosceva bene le esigenze del pubblico e l’arte della recitazione.

L'avaro

L’avaro è molto probabilmente l’opera di Molière che ebbe meno successo e che dopo la prima rappresentazione fu subito scartata dalle richieste del pubblico. Questo accadeva per via del copione stesso, scritto e recitato in prosa e non in versi, come invece voleva la tradizione del tempo, e alla scarsa ricerca dell’ironia e delle battute tipiche. Lo stesso poteva dirsi per il finale, letteralmente a sorpresa e forse un po’ deludente.

Trama

L’intreccio si svolge intorno alla figura di Arpagone, l’avaro, padre di due figli, Cleante ed Elisa, noto uomo d'affari. Arpagone ha un carattere schivo ed introverso, e le sue uniche amicizie sono i soldi, dei quali è gelosissimo e grazie ai quali è conosciuto come ottimo speculatore.

Il figlio Cleante è invece un abile spendaccione, che si circonda di ogni sfarzo e pizzo che vanno tanto di moda nella sua epoca.

Sia Cleante sia Arpagone sono innamorati di una giovane dama, Mariana, che diverrà in seguito anche motivo di ricatto tra i due.

Arpagone vede infatti in lei proprio la bellezza e la semplicità che non richiedono eccessive spese di mantenimento. Mira, inoltre, ad una cospicua dote, che gli sarà data negli anni dopo il matrimonio con servigi e parsimonia nell’uso del denaro.

Cleante, invece, è perdutamente innamorato di Mariana, del suo sguardo e dei suoi sorrisi e mira ad un matrimonio vero e ricco di sentimenti.

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Inizialmente si crea un vero e proprio intrigo, visto che i due contendenti non sanno l’uno delle intenzioni dell’altro. Tuttavia il nodo si scioglie con l’invito a cena di Arpagone, durante il quale presenta Mariana alla sua famiglia e Cleante viene a conoscenza dell’enorme problema che si è venuto a creare col passare del tempo. Di contro, decide di non far sapere nulla al padre, troppo determinato nelle sue scelte, e di agire invece su strade secondarie, magari con una fuga d’amore.

A questo punto comincia ad avere più spessore anche la figura di Elisa, che interferisce magistralmente cercando di avvicinare Mariana a Cleante, fingendo invece di essere interessata a conoscere meglio la sua futura matrigna.

Finora, dunque, Arpagone non sospetta nulla dei piani dei figli, anche perché nel frattempo nasce un altro problema molto più importante: gli viene rubata una cassetta contenente un'importante somma in denaro, che lui aveva precedentemente nascosto con cura in giardino. Il suo morboso attaccamento ai soldi lo distoglie momentaneamente dai piani che Cleante ed Elisa tramano contro di lui.

Anche quest’ultima, infatti, promessa in sposa dal padre ad un vecchio amico parsimonioso, Anselmo, si ribella alla volontà del genitore, e si innamora perdutamente di un giovane, Valerio, che si rivela furbo ed astuto, soprattutto nel tentare un approccio con Arpagone e nell’abbindolarlo con l’unico scopo di ottenere le sue simpatie e poter sposare Elisa.

Arpagone non rifiuta l’attaccamento di Valerio, perché gli sembra di sentire nelle sue parole quell’avarizia che cercava ovunque e che riusciva a trovare solo in se stesso; lo vede quindi quasi come quel figlio che non ha mai avuto.

Tra i tanti impegni per la futura sposa e per la ricerca del ladro della sua cassetta, Arpagone allaccia comunque un rapporto d’affari al buio, dove gli viene proposta una forma particolare di contratto: lui finanzia un uomo che ha immediato bisogno di soldi e questi ultimi gli saranno risarciti con gli interessi.

Di questo trattato al buio presto si scopre tutto: il suo futuro debitore è proprio suo figlio Cleante, che avrebbe usato il denaro per sposarsi e fuggire con Mariana.

Sconvolto dalla notizia, Arpagone deve far fronte anche ad un altro dramma: la cassetta di cui non si hanno più notizie. Lo sconforto generale porta l’avaro a nutrire sospetti nei confronti di tutti, anche del fidato Valerio, che, messo alle strette, ammette un reato ancora sconosciuto, ovvero il suo amore per Elisa.

A questo punto, Arpagone è al massimo della rabbia: il suo attaccamento al denaro viene fuori in ogni minimo particolare.

Le cose si riappianano nel giro di poco tempo, perché Cleante lo rincuora, dicendogli di aver trovato la sua cassetta: qui però scatta anche il ricatto. Conoscendo l’avarizia del padre, Cleante, infatti, approfitta del suo punto debole e gli propone di restituirgli i soldi solo in cambio dell’approvazione del suo matrimonio con Mariana.

Arpagone non sembra particolarmente turbato: gli interessa solo del denaro e ben poco della donna. L’unica cosa che lo intimorisce è la spesa cui dovrà far fronte per le nozze del figlio. Ma qui interviene Anselmo, che nella baraonda precedente aveva avuto modo di rivedere i suoi figli persi tanti anni prima in un naufragio: sono proprio Mariana e Valerio, quindi le questioni finanziarie per i matrimoni risultano risolte.

Il finale si rivela perciò del tutto inaspettato: due famiglie tornano ad essere finalmente unite e felici.

Commento all'opera

Credo che sia proprio quest’ultima parte de L’avaro che ai suoi tempi non ne decretò un gran successo: all'epoca la psicologia seicentesca imponeva maschere fisse e commedie di scarso spessore.

Molière in questo delude le aspettative del suo pubblico barocco, che in una commedia apprezza gli standard e ama vedere ciò che già conosce.

Paragonata a quella del mondo moderno, la mentalità barocca risulta assurda, se non addirittura l’esatto opposto.

Leggendo L’avaro si nota come l’intreccio sia scontato e segua perfettamente il carattere dei personaggi (l’avaro, lo spendaccione, l’astuto…): questo risulta talmente evidente da diventare quasi noioso. Le battute stesse girano sempre intorno al proprio personaggio e rendono la commedia molto simile ad un prodotto standard dei nostri giorni, dove i buoni sono sempre buoni, i cattivi sempre cattivi, e via discorrendo.

Molière sconvolge invece con il finale, dove stravolge la tensione e gli intrighi, portandoli in un clima di amore, affetto e felicità. Arrivati a questo punto, si può notare come anche l’avaro Arpagone non risulti più la solita maschera fissa, ma sveli qualche lato umano, lasciando per un attimo da parte l’ostinazione e la cocciutaggine e accettando le decisioni dei figli.

E credo che la vera bellezza dell’opera stia proprio in questo punto saliente, dove le storie subdole portate avanti finora lasciano spazio ad una storia reale e ricca di pathos.

La commedia risulta leggera e scorrevole e lascia al finale il compito di arricchire il copione fino a quel momento vuoto.

Ne L’avaro Molière riesce a fare quello in cui i suoi contemporanei falliscono: aprire il proprio cuore e avere fiducia nei sentimenti. L'autore non cerca il particolare nelle cose, ma nelle persone. Per questo motivo l’avaro non è una maschera fissa dove si cerca solo il carattere burbero e tirchio, ma anche un padre che nutre sentimenti sì di amore solo per i soldi, ma anche di rispetto nei confronti delle scelte altrui (il matrimonio dei figli).

La sua rassegnazione rappresenta la caduta dello standard e la riscoperta di un lato di se stessi che nel seicento si cerca di coprire per non apparire soli e indifesi.

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