La giustizia nei capitoli dedicati alla formazione di Renzo

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La giustizia nei capitoli riguardanti la formazione di Renzo La giustizia nei capitoli dedicati alla formazione di Renzo Il quattordicesimo capitolo è tutto incentrato sui discorsi di Renzo, uno in strada e l'altro all'osteria.
Dopo aver aiutato il passaggio della carrozza Renzo manifesta il suo “debol parere”. Nel suo discorso sono presenti quattro passaggi: bisogna che il popolo si muova per far sì che il mondo “vada un po' più da cristiani”; c'è una mano di tiranni, che fanno proprio al rovescio de'dieci comandamenti; le “gride”, ci sono, e ben fatte, ma nessuno le fa rispettare, perché c'è una lega, una congiura tra la giustizia e i prepotenti; bisogna che il popolo collabori con l'autorità, affinché i funzionari facciano il loro dovere, applichino le leggi e diano ascolto anche ai poveri. Tutto il discorso di Renzo è costruito sulla sua esperienza vi compaiono le allusioni a don Rodrigo, al podestà, agli avvocati in mala fede.
Ma in realtà quella di Renzo è pura e semplice utopia; infatti, l'ingenuo montanaro e con lui la folla spera di avere dalla sua parte Ferrer, senza conoscere la vera identità di quest'ultimo. Infatti, Ferrer è visto come un grande uomo che possa risolvere i problemi della massa, ma in realtà Ferrer è la tipica figura del grande imbonitore, del mago che seduce le masse. Quello di Ferrer è un sottile gioco d'equilibrio tra essere e apparire; un uomo caratterizzato dalla doppiezza e dall'astuzia ingannatrice. Renzo nel suo discorso alla folla ripone la sua speranza di giustizia in quest'uomo che è in realtà del tutto uguale agli altri. All'osteria Renzo continua il suo discorso, rifiuta le gride con ironia. Poi c'è il rifiuto della cultura dei privilegiati che per Renzo s'identifica con la scrittura, usata come arma di sopraffazione. Renzo non solo denuncia la scrittura come forma del potere, ma rappresenta per immagini una sorta di scontro, una competizione fra oralità e scrittura, mentre l'oralità di livello alto, estranea al popolo, è un'oralità libera, l'oralità del popolo è sconfitta dalla scrittura, perché chi possiede la prima infilza per aria le parole del povero diavolo, e poi lo inchioda sulla carta, in certo senso le crocifigge. I discorsi di Renzo come ho già detto sono pura e semplice utopia, infatti, il narratore onniscientecoglie la vera sostanza dei fatti e conosce anche quel che Renzo ignora. Nello spazio cittadino, la parola scritta della legge può essere semplicemente un pezzo di carta, gli ordini che esprime possono costituire soltanto un gran fracasso, di cui si ride chi ha una forza reale. Tutto ciò rafforza la figura ingenua che Renzo ha in questi capitoli. Manzoni denuncia ancora una volta la debolezza dei più poveri, la mancanza e la corruzione di un forte apparato burocratico e giudiziario che si limita a proclamare “grida” fatte secondo coscienza ma non rispettate dai più potenti e dallo stesso apparato giudiziario, di cui l'avvocato Azzeccagarbug