Guerre di indipendenza italiane: riassunto e spiegazione

Riassunto e spiegazione sulle guerre di indipendenza italiane. Schema riassuntivo con cronologia e tappe fondamentali del periodo storico

Guerre di indipendenza italiane: riassunto e spiegazione
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GUERRE DI INDIPENDENZA ITALIANE

Battaglia di Montebello
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Dopo molte esitazioni, Carlo Alberto si convinse a dichiarare guerra all'Austria sulla spinta degli avvenimenti di Milano. La decisione nasceva sia dalla volontà di non rimanere estraneo al moto di indipendenza nazionale, sia da quella di riprendere il tradizionale progetto espansionistico sabaudo, indirizzato alla conquista della Lombardia.

L'esercito piemontese oltrepassò il Ticino il 28 marzo 1848, mentre muovevano in suo appoggio gruppi di volontari e corpi di spedizione inviati da quegli stati italiani (Stato della Chiesa, Regno delle Due Sicilie e Granducato di Toscana), nei quali era entrata in vigore la costituzione.

VITTORIE E SCONFITTE NELLA PRIMA GUERRA DI INDIPENDENZA ITALIANA

Con le vittorie al ponte di Goito e a Pastrengo i piemontesi costrinsero l'esercito austriaco, comandato dal maresciallo Radetzky, a indietreggiare, abbandonando parte della Lombardia, e a rifugiarsi nelle fortezze del Quadrilatero (Legnago, Mantova, Peschiera e Verona).

L'avanzata piemontese si arrestò nei pressi di Verona, a Santa Lucia. Intanto da Gorizia sopraggiungevano i rinforzi austriaci, alla guida del generale Nugent, che sconfissero le truppe pontificie a Cornuda sul Piave, per poi ricongiungersi agli uomini di Radetzky, così da determinare una schiacciante superiorità numerica sull'esercito piemontese e sui contingenti italiani.

Il 29 maggio a Curtatone e Montanara truppe di volontari toscani e napoletani, in gran parte studenti, furono impegnati in una violenta battaglia con i soldati austriaci, ma furono sopraffatte.

A Goito i piemontesi conseguirono un'importante vittoria il 30 maggio. Tuttavia, per una serie di errori strategici, non venne sfruttata: questo permise agli austriaci di riorganizzarsi prima di lanciare una pesante controffensiva, conclusa a loro favore nella battaglia di Custoza del 25 luglio.

L'esercito piemontese in ritirata tentò un'ultima resistenza alle porte di Milano, prima che Carlo Alberto consegnasse la resa a Radetzky. Il 9 agosto il generale Carlo Canera di Salasco firmò un armistizio che consentiva alle truppe sarde di ritirarsi entro i confini, al di là del Ticino.

In questa prima fase della guerra si svolsero anche le operazioni militari condotte da Giuseppe Garibaldi, che si mise alla testa di 1500 volontari che portarono alla temporanea liberazione di Varese. I patrioti italiani furono poi costretti a lasciare il paese e fuggire in Svizzera.

Camillo Benso Conte di Cavour
Fonte: ansa

Carlo Alberto, su pressione del parlamento subalpino e delle manifestazioni popolari, riprese nuovamente il conflitto nel marzo del 1849, assegnando il comando delle truppe al generale polacco Chrzanowski, le cui scarse doti di stratega militare avrebbero pesato sull'esito delle operazioni.

La nuova campagna di guerra iniziò il 20 marzo e si concluse in soli tre giorni. Radetzky, che aveva a disposizione una forza di artiglieria nettamente superiore, avanzò in Piemonte e, dopo una serie di brevi scontri, affrontò vittoriosamente l'esercito piemontese a Novara il 23 marzo.

Travolto dalla sconfitta, Carlo Alberto abdicò a favore del figlio Vittorio Emanuele II, che a Vignale concordò l'armistizio firmato a Novara e seguito dalla pace di Milano del 10 agosto. Le clausole prevedevano che il Piemontevenisse temporaneamente occupato dalle forze austriache nelle province orientali, che fossero sciolti i contingenti di volontari e che terminasse la mobilitazione dell'esercito sabaudo.

LA SECONDA GUERRA DI INDIPENDENZA ITALIANA

Le premesse della seconda guerra di Indipendenza italiana sono racchiuse nella politica che Cavour, primo ministro del governo piemontese dal 1854, mise in atto per restituire allo stato sabaudo un ruolo di primo piano in Italia, dopo che le sconfitte del 1848-1849 ne avevano minato la credibilità. Con la partecipazione alla guerra di Crimea, il Regno di Sardegna poté tornare a inserirsi nelle relazioni internazionali, per rilanciare il progetto di unificazione italiana.

Cavour, per rafforzare il fronte antiaustriaco, con gli accordi di Plombières del 1858 strinse un'alleanza con l'imperatore francese Napoleone III, che si impegnò a combattere a fianco dell'esercito piemontese, ma solo in caso di aggressione austriaca e in cambio della cessione di Nizza e della Savoia. Il progetto prevedeva una sistemazione dell'Italia in quattro stati (il Regno sardo, il Ducato di Parma con la Toscana, lo Stato Pontificio e il Regno delle Due Sicilie), per impedire la nascita di una nuova grande potenza territoriale e garantire al papa e alla Francia il ruolo di garanti dei nuovi equilibri.

