Parafrasi Canto 14 dell'Inferno

Canto 14 Inferno: parafrasi, figure retoriche e il contrappasso dei bestemmiatori del quattordicesimo canto dell'Inferno della Divina Commedia di Dante (6 pagine formato doc)

Appunto di fabiol88

PARAFRASI CANTO 14 INFERNO

Canto 14 Inferno. Poiché l’amore di patria mi riempì di commozione, raccolsi le fronde disperse, e le restituii a quell’anima, che ormai era muta.


Qui finisce il racconto delle cose vedute nella selva dei suicidi, cosicché questa terzina si lega idealmente, per quanto riguarda il contenuto, più che al canto che inizia, a quello precedente.
Quest'ultimo non poteva tuttavia terminare con una nota patetica e di raccoglimento (nel verbo strinse sono presenti le due connotazioni, quella affettuosa e quella che indica l'intensità, la concentrazione di questo affetto), senza contraddire il senso intimo del suo sviluppo. Il tredicesimo canto è infatti il canto dell'orrore, del paradosso divenuto realtà, del dolore che non può sfogarsi che per mezzo di un dolore momentaneamente più vivo (le piante si esprimono soltanto attraverso le " fenestre " che in esse aprono le Arpie; Pier delle Vigne è messo nella condizione di parlare dopo che Dante ha reciso un membro del suo corpo vegetale), del suicidio che assurge, nelle parole del fiorentino anonimo, a simbolo della rovina della sua città.

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IL VEGLIO DI CRETA

D'altra parte questa terzina iniziale si isola, sia per l'argomento sia per il tono, anche dal canto di cui fa parte.

Il tema della violenza (Capaneo) le è estraneo, come le è estraneo quello dell'universale corruzione da cui si origina il pianto della umanità peccatrice (Veglio di Creta). Lo Spitzer ha messo in rilievo il parallelismo tra i due gesti che Dante compie all'inizio e alla fine dell'episodio dei suicidi: "Dante fa ammenda al suo atto involontario di aprire ferite, col suo atto, deliberato e compassionevole, di ristorarle; l'episodio giunge ad una conclusione con il suo gesto, che intende placare il turbamento che l'altro gesto aveva provocato".
Giungemmo quindi al confine dove il secondo girone si separa dal terzo, e dove si contempla una spaventosa opera della giustizia.
Per spiegare bene le cose qui vedute per la prima volta, dico che arrivammo presso una pianura che respinge dalla sua superficie ogni forma di vegetazione.
La triste foresta (dei suicidi) la circonda, come il fiume di sangue circonda quest’ultima: qui ci arrestammo sul margine.
Il terreno era una sabbia asciutta e compatta, non dissimile da quella che fu calpestata un tempo da Catone.

Inferno Canto XV: parafrasi e figure retoriche

CANTO QUATTORDICESIMO INFERNO

I critici hanno variamente notato l'andamento discorsivo di questa prima parte del canto. Dante indugia stranamente qui nella descrizione e nella precisazione. Come giustamente osserva il Varese, ivi "l'abbondanza delle pause, delle inflessioni di raccoglimento, d'indicazione, imprimono sin da principio un senso di chiarezza, direi di minuziosa logicità: sono punti di passaggio e d'obbligo, che ci danno tuttavia il segno della lucidità preoccupata della mente dantesca, nel suo bisogno di aiutare e non di confondere il lettore".
Per quello che riguarda l'accenno a Catone Uticense, occorre ricordare che Dante non aveva mai veduto un deserto. Il riferimento storico (la guerra combattuta in Libia tra Cesare e i Pompeiani guidati da Catone nel 45 a. C.) serve qui, come nei versi 31 -36, a suggerire per via indiretta il riferimento reale per uno spettacolo fantastico.

Canto 15 Inferno: parafrasi e riassunto

CONTRAPPASSO BESTEMMIATORI

Lo scrupolo della realtà non abbandona mai Dante; è questo un altro aspetto della serietà del suo impegno morale e, nello stesso tempo, un elemento indispensabile alla sua poesia, la quale, quanto più ritrae l'irreale, tanto più lo convalida attraverso l'oggettiva fermezza della cosa vista e documentabile. Il linguaggio, di Dante non è quello del sogno, ma sempre, anche nel Paradiso, alle soglie dell'inesprimibile, quello delle distinzioni nette.
O castigo di Dio, quanto devi essere temuto da chiunque legge ciò che apparve ai miei occhi!
Vidi molte schiere di dannati indifesi che piangevano tutte con grande strazio, e appariva imposta a ciascuna una diversa punizione.
Alcuni (i bestemmiatori) giacevano in terra in posizione supina; altri (gli usurai) sedevano tutti rannicchiati, altri ancora (i sodomiti) camminavano senza posa.