Gandhi e la teoria della non violenza: riassunto e spiegazione

Il mahatma Gandhi e la teoria della non violenza: cos'è la resistenza passiva e a cosa ha portato nella lotta politica per l'indipendenza dell'India

Gandhi e la teoria della non violenza: riassunto e spiegazione
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IL MAHATMA GANDHI

Il Mahatma Gandhi
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Verso la fine dell'800 in India sorgono i primi movimenti per ottenere l'indipendenza dall'Inghilterra, a capo dei quali si pone Gandhi: è lui a guidare il popolo nella rivolta agli inglesi. Lo fa con due sole armi: la "non collaborazione" e la "disobbedienza civile", rifuggendo dall'uso della violenza.

Chi è Ghandi? Gandhi è definito dai suoi seguaci "mahatma" (letteralmente, grande anima). Nasce il 2 ottobre 1869 a Porbandar, in India, da genitori che per un breve periodo esercitano il commercio di spezie. In seguito suo padre diventa primo ministro del principe rajkon, ricoprendo cariche politiche.

Gandhi, parlando della sua vita, ricorderà la madre, che per onorare gli dei farà spesso voto di digiunare fino a che non avesse visto il sole. Gandhi segue lo stesso rituale: nel corso della sua esistenza digiunerà settimane intere, per purificare il proprio spirito o per espiare colpe che i suoi seguaci commettevano nel condurre la lotta per la liberazione della patria.

Compiuti tredici anni, secondo l'uso, si sposa con una sua coetanea, mostrando spesso un carattere geloso e possessivo. Da giovane è piuttosto trasgressivo: mangia carne, si concede qualche sigaretta.

Com'è stato possibile che un giovane del genere sia riuscito, grazie alla sua gran fede nella bontà degli uomini, ad ottenere la libertà della sua patria senza spargimento di sangue? La risposta è nell'atteggiamento del padre, che dopo aver saputo delle "scelleratezze" compiute dal figlio, non mostra ira ma dolore. Lo abbraccia e lo perdona. Gandhi nella sua autobiografia scriverà: "quella fu per me la prima lezione d'ahimsà (non violenza)".

GANDHI, BIOGRAFIA

Qualche anno dopo, Gandhi farà di questo concetto la base fondamentale del suo pensiero.

All'età di sedici anni si imbarca a Bombay per Londra, dove soggiorna dal 1888 al 1891. Frequenta un corso di dizione per migliorare il suo inglese; frequenta una scuola di francese, una di ballo e una di violino.

Il suo interessamento per l'ambiente londinese dura poco: si dedica alla lettura di testi di diverse religioni. Gli anni trascorsi a Londra, poi, gli fanno raggiungere una certa maturità.

Conclusi gli studi di giurisprudenza, torna quindi al suo paese, dove inizia ad esercitare la professione d'avvocato con scarsi risultati. Il nuovo lavoro non gli permette di guadagnare abbastanza, e per sdebitarsi con la famiglia che ha sostenuto le spese per gli studi, accetta di difendere i diritti di una casa di commercio indiana, in Sudafrica.

GANDHI IN SUDAFRICA

Nell'unione sudafricana la realtà è scoraggiante. Le umiliazioni che subisce gli fanno comprendere quanto quel paese sia intriso di cultura razzista verso i lavoratori stranieri.

Organizza una riunione della comunità indiana in Sudafrica, dove esorta i commercianti e gli uomini d'affari a curare l'igiene personale, ad essere più onesti, ma soprattutto a dimenticare le differenze di casta.

Impartisce loro lezioni gratuite di inglese, per far comprendere meglio loro la lingua locale.

Nel 1894 fonda il Natal Indian Congress, un'associazione per la difesa dei diritti indiani nell'unione Sudafricana.

Nel 1896 torna in India, alla ricerca di persone che possano appoggiare le sue teorie. Quando fa ritorno in Sud Africa, subisce il linciaggio da parte di un gruppo di bianchi, che termina solo con l'intervento di una nobildonna inglese. Gandhi rifiuta di denunciare gli aggressori, sempre convinto che la violenza sia solo capace di generare altra violenza.

Qualche tempo dopo il governo di Transvaal approva una legge che impone a tutti gli asiatici residenti nel territorio di avere una carta d'identità e fornire le impronte digitali alla polizia.

Da questo provvedimento legislativo, gli indiani si sentono profondamente umiliati: vengono considerati al pari dei criminali. Gandhi propone di rispondere al progetto con la "satyagraha", una forma di non collaborazione con il governo britannico, concepita come assenteismo di massa.