Portare la situazione al punto in cui potesse realizzarsi la premessa degli accordi franco-piemontesi, ossia che l'Austria sia la prima a dichiarare guerra, si rivelò più complesso del previsto. Un'intensa azione diplomatica svolta dalla Gran Bretagna tentò di scongiurare il conflitto tra Austria e Francia, temendo che questo potesse portare a combattere una guerra di dimensioni ben più ampie.

All'opera di pacificazione svolta dagli inglesi si aggiunse l'iniziativa della Russia che cercava di risolvere la questione italiana in un congresso europeo. Tuttavia, le difficoltà insorte principalmente per l'opposizione di Cavour e del papa fecero tramontare la proposta.

Cavour non accettò il veto che l'Austria aveva posto sul congresso alla presenza del Regno di Sardegna, mentre il papa Pio IX si oppose a un'interferenza da parte delle potenze straniere negli affari interni del suo stato.

Si propose anche un disarmo generale in Italia, ma questa proposta non ebbe seguito, questa volta per l'opposizione dell'Austria, che il 23 aprile 1859 lanciò un ultimatum al Piemonte, che chiedeva il disarmo immediato, pena la guerra. Cavour utilizzò l'ultimatum austriaco per intensificare i preparativi militari, ai quali erano partecipi anche truppe di volontari agli ordini di Garibaldi, i Cacciatori delle Alpi.

La risposta negativa data da Cavour all'ultimatum il 26 aprile 1859 determinò lo scoppio della guerra, dichiarata dall'imperatore Francesco Giuseppe il 28 aprile e iniziata con l'improvviso ingresso in Piemonte delle truppe austriache al comando del generale Gyulai. L'esercito sardo schierò 63.000 soldati, mentre i francesi inviarono un corpo di spedizione di 120.000 uomini, con cannoni e sussistenza, trasferiti rapidamente al fronte grazie alla rete ferroviaria e si posizionarono nel Piemonte meridionale il 30 aprile. Lo stesso Napoleone III assunse il comando dei due eserciti.

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All'avanzata austriaca, che portò alla conquista di Biella e di Vercelli, l'Italia rispose una manovra su tre fronti, che aveva lo scopo di costringere le truppe di Gyulai a ripiegare a sud: Garibaldi con i Cacciatori delle Alpi occupò Varese e Como.

Napoleone III trasferì il grosso delle truppe a Novara, mentre le forze piemontesi coprivano il centro dello scacchiere occupando Palestro, nei pressi di Pavia (siamo al 30-31 maggio). Il primo scontro a Montebello (il 20 maggio) vide respinta un'offensiva degli austriaci, che vennero poco dopo attaccati a Palestro (il 30-31 maggio) in un'azione diversiva, che voleva favorire l'avanzata dell'esercito franco-piemontese verso Milano.

La prima grande battaglia fu combattuta il 4 giugno a Magenta: gli austriaci sconfitti ripiegarono verso le fortezze del Quadrilatero, mentre Napoleone III e Vittorio Emanuele II facevano ingresso a Milano l'8 giugno e Garibaldi con i suoi uomini liberava Como, Bergamo e Brescia.

TERZA GUERRA DI INDIPENDENZA

Francesco Giuseppe, che aveva esonerato Gyulai e assunto il comando diretto dell'esercito austriaco, aiutato dal generale Hess, si preparò a nuovi scontri sul campo. Le due ultime sanguinose battaglie si combatterono il 24 giugno: a Solferino i piemontesi e a San Martino i francesi vinsero contro gli austriaci che ripiegarono al di là del Mincio, sulla linea di difesa dell'Adige.

Napoleone III cinse d'assedio Peschiera. Intanto nell'Adriatico una flotta franco-piemontese si avvicinava a Venezia.

La sera del 5 luglio, tuttavia, Napoleone III decise di ritirarsi dal conflitto, preoccupato sia per le perdite subite, sia per le proteste guidate da gruppi liberali e democratici in Toscana, nei Ducati di Parma e Modena e nello Stato Pontificio, sia infine per timore di una discesa in guerra dell'esercito prussiano a fianco dell'Austria.

Senza preavvertire Cavour, incaricò il suo aiutante in campo, il generale Fleury, di aprire negoziati per un armistizio con Francesco Giuseppe. I due imperatori si incontrarono a Villafranca l'11 luglio, accordandosi sui preliminari di pace, firmata a Zurigo il 10 novembre 1859. Secondo questi accordi la Lombardia veniva ceduta alla Francia, che successivamente l'avrebbe consegnata al Piemonte; Si doveva formare poi una confederazione di stati italiani presieduta dal papa e che a Parma e in Toscana tornassero i legittimi sovrani. Le ultime due clausole non ebbero seguito, perché le popolazioni emiliane e toscane insorte chiesero l'annessione al Piemonte, che Napoleone finì per accettare in cambio di Nizza e della Savoia.

Il progetto dell'Unità d'Italia venne poi rilanciato per iniziativa dei democratici e portato a compimento con la spedizione dei Mille di Garibaldi, che nel 1860 avrebbe portato alla liberazione del Sud dalla dominazione borbonica.

I plebisciti per l'annessione al regno sabaudo e l'intervento di quest'ultimo con l'occupazione di parte dello Stato Pontificio sfociarono nella costituzione del Regno d'Italia, proclamato il 17 marzo 1861 dal parlamento unitario, eletto nel gennaio dello stesso anno.

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