Riassunto della critica di Giovanni Pascoli

Riassunto del pensiero dei più famosi critici di Pascoli: da D'Annunzio a Pasolini (1 pagine formato doc)

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Riassunto della critica pascoliana Riassunto della critica pascoliana Tra gli scrittori contemporanei dal Pascoli è da ricordare Gabriele D'annunzio che leggendo per la prima volta la raccolta delle Myricae espresse un parere positivo, tuttavia commise l'errore di soffermarsi ad un giudizio troppo superficiale ovvero di limitarsi a considerarle solo come una raccolta una serie di quadretti oggettivi di natura, in cui mancava il “mistero”.
Nella prima metà del Novecento Benedetto Croce definisce lo scrittore come un “piccolo-grande poeta”, infatti, considerando il suo gusto poetico sostanzialmente classico,secondo cui la poesia deve essere organicità, armonia, ispirazione, di fronte ad una composizione tormentata e frantumata, qual è quella del Pascoli, il giudizio non poté che essere negativo. Inoltre, oltre a questi motivi di carattere formale se ne sovrappongono altri morali: Croce ripudia quella che egli chiama la “malattia” romantico-decadente, per questo un poeta morboso, con i suoi languori ed abbandoni, col suo vago misticismo, non poté che incontrare il suo fermo ripudio.
Differentemente che per D'Annunzio l'opinione di Croce non monopolizza la critica contemporanea, infatti, ad esempio, Emilio Cecchi apprezza la poesia di Myricae riconoscendone la natura per nulla idillica e il senso di mistero, tuttavia esprime perplessità dinanzi ai Poemetti, in cui gli sembra che la realtà sia rappresentata in modo oscillante e incoerente. Cecchi giunge a cogliere il carattere visionario e onirico della poesia pascoliana, tuttavia ha ancora una visione classica, ottocentesca, che gli impedisce di capirne il vero senso e la straordinaria novità. Obbiettivo raggiunto nel corso degli anni Venti-Trenta quando Walter Binni, nel suo saggio “La poetica del Decadentismo italiano” colloca, per la prima volta, l'opera pascoliana entro le coordinate del Decadentismo, sottolineandone il carattere nuovo, “indigeno” estraneo a qualsiasi modello europeo, derivante esclusivamente dalla sola originaria sensibilità del poeta. Nel secondo dopoguerra i critici mettono a fuoco soprattutto il carattere innovatore della sua poesia in particolare per quanto riguarda l'aspetto della lingua;le varie posizioni si possono sintetizzate nella frase di Pier Paolo Pisolini :“la lingua poetica di questo secolo è tutta uscita dalla sua, pur contraddittoria e involuta, elaborazione”. Gianfranco Contini la definisce una lingua “pregrammaticale” a causa delle ripetute onomatopee, ma allo stesso tempo “postgrammaticale”, per la presenza di lingua speciali, miscugli di termini inglesi italiani dialettali, termini tecnici, residui arcaici; un linguaggio, quindi, eccezionale che porta alla modifica del rapporto tra io e mondo,non esiste più una visione chiara e precisa dell'universo, ma una critica, cadono cosi tutta le certezze fondate sulla logica che erano alla base della letteratura ottocente