Parafrasi canto 1 Inferno

parafrasi completa del primo canto dell'inferno di Dante (2 pagine formato doc)

Appunto di hellasbura

PARAFRASI INFERNO CANTO I.

Il viaggio di Dante inizia nel canto 1 dell'Inferno:
(fino verso 90) A metà del cammino della nostra vita/ mi ritrovai per una selva oscura/ perché la via giusta era smarrita. Ahimè quanto difficile da dire cosa fosse/ questa selva selvaggia e fitta e forte/ che nel pensiero rinnova la paura! Tanto è terribile che la morte è poco più/ ma per raccontare del bene che io vi trovai/ dirò delle altre cose che vi ho visto. Io non so dire bene come vi fossi entrato/ tanto ero offuscato dal sonno in quel momento/ che la giusta via abbandonai.
Dopo che arrivai ai piedi di un colle/ la dove terminava quella valle/ cha mi aveva trafitto il cuore di paura/ guardai in alto e vidi le sue pendici/ illuminate già dei raggi del sole/ che guida dritto ogni uomo per tutte le strade.

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Allora si calmò un po' la paura/ che mi era durata nella cavità cardiaca/ la notte che io passai con tanto affanno. E come colui che con respiro affannato/ uscito fuori dal mare sulla riva/ si volge verso l'acqua pericolosa e guarda fisso/ così l'animo mio che fuggiva ancora/ si voltò a riguardare il luogo/ che non lasciò mai persona viva. Dopo che ebbi posato un poco il corpo stanco/ ripresi la via per il pendio deserto/ in modo che il piede fermo era sempre il più basso. Ed ecco quasi al cominciar della salita/ una lonza leggera e molto agile/ che era coperta di pelo maculato/ e non si allontanava da davanti a me/ anzi impediva a tal punto il mio cammino/ che io pensai più volte di tornare indietro.

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Era l'ora del principio del mattino / e il sole saliva alto insieme a quelle stelle/ che erano con lui quando l'amore di Dio/ le fece muovere per la prima volta/ si che mi era motivo di sperare bene/ di quella fiera dalla pelle maculata/ l'ora del tempo e della dolce stagione/ ma non a tal punto che non mi desse paura/ la vista che mi apparve di un leone. Questo sembrava che venisse contro di me/ con la testa alta e fame rabbiosa/ a tal punto che pareva che l'area stessa tremasse. E una lupa che di tutte brame/ sembrava carica nella sua magrezza/ e molte persone aveva gia fatto vivere infelici/ questa mi trasmise tanta angoscia/ per la paura che usciva dalla sua vista/ che io persi la speranza di raggiungere la cima. E come è colui che guadagna con soddisfazione/ ma viene il momento che lo fa perdere/ in cui in ogni suo pensiero piange e si rattrista/ così mi rese la bestia implacabile/ che venendomi incontro a poco a poco/ mi respingeva la dove il sole non risplende. Mentre io cadevo in basso/ mi si presentò davanti agli occhi/ uno che pareva indebolito per il lungo silenzio. Quando vidi costui nel vasto luogo solitario/ gli gridai:”Abbi pietà di me/ chiunque tu sia o ombra o uomo reale!” Mi rispose: “Non sono uomo, uomo fui un tempo/ e i paranti miei furono padani/ entrambi mantovani di nascita. Nacqui sotto Giulio sebbene fosse tardi/ e vissi sotto il nobile Augusto/ all'epoca degli dei falsi e ingannevoli.

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