Proprio qui Gandhi compie il primo esperimento di "disobbedienza civile". La maggior parte degli indiani rifiuta di collaborare con il governo inglese, e quando vengono multati respingono il pagamento dell'ammenda. Al processo ammettono di aver deliberatamente violato la legge e vengono arrestati.

Gli Indù imprigionati per piccoli reati affollano le carceri e indeboliscono le autorità inglesi, incapaci di sostenere le spese per il mantenimento dei prigionieri. Finisce in prigione anche Gandhi, per aver disobbedito all'ordine di lasciare il Paese.

Il generale Smuts decide allora di giungere ad un compromesso: riconoscere ai nuovi immigrati la parità dei diritti e la validità dei matrimoni religiosi, oltre che l'abrogazione d'alcune leggi che rendono la vita difficile agli Indù. Dopo ventuno anni trascorsi in Sudafrica, Gandhi può ritornare nella sua patria, ma prima trascorre un breve periodo in Inghilterra, che nel frattempo ha dichiarato guerra alla Germania.

Anche qui Gandhi mette in atto la sua teoria pacifista: organizza un corpo di volontari indiani residenti in Inghilterra, a soccorso dei feriti inglesi. Il clima umido lo fa ammalare di pleurite: il 9 gennaio 1915 Gandhi torna a Bombay, dove la situazione non è delle migliori.

Gli indiani non si rassegnano a restare sottomessi: vogliono raggiungere l'autonomia politica. Gandhi si rende conto che il popolo indiano è pronto a ribellarsi agli inglesi con le armi, ma lui porta avanti la sua politica pacifista.

Gandhi convince il popolo ad aiutare i dominatori, che allora stavano combattendo la Prima Guerra Mondiale, pensando che questi, in segno di riconoscenza, avrebbero ridato la libertà all'India. Ma ciò non avvenne; furono anzi inasprite le leggi e fu soppressa la libertà di stampa. 

Gandhi si mise quindi a capo del Congresso Nazionale Indiano. Fino alla sua morte, avvenuta il 30 gennaio 1948 per assassinio, quest'uomo si è dimostrato animatore intelligente e instancabile di tutti i movimenti di rivolta contro gli Inglesi.

Nel 1935 l'Inghilterra si rassegna e concede all'India alcuni vantaggi politici. Ma, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, i movimenti di ribellione alla politica inglese riprendono più violenti che mai.

La mezzanotte fra il 14 e 15 agosto 1947 resterà, per gli indiani, una data indimenticabile.

Proprio in quel momento, a Nuova Delhi, il viceré indiano annunciava la rinuncia dell'Inghilterra al dominio sull'India, sancendo nei fatti la fine una serie di dominazioni straniere che si erano susseguite lungo i millenni della sua storia. L'india era finalmente uno Stato libero e indipendente.

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MAHATMA GANDHI, COMMENTO

Come possiamo rendere attuale il pensiero di Gandhi?

Per alcuni la lotta è l'unico mezzo a disposizione dell'uomo per costruire la civiltà. La guerra sarebbe un elemento essenziale per ripristinare l'ordine e la pace, proprio nei luighi in cui da anni sono violati i diritti umani. Secondo Gandhi il principio della non violenza racchiude la completa astensione da qualsiasi forma di sfruttamento.

Le conseguenze negative di una guerra sono gravi e irreparabili: la distruzione di risorse umane, uno spreco di ricchezze (città, fabbriche, attrezzature), la minaccia alla salute fisica delle popolazioni civili. La guerra può essere evitata: nessun uomo, nessuna nazione, nessun gruppo sociale, è inevitabilmente guerriero.

Le frustrazioni e i contrasti d'interesse che sono alla radice delle guerre possono essere ridotti ed indirizzati diversamente, ad esempio contro gli ostacoli che ne impediscono lo sviluppo economico e sociale.

Ciascuno di noi deve assumersi le proprie responsabilità e la parte di lavoro che gli spetta per opporsi alla guerra, trasformandosi in un costruttore di pace. Gandhi ha dimostrato con le sue azioni che la forza di un singolo individuo può diventare la forza di un popolo intero, perché la pace è legata alla crescita della coscienza umana e può nascere solo dall'impegno unitario di tutti gli uomini.

Non si può giungere ad un disarmo reale se le potenze mondiali non cessano di sfruttarsi a vicenda. A tale proposito Gandhi scrisse:

È una bestemmia dire che la nonviolenza possa essere praticata solo dagli individui e mai dalle nazioni, che sono composte da individui.

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