Ellenismo: riassunto, schema e caratteristiche

Riassunto, schema e caratteristiche dell'Ellenismo, il periodo storico e letterario successivo alla morte di Alessandro Magno nel 323 a.C.

Ellenismo: riassunto, schema e caratteristiche
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Ellenismo

Il consiglio di guerra di Dario
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Il periodo successivo alla morte di Alessandro Magno nel 323 a.C. viene definitò età ellenistica e arriva fino alla conquista romana dell’Egitto conseguentemente alla battaglia di Azio nel 31 a. C.

Noi distinguiamo un alto ellenismo (dalla morte di Alessandro Magno per tutto il III secolo), e un basso ellenismo che comprende il I e il II secolo.

Il periodo più antico è caratterizzato dalla formazione dei regni ellenistici ad opera dei generali di Alessandro e dei loro successori:

  • Egitto: i Tolomei
  • Siria: i Seleucidi
  • Macedonia: gli Antigonidi

Questi erano i tre regni principali a cui si aggiungono molti regni minori il più importante era, a livello culturale per la sua importantissima biblioteca, il regno di Pergamo in Asia minore.

Entro i confini dei nuovi regni si formavano nuove città e prosperavano i centri urbani antichi.

L’uso del termine Ellenismo risale ad uno studioso ottocentesco, Droysen, che lo utilizzò con valore storico-culturale per definire il periodo dalla morte di Alessandro alla battaglia di Azio. Il punto di partenza gli è offerto dall’antico testamento e da due passi degli atti degli apostoli dove si trovano rispettivamente i termini “ellenismos” (che indica l’uso corretto del greco) e “ellenistes” (per indicare l’assunzione da parte degli ebrei della lingua e dell’usanza greca). Droysen sulla base dei loro significati utilizzò ellenismo ed ellenistico allo scopo di individuare quel periodo in cui, dopo le conquiste di Alessandro Magno, si diffuse enormemente nei territori orientali la cultura greca.

Ellenismo in Grecia

A partire dalle prime interferenze di Filippo il Macedone e fino alle strepitose conquiste di Alessandro tra il 336 e il 334 gli orizzonti culturali della Grecia si erano ampliati e trasformati, con l’egemonia macedone alle polis indipendenti furono sostituite con la creazione di un vasto stato territoriale soggetto al potere centrale di un sovrano assoluto e dotato di una città capitale. Dopo la morte di Alessandro alcune città greche pensarono di poter riconquistare la loro libertà ma le ribellioni costarono al popolo molti insuccessi e dure repressioni.

Oltre al mutamento politico si ebbe anche un mutamento culturale; le imprese di Alessandro aprirono gli orizzonti geografici culturali e intellettuali allargando così anche il pensiero e l’autocoscienza dell’uomo greco.

La cultura greca si trovava in rapporto con le alte culture, il mondo dei parlanti greco si allargava a dismisura e assumeva dentro sé una quantità smisurata di non-greci, l’autosufficiente universo della polis si diluiva nelle ampie prospettive spaziali e culturali spalancate dalla conquista; gradualmente ma profondamente cambiarono la mentalità, l’atteggiamento intellettuale, i punti di riferimento e le prospettive. Non bisogna tuttavia dimenticare di sottolineare gli elementi di continuità con le polis: la vita sociale in ambito cittadino continuò a svolgersi e le città greche continuarono una loro politica relativamente autonoma di alleanze e schieramenti.

Cultura greca: centri di diffusione

La geografia politica e culturale dell’età ellenistica è caratterizzata dai diversi regni scaturiti dallo smembramento delle conquiste di Alessandro Magno: l’area della cultura greca si allarga enormemente e anche la letteratura rivela un policentrismo ricco e variegato.

Si tratta di un variegato fenomeno della diffusione della civiltà greca e di integrazione con altre culture.

Non c’è alcun dubbio sul fatto che il potente fattore di unificazione sia stato la lingua: quella forma di greco chiamato koinè dialektos (lingua comune) che si diffuse in tutto il bacino del mediterraneo e in vaste zone del medio oriente e divenne la principale lingua letteraria di età ellenistica.

Il policentrismo della geografia culturale ellenistica è dovuto all’emergere di nuovi centri culturali (questo non vuol dire che gli antichi centri di cultura persero la loro importanza, Atene continuò a conservare un grande ruolo ed un grande prestigio), tra cui spicca Alessandria d’Egitto che diventa un centro culturale in vari settori della cultura con i Tolomei, Pergamo che fu per un certo tempo la rivale di Alessandria, Cartagine, Cirene, Antiochia, Roma.

