"Le cose dell'amore" di Umberto Galimberti

Scheda del libro Le cose dell'amore dell'autore Umberto Galimberti (5 pagine formato doc)

Appunto di speranza89
Paladino Patrizia 3^A Paladino Patrizia 3^A SCHEDA LIBRO Autore: Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, è stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia.
Dal 1999 è professore ordinario all'università Ca' Foscari di Venezia, titolare della cattedra di Filosofia della Storia. Titolo opera: Le cose dell'amore. Il libro è di: saggistica, cioè appartiene al genere letterario dei saggi. Sommario: A) Riassunto per capitoli: I CAPITOLO “Amore e trascendenza”: La metafora di Dio è sempre stata collegata alla metafora dell'amore, nel senso che senza la presenza della trascendenza, cioè che è al di là dei limiti di ogni conoscenza possibile e quindi superiore alla ragione umana, l'amore perde la sua forza e la sua capacità di leggere il mondo. Rimane un enigma dove l'amore vede in Dio la sua trascendenza, e Dio vede nell'amore la sua natura,e questo intreccio non presenta sentimentalismi ma solo il nesso tra amore e trascendenza.
II CAPITOLO “Amore e sacralità”: La sacralità è dovuta dal desiderio dell'uomo di immortalità e quindi dal desiderio di conservare la sopravvivenza dell'individuo e della totalità dell'essere. Oltre al sacrificio, un altro modo di sperimentare la morte della propria individualità è l'orgasmo, l'apice della vita sessuale, durante il quale l'Io e il Tu si dissolvono, e ciò è reso possibile dalla fiducia reciproca. III CAPITOLO “Amore e sessualità”: Il sesso non è qualcosa di cui l'Io dispone, ma è qualcosa che dispone l'Io, aprendolo così alla crisi. Nella sessualità, la meta non è il godimento dell'Io, ma il suo perdersi negli abissi dell'anima, i quali si pensa siano rimasti disabitati, e che invece possono riapparire durante quel rinnovamento della vita a cui l'Io cede ogni volta che ha un rapporto sessuale e quindi nesso con l'altra parte di sé. IV CAPITOLO “Amore e perversione”: La perversione è sempre stata giudicata negativamente, perché concepita come sinonimo di devianza, degrado, ribrezzo e ripugnanza. Il perverso non cerca la trasgressione, ma la sua aspirazione è di raggiungere uno stato dove è soppressa ogni nozione di organizzazione, struttura, separazione e dl'universo di differenze da cui prende avvio ogni principio d'ordine. Il godimento del perverso non deriva dalla sessualità, ma dalla sessualità portata a quel limite oltre il quale c'è l'incontro con la morte. V CAPITOLO “Amore e solitudine”: La mitologia greca aveva divinizzato la masturbazione, perché era espressione di autosufficienza e indipendenza dagli altri. Ma questo atto venne condannato, nell'età dei Lumi, dalla scienza medica e dall'economia: la prima sosteneva che essa provocava malattie, mentre la seconda affermava che era uno spreco. Osservando invece il fenomeno della masturbazione da un'ottica diversa da queste due discipline, questo “vizio dell'adolescente” non appare come un qualcosa da combattere