Comuni e impero: scontro

Comuni e impero: scontro fra le due potenze. Riassunto degli eventi: la lotta fra comuni e impero, Federico Barbarossa e Federico II di Svevia

Comuni e impero: scontro
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Scontro fra Comuni e Impero

Federico Barbarossa
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Mentre in Italia e nell’Europa centro-settentrionale sorgevano e si affermavano i Comuni, in Germania, dopo l’estinzione della casa di Franconia con la morte di Enrico V nel 1125 (che aveva stipulato il Concordato di Worms), si scatenò una lotta per la successione al trono che durò quasi 30 anni.

I feudatari tedeschi, che dovevano eleggere l’imperatore, si divisero in due fazioni:

  • I Guelfi, sostenitori della casa di Baviera e favorevoli ad una politica di compromesso con la Chiesa di Roma;
  • I Ghibellini, sostenitori della casa di Svevia e intransigenti verso la Chiesa di Roma.

La guerra civile terminò nel 1152 con un compromesso: l’elezione di Federico I detto il Barbarossa, svevo di origine ma di madre bavarese.

Durante questi 30 anni di guerra civile, l’Italia fu praticamente abbandonata a se stessa: nel settentrione i Comuni si dilaniavano in lotte fratricide, mentre nel meridione si era andato costituendo il regno Normanno, completamente svincolato da ogni rapporto di subordinazione all’impero.

Federico Barbarossa

La politica di questo sovrano fu indirizzata a ristabilire il potere imperiale indebolito dal Concordato di Worms e dallo sviluppo dei Comuni.

I suoi obiettivi pertanto furono:

  1. Consolidare il potere in Germania ponendo fine alla lotta tra Guelfi e Ghibellini
  2. Riappropriarsi dell’investitura feudale dei vescovi-conti e quindi ristabilire la supremazia dell’Impero sulla Chiesa
  3. Affermare l’autorità imperiale sui Comuni, togliendo loro l’autonomia che avevano conquistato
  4. Conquistare l’Italia meridionale

Quando egli sistemò le cose in Germania tra Guelfi e Ghibellini, l’Italia divenne il suo obiettivo principale e vi discese più volte alla testa di imponenti eserciti. Gli interventi di Federico I in Italia riaccesero quindi l’antica ostilità fra Impero e Papato

Federico Barbarossa in Italia

Prima discesa (1154-1155)

Fu favorita dai contrasti nati fra i Comuni dell’Italia settentrionale in seguito alla politica espansionistica di Milano che voleva controllare gran parte del territorio Lombardo.

Federico indossò a Pavia la corona di re d’Italia e poi distrusse alcune città che gli si erano dimostrate ostili.

Poi diresse verso Roma, chiamato dallo stesso pontefice per eliminare Arnaldo da Brescia, un religioso che, denunciando la corruzione della curia pontificia, aveva favorito l’istituzione, a Roma, di un libero Comune a carattere repubblicano. Federico lo catturò e lo condannò a morte come eretico, ottenendo dal Papa la corona imperiale a San Pietro.

Seconda discesa (1158-1162)

L’intervento fu provocato dalla politica di Milano, che voleva difendere le libertà comunali dalle interferenze dell’imperatore e voleva sempre espandersi nel territorio lombardo.

L’imperatore riuscì a piegare la resistenza dei milanesi costringendoli ad un giuramento di fedeltà, quindi riunì a una Dieta a Roncaglia, cioè una assemblea dei maggiori feudatari, dove solennemente venne rivendicata all’impero la legittimità degli interventi nella vita interna dei Comuni.

Dopo la Dieta Federico volle costringere i Comuni ad accogliere i Consoli di nomina imperiale ma i Comuni si ribellarono e l’imperatore distrusse Crema ed espugnò, dopo due anni di assedio, Milano che fece incendiare e radere al suolo.

Consolidato il proprio potere sui Comuni, il Barbarossa dovette però affrontare l’ostilità del Papato che, alleatosi nel frattempo con i Normanni, aveva cambiato la sua posizione favorevole all’imperatore. Il papa Alessandro III arrivò anche a scomunicarlo, dando vita ad una coalizione di tutti i suoi nemici.

Terza discesa (1163-1164)

Nella terza discesa il Barbarossa esigeva di ricevere l’omaggio dei Comuni e dei feudatari ma i Comuni del Veneto resistettero. L’imperatore, che non era venuto preparato ad una guerra, ritornò per il momento in Germania.

Quarta discesa (1166-1168)

Nella quarta discesa i Comuni si allearono nella Lega Lombarda (Giuramento di Pontida, 1167), che ricostruì Milano e fondò la città fortificata di Alessandria in onore di Alessandro III che aveva favorito la resistenza dei Comuni. Allora Federico Barbarossa marciò contro Roma per insediarvi un antipapa ma una pestilenza improvvisa nel suo esercito lo costrinse al ritorno in Germania.

Quinta discesa (1174-1177)

Dopo sei anni, il Barbarossa ritornò in Italia deciso a domare per sempre la ribellione di Comuni: dopo un vano assedio ad Alessandria, si arrivò alla decisiva battaglia di Legnano nel 1176, dove le città della Lega Lombarda, guidate da Alberto da Giussano, sconfissero il Barbarossa. L’imperatore stesso scampò alla morte per poco.

