La quiete dopo la tempesta e Il sabato del villaggio di Leopardi: confronto

Giacomo Leopardi: La quiete dopo la tempesta e Il sabato del villaggio: confronto tra le due poesie dell'autore di recanati

La quiete dopo la tempesta e Il sabato del villaggio di Leopardi: confronto
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LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA

La quiete dopo la tempesta e Il sabato del villaggio sono due poesie di Giacomo Leopardi
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La quiete dopo la tempesta e Il sabato del villaggio sono due famose poesie di Giacomo Leopardi. ma quali sono le loro caratteristiche? Quali le somiglianze e quali le differenze?

La quiete dopo la tempesta si apre con la descrizione della vita del borgo che dopo un forte temporale torna alle semplici attività quotidiane. Alle limpide e fresche immagini iniziali, segue una successione di interrogative che traduce la vitalità e la gioia appena rappresentate in un’amara riflessione sulla condizione umana.

La poesia è nettamente divisa in due parti: la prima descrittiva e idillica, la seconda riflessiva. La descrizione iniziale offre una serie di aspetti del piccolo mondo del villaggio: è un paesaggio tutto costruito sulla suggestione dei suoni che giungono da lontano e dalla vastità spaziale indeterminata. La descrizione quindi è interamente ispirata alla poetica del “vago e indefinito”. Il che significa che non si tratta di una scena oggettiva, ma tutta interiorizzata, filtrata e trasfigurata dall’immaginazione soggettiva, dalla “doppia visione”.

La seconda parte è filosofica: il concetto centrale è che il piacere è “figlio d’affanno”, nasce dalla cessazione di un dolore o di un timore. È un concetto che Leopardi aveva già affermato nello Zibaldone; ma mentre allora riteneva i mali “Necessari alla stessa felicità” e pensava ce divenissero sostanzialmente dei “beni” ora la natura gli appare nemica, e anche il piacere è ormai considerato “vano”, inesistente.

Il piacere provato dagli abitanti del villaggio deriva dal fatto che sono usciti dall’affanno provocato dalla tempesta; l’unico vero piacere per l’uomo consiste nel liberarsi da uno stato doloroso.

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La poesia, come già in A Silvia, si fonda sull’opposizione illusione/consapevolezza del “vero” e dalla gioia/contemplazione del dolore e del nulla. La poesia è fortemente unitaria, e le due parti sono indistinguibili: il senso profondo del testo è proprio nell’adesione al fervore di vita. È il ritmo generale dell’ispirazione leopardiana: e ciascuno dei due poli è necessario. Questo ritmo oppositivo si manifesta anche nella scrittura stilistica.

La prima parte della poesia presenta movimenti sintattici limpidi e scorrevoli, fatti di frasi brevi e piane. La seconda parte è invece più tesa e drammatica . Lo stesso andamento si ha sul piano metrico: nella prima parte si crea una trama musicale di rime e di assonanze ( “vale” e “appare”), il carattere musicale è ulteriormente accentuato dal ricorrere della rima al mezzo (tempesta – festa).

IL SABATO DEL VILLAGGIO

Il sabato è il momento dell’attesa, dell’euforia dei giovani. Inserito nella poetica di Leopardi è la rappresentazione della disvelazione del vero. “La gioventù è il luogo corso alla speme”, il sabato è l’attesa del “dì di festa” , essa è l’età adulta nella quale si dovrebbe privilegiare la ragione.

Questo canto forma con la “Quiete dopo la tempesta” un dittico: ha la stessa struttura, prima una parte descrittiva poi una riflessiva, inoltre, nematicamente appare complementare alla Quiete: la il piacere era visto come cessazione di un dolore, qui come attesa di un godimento futuro, come speranza.

Il quadro paesano si apre con due figure femminili contrapposte, la donzelletta che immagina la gioia del giorno festivo a venire e la vecchierella che ricorda la gioia della sua giovinezza. Le due figure rappresentano emblematicamente la speranza giovanile e la memoria. La speranza e la giovinezza si collegano col tema della festa e della primavera. Speranza giovanile e primavera si concretano poi nel simbolo del “mazzolin di rose e viole”; ad esso oppone il “fascio dell’erbe”, che rappresenta al contrario la realtà quotidiana, col suo peso di fatiche.

Pascoli, in un saggio del 1896, “Il sabato” ha deprecato il fatto che Leopardi unisca rose e viole nello stesso mazzo, “rose di maggio e viole di marzo” e ne ha tratto spunto per polemizzare contro la genericità propria di tutta la tradizione poetica italiana. Ma in realtà Leopardi mira ad ottenere quel “vago e indefinito” che allontana “l’arido vero” e garantisce la poeticità.

Anche il filtro letterario ha la funzione di trasfigurare immaginosamente la realtà. Esso, non possiede nulla di bozzettistico proprio perché su molti suoi elementi agisce il filtro letterario che li allontana trasformandoli in realtà dell’immaginazione e del ricordo. La donzelletta rimanda a tutta una serie letteraria di figure femminili che si ornano di ghirlande di fiori come la Matelda di Dante; le ombre che si allungano dai colli e dai tetti rimandano Petrarca che a sua volta rinvia Virgilio.

La trama dei rimandi letterari non è solo elemento erudito, ma testimonia quella “doppia visione” delle cose che sono colte nella loro oggettività, ma sempre filtrate attraverso l’immaginazione e la memoria. A togliere oggettività realistica contribuisce anche il quadro di vita paesana, è tutto costellato da quelle immagini vaghe e indefinite che sono predilette dal poeta. “dalla campagna” suscita subito al primo verso l’impressione di una vastità spaziale indeterminata, così è successivamente per lo sfondo su cui è collocata la vecchierella, “incontro là dove si perde il giorno”, ancora il gioco di luce e ombra creato dalla luna nascente.

La vecchierella siede: sono verbi della riflessione poetica, siede e riflette sul senso della vita.

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