I sofisti: riassunto

I sofisti: chi sono e cosa studiano? Riassunto di filosofia completo e caratteristiche del sofismo nel pensiero di Protagora

I sofisti: riassunto
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Chi sono i sofisti

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I sofisti, figure centrali della Grecia antica, erano maestri di retorica e filosofia che viaggiavano da una polis all'altra, insegnando arte oratoria e persuasione in cambio di un compenso. Famosi per il loro relativismo etico e per la capacità di argomentare su qualsiasi posizione, essi ebbero un ruolo fondamentale nell'evoluzione del pensiero critico, mettendo in discussione le concezioni tradizionali di verità e virtù. La loro figura spesso controversa, esplorata da autori come Platone e Aristotele, fu determinante nell'antica educazione e nel dibattito intellettuale del loro tempo. Ancora oggi “sofista” è un termine negativo che indica una persona che sa fare dei discorsi molto convincenti ma che in realtà ha un sapere soltanto apparente.

Questo giudizio negativo deriva da quello che gli antichi diedero ai sofisti, i quali criticavano il fatto che si facessero pagare per il loro insegnamento. Infatti, ad Atene l’insegnamento non era considerato un lavoro ma una funzione sociale degli adulti.

Nonostante queste critiche i sofisti furono appoggiati dai giovani che avevano l’esigenza di una nuova cultura e soprattutto di saper parlare per potersi affermare nella società democratica, in cui io dialogo era fondamentale.

Quindi i sofisti hanno saputo rispondere ad una reale esigenza del momento.

Due generazioni di sofisti

Si possono distinguere due generazioni di sofisti:

  1. Sofistica antica ha come maggiori rappresentanti Protagora e Gorgia. Il loro scopo era la formazione del cittadino per poter partecipare attivamente alla vita politica nell’interesse della polis.
  2. Nuova sofistica i suoi esponenti sono caratterizzati dall’uso spregiudicato della parola. Lo scopo della loro educazione era l’affermazione dell’individuo e dei suoi interessi personali anche contro la polis. Si parla infatti di esasperazione dell’individualismo.

Ai sofisti si deve lo spostamento della ricerca filosofica dalla natura all’uomo, infatti vengono definiti come i primi umanisti antichi. L’indagine sulla natura viene abbandonata perché le possibilità di ricerca si erano esaurite per gli strumenti di quel periodo.

Potenza e scienza della parola

I contenuti dell’insegnamento sofistico sono estremamente diversi, e molti di loro possedevano un sapere enciclopedico. Le materie principali sono quelle scientifiche, letterarie, artistico-musicali e l’arte della politica.

Soprattutto viene insegnata l’arte della retorica, cioè l’arte della persuasione mediante il linguaggio, che era molto importante nelle polis. Per questo motivo vengono chiamati i “maestri della parola”.

Un esempio di persuasione tramite il discorso sono i “Discorsi duplici”, un’opera in cui viene dimostrato che ad ogni affermazione vera se ne può opporre una contraria ma vera quanto la prima. I discorsi contrapposti vengono anche chiamati “antilogie”.

I sofisti si rendono conto della potenza della parola come strumento di dominio sulle masse. Molto spesso l’uso delle nuove tecniche del discorso ha come scopo solo la propria affermazione personale, che porta ad un uso spregiudicato della parola per la conquista del potere.

I sofisti riconoscono il pluralismo culturale e linguistico che caratterizza la società umana.

Tra di essi si afferma l’idea che le lingue siano frutto di convenzione umana, siano cioè artificiali e non naturali.

Questo porta alla fondazione di una nuova disciplina, la linguistica, cioè analisi e teoria del linguaggio.

Il relativismo etico

Nel V secolo si riteneva che l’areté (virtù) fosse innata ed ereditaria, quindi appartenente soltanto all’aristocrazia. I sofisti rifiutano questa concezione e trasformano il concetto di areté.

Secondo loro non è legato alla stirpe ma consiste nel possesso di determinate capacità, in particolare della capacità di parlare. Per questo motivo la virtù è trasmissibile e loro si offrono di insegnarla a chiunque fosse disposto a pagarli.

Ai sofisti si deve la scoperta della varietà di tradizioni culturali esistenti nel mondo allora conosciuto. Essi riconoscono la profonda diversità dei codici morali esistenti tra i vari popoli. Ciò che è bene per gli uni è male per gli altri e viceversa.

Al relativismo culturale si accompagna un relativismo morale, tale da escludere la possibilità di definire in modo assoluto ciò che è bene e ciò che è male.

Secondo loro il criterio fondamentale della condotta non è il bene o il male ma l’utile: il valore degli atti compiuti da un individuo è sancito dalle loro conseguenze pratiche.

Protagora

Il relativismo della conoscenza

Il relativismo non riguarda soltanto la morale, ma anche la conoscenza. Protagora afferma che “l’uomo è la misura di tutte le cose”. Con questo intende dire che il mondo è come ciascuno di noi lo percepisce.

La conoscenza ha il fondamento nell’esperienza, cioè nel fluire delle sensazioni. Queste sono soggette alla misura, cioè al modo e al criterio con cui ognuno le percepisce. Per questo motivo non esistono verità oggettive valide per tutti.

Il criterio di verità viene sostituito dal criterio di utilità sociale. Il compito del sofista è quello di educare i cittadini a sostituire all’idea di un “vero” o di un “giusto” in assoluto ciò che per essi è più utile.

L’insegnabilità della virtù

Protagora rivendica la virtù come una possibilità per tutti i cittadini, togliendone il monopolio alla sola aristocrazia. Insegnabile è soprattutto l’areté politica.

La virtù non è più identificabile con il valore guerriero e le abilità militari ma con quel sapere, con il possesso di quelle tecniche che sono indispensabili alla vita della polis.

In un famoso mito riportato dal dialogo platonico “Protagora” il sofista racconta che, nella distribuzione divina di capacità e doti a tutti gli esseri viventi, agli uomini è spettata soprattutto l’areté politica.

Un caso di agnosticismo religioso?

Il termine “agnostico” indica chi non prende posizione né a favore né contro l’esistenza degli dei. Protagora è ritenuto agnostico in quanto in suo frammento afferma che non può dire né che esistono né che non esistono, né quale sia il loro aspetto.

Questo perché ci sono due ostacoli a impedirne le conoscenza: l’oscurità dell’argomento e la brevità della vita umana.

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