Il Cortegiano di Castiglione: analisi e riassunto

Riassunto e analisi del Cortegiano di Baldassarre Castiglione (4 pagine formato doc)

Appunto di ena82

IL CORTEGIANO CASTIGLIONE ANALISI

Il Cortegiano di Baldassarre Castiglione.

Una svolta di civiltà impone sempre un nuovo codice di comportamenti e di costumi. Si trattava di adeguare la forma della vita politica e cortigiana alla nuova cultura, delineando un ideale astratto di perfezione che tenesse conto però della concreta realtà di fatto. Idealismo e realismo sono due facce, dunque, della stessa esigenza; e infatti si ritrovano sia nel modello del principe lasciatoci da Machiavelli, sia in quello del “cortegiano” trasmessoci da Baldassarre Castiglione.
Fra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, la trattatistica delineò esempi di comportamento in ogni campo, da quello religioso a quello profano delle corti, sia in latino che in volgare. E in latino, per esempio, il De cardinalatu III cardinalato di Paolo Cortese, del 1510, che contiene una serie di precetti per la vita privata e pubblica dei cardinali; è in volgare il più immediato antecedente, sulla stes¬sa materia, del Cortegìano di Castiglione, e cioè il Tractato dello cortesano, pubblicato nel 1487 dal napoletano Diomede Carafa.
Ma mentre Castiglione delinea una figura di cortigiano autonoma e, in sé, quasi auCtosufficiente, quella di Caràfa è del tutto subordinata alla «natura» e alle esigenze del signore.

Baldassarre Castiglione e Il libro del Cortegiano

IL CORTEGIANO, PERSONAGGI

Si tenga inoltre presente che nell’ambito della trattatistica del comportamento si colloca anche il Galateo di Della Casa, che tratteremo più avanti, in questo stesso capitolo.
Un aspetto particolare della vita cortigiana era poi rappresentato dal costume femminile, a cui anche Castiglione dedica ampio spazio nella sua opera. Si controntano qui due posizioni, una misogina, fondata sulla considerazione della infe¬riorità della donna e dunque della diversità delle qualità cortigiane che le sono richieste, l’altra pio spregiudicata, in cui si teorizza la scissione fra essere e apparire:
la dissimulazione consentirebbe di salvare, da un lato, la famiglia e il matrimonio e, dall’altro, la libertà dei costumi in materia sessuale.
Il trattato di Castiglione si impone fra tutti e a un livello non solo italiano ma europeo sia perché dà espressione alla massima ambizione della civiltà umanistico rinascimentale, quella di unire in un modello unico la grazia e l’utilità, il bello e il buono, l’estetica e l’etica, sia perché riesce a fondare un ideale perfetto di compor¬tamento a partire dallo studio concreto di una realtà attentamente analizzata duran¬te tutta una esistenza appunto dedicata alla vita di corte.

FIGURA DEL CORTIGIANO

L’opera è preceduta da una lettera dedicatoria a Michele De Silva, vescovo di Viseu in Portogallo, in cui Castiglione dichiara di aver preso a modello Cicerone, Platone e Senofonte. Come costoro avevano offerto modelli di perfetto ora¬tore (Cicerone, nel De oratore [L’oratore]), di perfetto stato (Platone, nella Repubblica) e di perfetto sovrano (Senofonte, nella Ciropedia), così Castiglione vuole insegnare a diventare perfetti cortigiani. Nella lettera dedicatoria viene allontanata nel tempo l’occasione del dialogo, facendo presente che quasi tutti gli interlocutori, che allora si riunivano alla corte di Urbino sotto Guidobaldo di Montefeltro, sono nel frattempo morti. In tal modo l’autore tende a orientare la ricezione dell’o¬pera, sganciandola da una situazione ancora attuale e concreta: trasforma in miti la corte urbinate e il dialogo che vi si svolge e li offre come modello assoluto alle va¬rie corti europee.
***Il dialogo è ambientato a Urbino nel 1506, durante il viaggio in Inghilterra del¬l’autore. In sua assenza si sarebbe tenuto un gioco di società che poi gli sarebbe stato riferito al suo ritorno: per quattro sere una trentina di cortigiani, fra cui Pietro Bembo e Giuliano de’ Medici, riunitisi intorno alla duchessa Elisabetta Gonzaga, cercano di definire il perfetto cortigiano.

IL CORTEGIANO LUDOVICO DI CANOSSA

Nel primo libro, a parlare è soprattutto Lodovico di Canossa. Si definisce subi¬to la qualità principale del cortigiano: la grazia.. Questa consiste nel far diventare naturale l’artificio della cultura, della raffinatezza, della civiltà, cancellando ogni affet¬tazione attraverso la sprezzatura, cioè una disinvoltura e una scioltezza particolari.
Nel secondo libro si indicano le altre qualità del cortigiano: deve saper combattere e primeggiare nei tornei cavallereschi, saper cantare e danzare. L’ideale è quello di una medietà o mediocritas, che deve tenerlo lontano da ogni eccesso, anche nel vestire e nell’atteggiarsi.