Un fattore importante per il proliferare dei centri di cultura fu il particolare atteggiamento dei regnanti chiamato evergetismo; ogni regnante per celebrare se stesso, la propria città e il proprio regno investe risorse nell’edilizia, nell’urbanistica ma soprattutto chiamando a corte artisti letterati ed artigiani.

Generi letterari in età ellenistica

Gli intellettuali ellenistici sono consapevoli di avere alle spalle una grandiosa tradizione di arte e di pensiero, che costituisce il patrimonio della loro cultura. La coscienza di questa imponente eredità produsse in età ellenistica diversi fenomeni: da una parte lo sforzo di conservare i testi consacrati dalla tradizione, dall’altra un atteggiamento di confronto competitivo con i modelli passati. Il fenomeno della poesia dotta che caratterizza l’età ellenistica è una sintesi organica di questi due aspetti: il poeta-filologo interpreta i grandi del passato e da questi trae nutrimento e spirito per comporre in gara con l’antico e autorevole modello; Callimaco e Apollonio Rodio sono i due maggiori esponenti di questo nuovo modo di far poesia.

Tipica del periodo è anche la trasformazione e la contaminazione dei generi letterari alla ricerca di una propria originalità, il sistema dei generi letterari tradizionale contava su un consolidato insieme di regole compositive strutturali, linguistiche e metriche, ora i generi vengono trasformati profondamente e a volte anche frammischiati, diventano strutture aperte agli esperimenti e alle innovazioni. In età ellenista si consolida definitivamente la civiltà del libro; in età arcaica e per parte dell’età classica la letteratura era fruita oralmente; con l’età ellenistica la comunicazione letteraria è affidata alla lettura individuale, per la civiltà del libro la letteratura si rivolge ad un pubblico ristretto ed elitario.

Si differenzia così una cultura alta da una cultura popolare che continua a svilupparsi per strade proprie in forme tradizionali, la società è sempre più divisa in due strati: un ceto benestante privilegiato e un ceto medio basso economicamente debole a margini della vita socio-politica e culturale.

Poco ci è rimasto della letteratura di età ellenistica: la maggior parte delle poesie conservate sono del III secolo, per il I e il II secolo abbiamo davvero poco.

Il teatro è rappresentato da Menandro, per quanto riguarda la poesia fioriscono epigramma e l’elegia, la poesia dotta di Callimaco, la nuova epica di Apollonio Rodio, la poesia bucolica di Teocrito. Uno dei fenomeni più rilevanti e nuovi è la filologia alessandrina che in età ellenistica vive la sua eccezionale stagione. Nel campo della storiografia abbiamo Polibio e Diodoro, le scienze conoscono un’importante stagione e la filosofia vede la nascita di due scuole fondamentali quella stoica e quella epicurea.

Gli autori della commedia nuova

Per quanto riguarda la commedia Nea abbiamo numerosi frammenti brevi e cospicui ritrovamenti papiracei che hanno portato alla luce gran parte delle commedie di Menandro, la fortuna non è stata altrettanto favorevole per altri commediografi come lui le cui opere ci sono giunte in brevi frammenti per tradizione indiretta. Anteriori a Menandro sono Filemone e Defilo, posteriori sono Apollodoro di Caristo e Macone.

Menandro

Nacque da una nobile famiglia di Atene e visse negli anni convulsi della perdita dell’autonomia politica per l’instaurarsi del dominio macedone, pochi anni dopo la sua nascita (341-342) si verifica la battaglia di Cheronea con la quale Filippo acquista il controllo della Grecia.

Per un certo periodo detenne il potere ad Atene Licurgo tentando di risollevare la situazione, ma alla morte di Alessandro Magno gli ateniesi tentarono la ribellione contro la macedonia ma furono sconfitti e la dominazione ad opera di Antipatro divenne più pesante. Il suo maestro fu Alessi un commediografo della commedia di mezzo. Menandro esordì come commediografo nel 321 nell'agone lenaico con la commedia intitolata “L’ira” e vinse, una seconda vittoria alle lenee l’ottenne nel 316 col “Dyskolos”. Dopo la morte di Antipatro nel 319 andò al governo della città Demetrio Falereo che instaurò un regime oligarchico sul sostegno della classe media, Menandreo gli era amico come lo era anche di Epicureo. Nel 307 Atene fu espugnata da Demetrio Piliorcete, Demetrio Falereo fuggì e a menandro fu intentato un processo politico. Menandro morì nel 290 circa.

