Bonifacio VIII: riassunto

Papa Bonifacio VIII, vita e storia degli scontri tra il Papa e il re Filippo il Bello e l'istituzione del Giubileo

Bonifacio VIII: riassunto
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BONIFACIO VIII RIASSUNTO

Bonifacio VIII: riassunto
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Bonifacio VIII nacque ad Anagni nel 1235 da una delle più cospicue famiglie della città. Al secolo Benedetto Castani, studiò diritto a Bologna prima di accettare una serie di incarichi nell’amministrazione pontificia.
Ambasciatore in Francia e Inghilterra, divenne cardinale nel 1281.

Come legato papale a Parigi dal 1290 al 1291, negoziò tra la Francia e l’Aragona. Dopo aver fortemente condizionato la rinuncia al soglio pontificio da parte di Clemente V, gli subentrò col nome di Bonifacio VIII con l’elezione del 24 Dicembre 1294. Temendo che questi, nonostante la sua vocazione di eremita, potesse essere centro di intrighi degli avversari, lo fece rinchiudere nel castello di Fumone dove morì nel 1296.

Con l’elezione a pontefice, Bonifacio si preoccupava di difendere con tutte le sue forze alcuni dei risultati più importanti, maturati nei secoli immediatamente precedenti, quali l’autonomia del mondo ecclesiastico nell’ambito dello stato (la cosiddetta libertas ecclesiae, con privilegi per il clero, come l’esenzione dalle milizie, dalle tasse, dai tribunali civili…) e poi il potere del papa su tutti i potenti della terra, come conclusione di un secolare processo dottrinale. Siccome i due pilastri dello schieramento guelfo erano Napoli e Firenze, cercò prima di accordarsi con Giacomo II d’Aragona, al quale assegnò persino la Sardegna e la Corsica. Ma i suoi tentativi si infransero contro la ribellione di Federico III, che nel 1296 cinse la corona di Sicilia e si preparò a difenderla. Fautori di Federico si trovavano anche nel collegio cardinalizio, primi fra tutti i cardinali Pietro e Giacomo Colonna, insofferenti dell’autorità papale. L’ostilità divenne aperta allorché Stefano Colonna sorprese il tesoro papale, trasportato da Anagni a Roma lungo la Via Appia a dorso di 80 muli, e se ne impadronì.

Bonifacio intimò ai Colonna la consegna dei tesori e li depose dalla dignità cardinalizia, mentre gli Spirituali, e tra questi Jacopone da Todi, proclamavano l’illegittimità dell’elezione del pontefice e si rivolsero a Filippo IV il Bello, re di Francia. Bonifacio scomunicò i Colonna e i loro sostenitori e, con l’aiuto dei comuni guelfi e dei banchieri toscani, li attaccò costringendoli a rinchiudersi in Palestina. Ottenuta la sottomissione dei due cardinali avuta la città, Bonifacio ne ordinò la distruzione (1299).

I Colonna riuscirono a fuggire e a ripararsi in Francia, dove Filippo IV, nel 1296, aveva deciso, insieme ad Edoardo I re di Inghilterra, di tassare gli ecclesiastici per finanziare i loro eserciti; Bonifacio replicò con la bolla clericis laicos (1296), in cui proibiva di imporre tasse al clero senza l’esplicito consenso papale.In risposta, Filippo impedì il trasferimento di oro e moneta corrente a Roma e, dal momento che Edoardo appariva deciso a fare altrettanto, il papa fu costretto a cedere. Ma un grande trionfo arrise a Bonifacio nel 1330, anno del giubileo, durante il quale circa 200.000 forestieri visitarono Roma, facendo affluire nelle casse una gran somma, non tuttavia sufficiente a colmare le spese della guerra di Sicilia, dove Giacomo d’Aragona e l’Angiò non erano riusciti ad aver ragione di Federico con le armi.

A Firenze, invece, Bonifacio inviò come paciere Carlo di Valois, fratello di Filippo IV, per porre fine alle contese tra guelfi bianchi e guelfi neri. Carlo di Valois scese in Italia nel 1301, favorendo il ritorno al potere dei Neri di Firenze e mandando in esilio i capi bianchi (tra cui anche Dante Alighieri).

Il conflitto con Filippo IV si riaccese quando nel 1301 l'autorità papale fu ancora attaccata in Francia allorché Filippo accusò di tradimento Bernard Saisset, vescovo francese e legato papale, e lo imprigionò. Il re non vedeva di buon occhio il pontefice già da quando si era intromesso tra lui e Edoardo I re d'Inghilterra, infatti, il re aveva visto l'intervento del papa come un tentativo di limitare la sua sovranità. All'imprigionamento del vescovo, Bonifacio replicò con la bolla Ausculta fili, in cui accusava Filippo di eccedere i limiti della giurisdizione regia, in seguito emanò la famosa bolla Unam sanctam (1302), in cui affermava la supremazia del papato su tutti i sovrani in materia sia spirituale che temporale. In risposta, Filippo non solo proibì l'uscita di oro e di argento dal suo regno, impedendo così che si riscuotessero le rendite papali, ma con atto rivoluzionario convocò gli Stati Generali e dichiarò che l'autorità dei re deriva direttamente da Dio e che pertanto il papa non ha il diritto di giudicare i sovrani e di scomunicarli. In aggiunta dichiarò Bonifacio colpevole di eresia, ignorò le bolle e dichiarò l'intenzione di deporre il pontefice. Nel 1303 Bonifacio stava per scomunicare Filippo per la sua disobbedienza quando Guglielmo di Nogaret, inviato del re, in accordo con i nemici del papa in Italia lo imprigionò ad Anagni. Liberato da lì a poco, il papa, forse dopo maltrattamenti subiti, morì dopo tre settimane. Le sue ultime parole furono: "Per la fede del signore mio Gesù Cristo, io voglio morire!". Dopo la sua scomparsa, il papato non fu più in grado di resistere al crescente potere delle monarchie nazionali e con lui scompariva l'universalismo del papato.

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