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La pace di Costanza e l’acquisizione del regno di Sicilia

La lotta dell’imperatore e i Comuni si concluse con la pace di Costanza nel 1183, dove si stabilì quanto segue:

  1. L’imperatore riconosceva i diritti e i privilegi comunali: disporre di proprie milizie, eleggere i propri consoli, unirsi in leghe, battere moneta, riscuotere tasse ed esercitare giustizia
  2. I comuni riconoscevano la sovranità imperiale, si impegnavano a versare all’imperatore un canone annuo, a rinnovare ogni 10 anni il giuramento di fedeltà e a rimmetersi al suo arbitrato in caso di contese

Nessuna delle due forze poté così vantare una vittoria completa.

Uno degli obiettivi di Federico Barbarossa era sempre stato l’occupazione dell’Italia meridionale, come abbiamo precedentemente detto. A tal fine egli fece sposare suo figlio Enrico VI con l’erede al trono Normanno, Costanza D’Altavilla nel 1186.

Il Barbarossa poi morì nel 1190, mentre partecipava alla III Crociata e suo figlio Enrico VI, quindi, ereditò il titolo di Imperatore, Re d’Italia e Re di Sicilia. Il regno però fu breve perché sette anni dopo egli morì precocemente (e 1 anno dopo anche la moglie Costanza) e l’erede al trono, Federico II di Svevia che aveva solo quattro anni fu affidato alla tutela del papa Innocenzo III.

Federico II di Svevia

Federico II di Svevia
Fonte: istock

Federico II fu allevato dal papa Innocenzo III. Egli fu un sovrano di eccezionali doti politiche e uomo di grande levatura intellettuale. Egli stesso era poeta e studioso.

Trasferì la capitale dell’impero a Palermo cercando di instaurare una monarchia assoluta fortemente centralizzata. Nonostante l’assolutismo, il suo governo fu estremamente liberale: egli dimostrò tolleranza verso le minoranze arabe, lasciò a tutti libertà di culto, di opinioni e di iniziativa economica.

Impegnato a rinnovare il regno di Sicilia, trascurò la Germania, che rimase in mano alle forze feudali, profondamente divise e perpetuamente in lotta tra loro

La sua concezione politica su base assolutistica provocò le reazioni ostili dei Comuni e del Papato. Infatti tutto il periodo del suo regno fu contraddistinto dallo scontro col Papa dal quale fu scomunicato per ben due volte.

La prima scomunica fu dovuta la fatto che il sovrano, impegnato in una crociata, preferì trattare con i musulmani per il recupero di Gerusalemme. Infatti il sultano d’Egitto concedette Gerusalemme per 10 anni.

La seconda scomunica fu dovuta alla pretesa di Federico di cancellare le libertà comunali. Il Papa si alleò con i Comuni (organizzati in una seconda lega lombarda) ma le truppe dell’imperatore vinsero. Nonostante ciò le città del Nord non si piegarono, anzi i Comuni riuscirono ad aver ragione dell’imperatore distruggendogli l’esercito sotto le mura di Parma e catturando, in seguito, il figlio Enzo che i bolognesi tennero prigionieri fino alla morte.

La lotta ebbe quindi esito negativo per l’imperatore che, vinto e sfiduciato, morì in Puglia nel 1250.

Fine della dinastia Sveva in Italia

A Federico successe il figlio Corrado IV di Svevia, che morì dopo soli 4 anni di regno, lasciando come erede il figlio Corradino di soli 4 anni. La reggenza fu assunta allora da Manfredi, figlio naturale (cioè nato fuori dal matrimonio) di Federico II. Questi proseguì la politica paterna contro i Comuni e il Papato intervenendo:

  1. A favore dei ghibellini toscani (che erano contro la Chiesa di Roma) e della città di Siena contra la guelfa Firenze. Firenze fu sconfitta nella battaglia di Montaperti.
  2. In appoggio a correnti antipapali nella stessa Roma

Il papa Clemente IV, allora, preoccupato per le vittorie di Manfredi, chiamò in aiuto dalla Francia Carlo D’Angiò, fratello del re di Francia, offrendogli l’investitura del regno di Sicilia.

Con l’appoggio dei guelfi senesi e fiorentini Carlo D’Angiò scese in Italia nel 1266 e sconfisse a Benevento Manfredi, che morì in battaglia.

Anche il ritorno di Corradino (ormai 18enne) che tentò di riappropriarsi del potere fu inutile. Egli fu sconfitto a Tagliacozzo nel 1268, catturato e condannato a morte.

Nell’Italia meridionale si venne così affermando il potere angioino.

Lo scontro fra Angioini e Aragonesi

Gli angioini, insediatisi nell’Italia meridionale, imposero pesanti tasse e sottoposero la popolazione ad una dura repressione.

Quando gli angioini decisero di spostare la capitale a Napoli, il malcontento esplose a Palermo. Un incidente, l’oltraggio di un soldato francese ad una donna, diede il via alla sollevazione; la città insorse e la rivolta si propagò. Ebbe inizio così la guerra dei Vespri Siciliani, che portò alla cacciata dei francesi dall’isola. (Vespri perché la rivolta scoppiò in occasione della preghiera del tramonto davanti ad una chiesa a Palermo).

Alla guerra prese parte Pietro D’Aragona, che vantava diritti dinastici sul regno di Napoli, avendo sposato la figlia di Manfredi.

La guerra durò 20 anni, fino al 1302, quando con la pace di Caltabellotta, si stabilì che la Sicilia sarebbe passata agli Aragonesi mentre il regno di Napoli sarebbe rimasto agli Angioini.

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