Menandro è l’autore di cui sono stati rivenuti il maggior numero di papiri dopo Omero, segno di abbondante circolazione delle copie, tuttavia le commedie non ressero al vaglio dell’età bizantina e cessarono di essere copiate, e qualche decennio fa non si conosceva altro che pochi frammenti giunti per tradizione indiretta e una raccolta di 877 massime in trimetri giambici note come gnomai monostikoi. La ricerca papirologia invece ha dato ottimi risultati: parti di 5 commedie ci sono rinvenute grazie ad un papiro del V secolo rinvenuto al Cairo nel 1905, l’arbitro, la fanciulla tosata, Samia e l’eroe. i fogli papiracei risalenti al III secolo e appartenenti alla collezione privata dello svizzero Bodmer hanno ampliato le conoscenze sulla Samia e ha nno restituito quasi per intero il Dyskolos e in modo frammentario lo scudo Il cartonnage di una mummia egiziana hanno portato alla luce parti frammentarie dell’uomo di Sicione un papiro di Ossirinco del IV secolo ha restituito parte della commedia il detestato.

Le commedie meglio conservate

  • Dyskolos “difficile”: è ed riferito all’anziano protagonista che si oppone alle nozze tra la figlia e Sostrato, soltanto una circostanza imprevista lo renderà conscio del valore degli affetti umani disinteressati.
  • Risale al 316 è la più antica fra quelle meglio conservate Perikeiromene “la fanciulla tosata”: racconta la storia della giovane Glicera a cui l’innamorato geloso taglia i capelli per punirla di un bacio traditore. R
  • Risale al 314 Apsis “lo scudo”: tuke personificata fa da cornice al motivo del progetto di due giovani di sposarsi, ostacolato dalle mire di un vecchio avido a cui si oppone un servo fedele che segue l’interesse del proprio padrone che fa credere al vecchio che Cleostrato è morto in battaglia. Al vecchio Smicrine sembrano vicine le nozze con la sorella quando arriva Cleostrato, ciò dimostra come tuke sia superiore al fare degli uomini.
  • Samia “la donna di Samo”: è basata su una gravidanza imprevista e i malintesi che ne conseguono.
  • Epitrepontes “l’arbitro”: posteriore al 304 prende il titolo dai due personaggi che ricorrono all’arbitrato di un terzo personaggio perché decida a chi spettano i contrassegni rinvenuti insieme su un neonato esposto.
  • Heros “l’eroe”.

La letteratura erudita

In età ellenistica oltre ai consueti generi letterari presero piede anche la filologia e la grammatica, si tentò di risolvere il problema della correttezza ed esattezza dei testi degli autori antichi tramandati; si pose dunque in maniera ampia l’esigenza di interpretare quelle opere nel modo più completo ed appropriato.

Furono sviluppati diversi ambiti di ricerca e attività di costituzione del testo, interpretazione e commento degli autori classici fece crescere interi generi letterari: la filologia, la grammatica, la lessicografia, la biografia… quella che si può in sentesi definire letteratura erudita, volta ad approfondire con ogni mezzo l’interpretazione dei grandi autori del passato e delle loro opere.

Le opere di esegesi (hupomnemata: commentari che seguivano passo per passo il testo, sungrammata: trattati sui singoli problemi) sono i prodotti tipici dell’età alessandrina insieme con lekdosis l’edizione, produrre una nuova edizione di un testo comportava sia l’opera di correzione di eventuali errori prodotti nella trasmissione del testo sia la scelta fra varianti rivenute in copie diverse (per tali interventi correttivi si usa il termine di diorthosis).

L’edizione alessandrina consisteva nello scrivere una nuova copia con il testo scritto per esteso, poi su una copia vecchia il filologo faceva i suoi interventi testuali, eliminava versi, spostava delle parti o cambiava forme linguistiche.

Le opere dei grammatici di età alessandrina ed imperiale sono per la maggior parte perdute anche se sono state pubblicate raccolte di scoli (commenti scritti dai grammatici a lato delle pagine)

La filologia a Pergamo

A Pergamo non c’era una tradizione come quella alessandrina e non si costituì una scuola ad essa paragonabile per ricchezza e per durata, ma studi di erudizione iniziarono sotto al re Attalo I con Antigone di Caristo, Polemone di Ilio e Demetrio di Scepsi.

