I contadini nell'antica Roma

Descrizione della classe contadina e delle varie categorie di contadini nella società romana regia e repubblicana (4 pagine formato doc)

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I CONTADINI NELL'ANTICA ROMA

Il contadino.

C’erano due categorie di contadini:
- quelli liberi, che lavoravano personalmente la loro terra;
- quelli che lavoravano le terre degli altri a servizio di qualcun altro.
Il termine fondamentale per definire il contadino era rusticus, forma derivata da rus, campagna, e contrapposta a urbs, città.
Rusticus non era soltanto il contadino ma anche l’individuo semplice e modesto, o talvolta zotico, rozzo e incivile.
Agricola e colonus invece si collegano ad altri due aspetti della vita rurale e sono ambedue connessi al verbo colo, coltivare.
Agricola esprime il contatto diretto dell’uomo con la terra e può essere riferito sia al contadino che lavora l’appezzamento di sua proprietà, sia al ricco possidente perché i membri dell’aristocrazia romana mostravano di avere in grande considerazione le proprie attività agricole. Spesso i senatori si trasferivano d’estate nelle loro campagne oltre che per piacere, per controllare i lavori dei campi.
Colonus è sinonimo di agricola e può riferirsi al piccolo agricoltore, ai membri dell’aristocrazia senatoria ed equestre, all’abitante di una colonia, o al contadino affittuario.

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AGRICOLTURA NELL'ANTICA ROMA

Virgilio nel Moretum rappresenta la povertà dei contadini e il loro modo di vita primitivo, mentre nelle Georgiche, pur non avendone l’intento, rievoca il modo di vita dei contadini che aveva conosciuto a Mantova, negli anni della giovinezza.
La società romana del periodo regio e altorepubblicano era una società contadina.

Tutto il gruppo dirigente del periodo altorepubblicano era composto di contadini e ciò trova conferma nella tradizione più tarda che ci parla di grandi uomini del passato coinvolti direttamente nel lavoro dei campi. Cincinnato avrebbe saputo della sua nomina a dittatore mentre arava un campo e, finita la sua carica, sarebbe ritornato alla vita dei campi.
Nel 3° Secolo a.C. comincia una separazione del gruppo dei ricchi possidenti dovuta alla dura lotta tra patrizi e plebei e alla conquista romana dell’Italia, che portò alla confisca di gran parte dei territori delle popolazioni vinte.

L'ALLEVAMENTO NELL'ANTICA ROMA

Le aree conquistate entravano a far parte dell’ager publicus populi Romani, e venivano sfruttate in vario modo:
- potevano essere destinate alla fondazione di colonie;
- alla partitio viritim tra i cittadini romani;
- poteva essere lasciato alla competenza dei censori, autorizzati ad assegnarli secondo diversi criteri: la parte più rilevante veniva data in affitto in grossi lotti oppure assegnata dietro pagamento di una tassa: a beneficiarne furono quasi esclusivamente i senatori ( avvantaggiati dal fatto che i censori provenivano dai loro ranghi) e, più tardi, anche i cavalieri più ricchi e influenti. Da questa spartizione di ager publicus è derivata la formazione delle grandi proprietà.

AGRICOLTURA ANTICA

Per quanto riguarda i limiti alla spartizione di ager publicus, all’inizio sembrò prevalere il principio secondo il quale il limite era proporzionale alla capacità di coltivazione dell’assegnatario; in un secondo momento, si consentì di acquisire la superficie che si intendeva valorizzare; infine si cercò di fissare un limite massimo al possesso individuale con la lex de modo agrorum che sancì il divieto di occupare più di 500 iugeri (125 ettari) di agro publico e di condurvi più di 100 capi di bestiame grosso o 500 di bestiame minuto: questa legge è databile tra la seconda guerra punica e il 167 a.C.