I fiumi di Ungaretti: analisi del testo

Analisi del testo e della metrica della poesia I fiumi di Giuseppe Ungaretti (2 pagine formato doc)

I FIUMI DI UNGARETTI: ANALISI

I fiumi di Ungaretti. È questa una poesia di guerra, forse la più nota, scritta sul Carso: il poeta ha fatto il bagno nell’Isonzo, e questo fiume gli riporta il ricordo di altri fiumi, legati a momenti altrettanto importanti della sua vita: il Serchio, il Nilo e la Senna.

Il Serchio rappresenta le radici della sua esistenza, è il fiume al quale i suoi avi hanno attinto acqua per secoli, e quindi gli permette di gettare un ponte tra il presente e un passato lontano, addirittura prenatale; il Nilo gli ricorda la fanciullezza; alla Senna è legato il primo contatto con la cultura e la storia; l’Isonzo rappresenta l’esperienza della guerra.

I FIUMI: METRICA

Forma metrica: nel 1931 usciva la raccolta “L’Allegria” dove si trovano le poesie della prima sperimentazione formale di Ungaretti, nelle quali la scomposizione del verso tende a mettere in evidenza il valore della parola e la sua carica di significati e di suggestioni. C’è in questa raccolta anche una significativa presenza biografica: il poeta si racconta, presentando di volta in volta la sua condizione di “uomo di pena”, già con la consapevolezza che questa è in fondo la condizione comune a tutti gli uomini.

I fiumi di Ungaretti: spiegazione

I FIUMI: ANALISI

Questa poesia appartiene a “L’Allegria” e si compone di quindici strofe di vario numero di versi di diversa lunghezza, senza rima.
La lirica si apre e si chiude con la descrizione di un paesaggio notturno collocato, dal punto di vista temporale, nel presente.

La prima strofa contiene tre elementi paesaggistici: l’albero mutilato, la dolina carsica e la luna. L’aggettivo mutilato umanizza l’albero e lo riconduce ai corpi di tanti uomini colpiti dalle granate. Le doline sono cavità tipiche del terreno carsico, dove si rifugiavano i soldati nella prima guerra mondiale, usandole come trincee. In una di esse si trova appunto il poeta. In questa dolina c’è una tristezza solitaria di un circo senza spettatori, quando le luci festose si sono spente e le cose rivelano il loro aspetto. Nelle urne, vasi di cristallo, vengono conservate le reliquie, i resti, ricordi dei santi e dei martiri, e le cose preziose in genere. Come una reliquia si sente il poeta nelle dolci acque dell’Isonzo che, scorrendo, lo lisciava come se fosse una pietra del suo greto. Dopo essersi alzato, il poeta cammina adagio, faticosamente come un acrobata, cioè un ginnasta del circo a causa del fondo pieno di sassi. Dopo aver fatto il bagno, raggiunge gli abiti impregnati di sudiciume fisico e morale della guerra e si siede accanto come un arabo al sole.