Sotto il regno di Eumene si ebbe il periodo più fecondo: Cratere di Mallo filosofo di scuola stoica che trasferì nell’analisi dei testi le sue idee filosofiche, l’antica interpretazione allegorica continua in ambito filosofico ed è adottata dagli stoici per interpretare i miti; questa idea fu rifiutata e criticata dagli alessandrini.

Cratere riprese anche il concetto stoico di “anomalia”, secondo cui nella concezione della lingua alla ratio della normativa analogica si contrapponeva il più libero sviluppo dettato dalla consuetudo; inoltre si occupò anche di teatro di lirica e di Esiodo.

Callimaco

La biografia di Callimaco si ricostruisce con molti dubbi ed incertezze grazie al lessico bizantino della Suda e notizie trovate negli stessi scritti di Callimaco.

Nacque negli ultimi anni del IV secolo a Cirene antica colonia greca sulla costa libica dell’Africa, la famiglia di nobili origini che vantava tra i suoi antenati il fondatore della città di nome Batto. Pur essendo di nobili originala sua famiglia era povera così che Callimaco dovette iniziare a lavorare come maestro elementare ad Alessandria; una svolta decisiva nella sua vita quando entrò in contatto con la corte di Tolomeo II Filadelfo assumendo un incarico interno al museo restandovi anche nella prima parte del regno del suo successore Tolomeo III Evergete ma non ricoprì mai la massima carica. I rapporti del poeta con la corte sono testimoniati dai frequenti riferimenti encomiastici ai sovrani, e dovette godere di un notevole favore alla corte dell’Evergete che sposò Berenice figlia del re di Cirene cosicché la città libica torno sotto il potere tolemaico, questo evento fu per Callimaco molto importante.

La morte è probabile sia sopraggiunta intorno al 240 a. C.

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Opere perdute:

  • Alcune opere a carattere mitologico
  • Il poemetto Ibis pieno di invettive contro un personaggio a noi sconosciuto
  • Scritti di argomento letterario, linguistico, antiquario, storico-geografico
  • I pinakes o tavole in 120 rotoli, era un catalogo del patrimonio librario raccolto nella biblioteca di Alessandria
  • Tavola e rassegna dei produttori teatrali in ordine cronologico e dalle origini

Opere conservate e frammenti

Nell’elenco della Suda mancano tutte le opere che ci sono giunte ovvero gli Inni (6), Aitia, Giambi, Ecale il poemetto mitologico, Gli epigrammi (60).

Per la prima volta l’autore è stato anche l’editore dei suoi testi, filologo di se stesso; Callimaco componeva i suoi testi poetici nel tempo, col verificarsi dell’ispirazione, in un secondo momento li raccoglieva, ordinava e disponeva in libri i componimenti secondo un criterio formale o tematico. L’edizione si apriva con gli Aitia e continuava con le poesie in metri giambi e lirici e con il poemetto Ecale; una traccia concreta dell’intervento editoriale di Callimaco è costituita dall’epilogo degli Aitia con una metafora il poeta dice che sta per passare dalla poesia alata degli Aitia alla poesia pedestre dei Giambi.

Gli Inni e un buon numero di Epigrammi ci sono arrivati tarde raccolte di poesia anche se la maggior parte delle opere callimachee non superò l’età bizantina: la grave lacuna è colmata dalla tradizione indiretta e dai rinvenimenti papiracei.

Gli inni:

La tradizione manoscritta bizantina ci ha conservato 6 Inni dedicati a divinità e feste religiose (inno componimento in esametri la cui caratteristica fondamentale era la lode di una divinità o di un eroe in occasione di una festa religiosa).

I primi quattro inni hanno caratteristiche tradizionali, essendo composti in dialetto epico-ionico e avendo contenuto e struttura cletica (invocazione alla divinità), questi primi quattro inni ruotano attorno alle divinità di Zeus e Apollo ed alle figure umane che a esse si riconnettevano, poeti e re. Questi inni sono:

