L'acquedotto romano

Il funzionamento di un'acquedotto romano. L’antica Roma era famosa per la sua grande disponibilità di fontane pubbliche, terme, bacini artificiali, serbatoi, canali per l’irrigazione... (2 pagine formato doc)

Appunto di arca1
ACQUEDOTTO ROMANO ACQUEDOTTO ROMANO L'acqua, per una città, è stata da sempre una delle risorse più importanti e l'antica Roma era famosa per la sua grande disponibilità di fontane pubbliche, terme, bacini artificiali, serbatoi, canali per l'irrigazione ed altre strutture simili.
Roma pensò sempre al benessere collettivo dei milioni dei cittadini dell'impero e in questa ottica l'acqua aveva un ruolo importantissimo per la vita comune; tale abbondanza d'acqua valse a Roma il nome di “regina delle acque”. Per far fronte a questo continuo fabbisogno d'acqua, Roma fece costruire nell'arco di circa 500 anni ben 11 acquedotti maggiori oltre ad un considerevole numero di diramazioni. La diffusione degli acquedotti fu però un processo graduale perché da sempre le comunità si sono sviluppate in prossimità di corsi d'acqua ma il continuo crescere delle città rese necessaria la costruzione di questi sistemi di rifornimento idrico.
Generalmente erano costruiti a spese di cittadini nobili e quindi indicavano il prestigio della città; il primo acquedotto costruito, in ordine di tempo, fu quello dell'Acqua Appia. Tutti gli acquedotti erano pubblici, di proprietà del governo a beneficio dei cittadini. Il loro danneggiamento o inquinamento veniva severamente punito, così come anche usare l'acqua per ville o terreni privati collegandosi illegalmente. Rami privati, in effetti, esistevano ma per fare ciò si pagava un tributo. La rete idrica era sotto il controllo di un alto ufficiale chiamato “curatore delle acque”. La lunghezza degli acquedotti veniva espressa in passi, che corrispondono a circa 1500m, mentre la portata era calcolata in quinarie che corrisponde a circa 0,50l. FUNZIONAMENTO DELL'ACQUEDOTTO Gli acquedotti raccoglievano l'acqua da diverse sorgenti naturali situate a notevole distanza dalla città. L'acqua si muoveva in direzione della città grazie alla forza di gravità, cioè l'acquedotto agiva da continuo scivolo per tutta la distanza che separava le sorgenti al punto del suo sbocco. Per ottenere tale risultato ciascuno di essi veniva progettato in modo tale che ogni singola parte del lungo tracciato corresse leggermente più basso di quello precedente, e leggermente più in alto di quello successivo. Per tale ragione l'acqua doveva essere presa da sorgenti situate in collina, più in alto rispetto alla posizione della città d'arrivo. Gli architetti romani erano abili in questa attività, per la quale disponevano di arnesi sofisticati: a parte la comune livella, utilizzavano strumenti come il chorobates, una sorta di panca con fili a piombo sui lati per misurare l'inclinazione del terreno su un sistema di tacche graduate. Il dioptra che era un diverso tipo di livella, poggiato in terra e regolato mediante angolatura e rotazione nella sua parte superiore, poteva calcolare l'inclinazione di un segmento di acquedotto. Prima di essere incanalata, l'acqua passava attraverso una o più vasche dette piscinae limariae, dove la velocità di f