L’Inno a Zeus: re degli dei simbolo del potere regale, apre la considerazione far rapporto privilegiato fra Zeus e i sovrani giusti e introduce l’elogio di Tolomeo Filadelfo si celebra Apollo attraverso la rievocazione delle sue funzioni tra cui quella di protettore degli arcieri e degli aedi e quella di divinità che presiede alla fondazione di nuove città, in tale contesto si colloca il ricordo della fondazione di Cirene, poi l’inno si conclude con il contrasto fra poesia lunga e poesia breve (testo 7) ad Artemide vi è il racconto mitico degli attributi della dea, sorella di Apollo; il poeta immagina la dea bambina sulle gambe del padre mentre gli chiede di poter assumere gli attributi e gli atteggiamenti divini, e quello stile di vita selvaggio che rimarrà tipico della sua figura è dedicato a Delo e ha come scopo quello di celebrare il culto apollineo praticato nell’isola dell’ego a partire da quando Latona vi partorì i figli, da quel giorno l’isola smise di vagare sul mare. Al centro dell’inno vi è l’encomio a Tolomeo Filadelfo di cui Apollo, dal grembo della madre, profetizza la nascita.

Il quinto e il sesto inno si differenziano per la lingua, qui abbiamo il dialetto dorico, e la struttura, e la metrica, infatti questi due inni sono in distici-elegiaci:

per i lavacri di Pallade racconta del momento professionale in cui la statua di Atena era condotta sulla riva del fiume e qui spogliata lavata e rivestita. l’episodio mitico a cui si rifà l’inno è il bagno della dea fatale a Tiresia che divenne cieco per aver visto involontariamente il corpo nudo della dea, in seguito impietosita dalle preghiere della madre Atena diede a Tiresia il dono profetico. inno a Demetra dedicato ad un particolare momento del culto: la processione che accompagna la dea nel tempio della sacra cesta ricolma delle primizie dei campi; al centro del componimento è l’episodio di Erisittone che ha abbattuto un pioppo a lei sacro e lo condanna a una fame insaziabile.

Gli inni callimachei non hanno in sé l’effetto rituale, essi nascono già come testi di letteratura destinati alla lettura di un pubblico colto, sono testi svincolati dalla concreta e circostanziata occasione di culto che legava gli antichi inni a caratteristiche di struttura e di contenuto. L’atteggiamento innovativo rispetto alla tradizione emerge nella varietà linguistica e nelle innovazioni metriche.

Aitia

Si tratta di una raccolta di elegie composte in epoche diverse, poi collegate e ordinate in quattro libri e pubblicate da Callimaco stesso. Il titolo allude al carattere comune a tutti questi componimenti: mostrare l’origine di feste religiose, miti, culti, istituzioni, città, nomi secondo un gusto al tempo stesso poetico ed erudito. L’interesse eziologico costituiva un aspetto della ricerca alessandrina volta a spiegare le cause di fenomeni culturali e di formazione di tradizioni. Le elegie eziologiche sono state composte in epoche diverse e nell’età avanzata Callimaco ha posto il loro ordinamento editoriale come raccolta organica in vista della pubblicazione, con la divisione in 4libri, l’inserimento delle elegie entro una cornice generale e la composizione di un prologo, e di un esodo.

Le elegie sono contenute all’interno di una cornice rappresentata dall’incontro e dal dialogo del poeta con le muse in sogno egli rivolge alle muse alcune domande e riceve puntuali risposte, le dee personificazione del sapere alludono al patrimonio culturale custodito e studiato ad Alessandria.

Il III e il IV libro degli aitia furono concepiti e ordinati come una coppia relativamente distinta dalla prima, definita da struttura e temi propri, sono rivolti entrambi alla regina Berenice, composti non prima del 246 a. C. e in posizione chiave nella raccolta. L’epinicio a Berenice è giunto a noi assai lacunoso, è in distici elegiaci a differenza della consuetudine, Callimaco ha trasportato il tema dell’epinicio nella forma dell’elegia è uno di quei giochi di raffinata erudizione e di sperimentalismo poetico nella contaminazione dei generi.

L’ultimo aition della raccolta è ancora un omaggio a Berenice il testo è lacunoso ma possiamo integrarlo grazie all’imitazione realizzata dal poeta Catullo.

Giambi

Si tratta di componimenti ispirati all’arcaico stile vivace e aggressivo della poesia di Archiloco e di Ipponatte, Callimaco ne trae ispirazione ma modifica le caratteristiche metriche, formali e di contenuto, adottando una varietà di metri e argomenti ignoti ai giambografi dell’età arcaica.

Si attribuiscono alla raccolta di Callimaco 17 componimenti anche se alcuni studiosi hanno pensato di escludere gli ultimi4 ritenendoli eccessivamente distanti per forma e contenuto per di più il giambo 13 è adatto ad essere tenuto come conclusione poiché contiene come il giambo primo una dichiarazione di poetica. Tuttavia altri studiosi ritengono che tutti i 17componimenti facciano parte della raccolta poiché più si avanza nella raccolta dei giambi più Callimaco si discosta dal giambo arcaico aumentando il livello di novità, ciò spiegherebbe una differenza così grande tra i primi 13 e gli ultimi 4. I carmi 1-10-12-. 13 sono in metri giambici e trocaici, i restanti in metri lirici, alcuni componimenti conservano lo ionico, altri sono scritti in dorico; i temi sono vari vanno da carmi caratterizzati dal tono aggressivo e rivolti ai personaggi del tempo, a carmi che trattano temi abitualmente riservati all’elegia o all’epigramma.

I giambi 1 e 13 contengono dichiarazioni di poetica:

  • 1-dichiara, attraverso la figura ironica di Ipponatte, l’abbandono dei toni aspri e aggressivi propri del giambo arcaico, ed è un sapiente gioco messo in atto dal poeta per esprimere la propria posizione originale.
  • 13-costituisce una riposta di Callimaco a quanti gli rimproverano la varietà di forme, infatti dichiara di aderire alla posizione omerica assimilandone l’arte poetica a una nuova teche: ”nessuno critica l’artigiano se costruisce attrezzi di forma diversa”.

Epigrammi

Nella raccolta epigrammatica dell’antologia palatina sotto il nome di Callimaco sono tramandati 63epigrammi, e qualche altro componimento lo abbiamo da altre fonti. I temi trattati sono quelli usuali del genere: sepolcrali, votivi ed erotici, importanti sono quelli di argomento letterario e in particolare quelli che trattano di questioni poetiche.

Abbiamo letto un epigramma sepolcrale callimacheo in cui fa parlare il padre di sé.

L'Ecale

È un poemetto in esametri di contenuto mitologico, si ricollega alla tradizione epica innovandone però la forma e i contenuti e in particolare dando spazio ad episodi del mito marginali e poco noti.

Trama: Teseo è giunto ad Atene per uccidere il toro che infesta la città e riceve ospitalità nella casa della vecchia e umile Ecale, il giorno successivo sconfigge il toro e torna alla casa per ringraziare la vecchietta, ma la trova morta.

In suo onore allora istituisce un nuovo demo col suo nome e fonda il santuario di Zeus Ecaleio.

Nel poemetto vi è un mutamento del punto di vista, l’eroe Teseo passa in secondo piano e la vera protagonista è Ecale che pur essendo molto umile offre ospitalità all’eroe e muore prima che possa ricevere la sua riconoscenza. L’attenzione si focalizza sull’eroismo semplice e umile della vecchia, questo aspetto è la novità più significativa del componimento.

Rappresenta l’epica secondo il gusto di Callimaco, priva di connotati eroici e elementi caratteristici dell’epos tradizionale; piuttosto è orientata sull’elegia eziologica.

Nel poemetto vi sono anche lunghe descrizioni realistiche del mondo contadino emblema della fusione di elementi epici ed elegiaci .

La poetica callimachea

  1. La consapevolezza di essere artefice di scelte individuali che più si allontanano dalla poetica tradizionale, più hanno valore e uno dei capisaldi di questa poetica è l’avversione per la composizione in versi di lungo respiro e la preferenza di una poesia breve e leggera stilisticamente.
  2. Suo modello è Esiodo poiché è il primo artefice di una poesia veridica, ispirata cioè alla verità di contenuti, in contrapposizione implicita ad Omero.
  3. Un requisito fondamentale per Callimaco è l’aristocratica esclusività della poesia, egli dichiara di non amare la poesia che va incontro al facile gusto delle masse, il carattere dotto ed erudito costituisce da sé l’aspetto elitario.
  4. Callimaco inoltre rivendica la libertà di praticare forme diverse di poesia seguendo la sua personale creatività, vede nel suo prodotto poetico di un’arte dotata di regole e caratteristiche proprie.
  5. il gusto eziologico è un tratto della sua poetica: componimenti eziologico compaiono negli Aition nei Giambi, negli Inni e nell’Ecale

Lingua e stile

La lingua poetica callimachea corre nel solco della tradizione omerica ma con copiosi ed evidenti elementi innovativi: il suo esametro comporta nuove regole e maggiori rigidezze rispetto a quello omerico, nella lingua Callimaco aggiunge con gusto sperimentale forme della koinè e nei Giambi anche elementi dialettali.

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