Fortuna e ingegno nel Decameron di Giovanni Boccaccio

Fortuna e ingegno in Giovanni Boccaccio. Come Boccaccio spiega la realtà attraverso i valori umani e racconta la classe mercantile della sua epoca

Fortuna e ingegno nel Decameron di Giovanni Boccaccio
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GIOVANNI BOCCACCIO, DECAMERON

I protagonisti del Decameron di Boccaccio
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Con il suo Decameron sembra che Giovanni Boccaccio sia deciso a spiegare la realtà attraverso valori umani, terreni. Per questa ragione, probabilmente, ha senso metterlo in contrapposizione alla Divina Commedia di Dante Alighieri.

In Boccaccio la fortuna è un elemento molto presente, che tuttavia rimanda a qualcosa di casuale, che sfugge a qualsiasi predestinazione. Di contro, la provvidenza è la volontà di Dio che si realizza nella storia attraverso il suo disegno.

La rappresentazione del tessuto sociale in Boccaccio è varia ed esauriente: sono presentate quasi tutte le classi sociali di un'epoca, principalmente quella mercantile. Nelle cento novelle di cui si compone il testo si rispecchia l'intera società medievale tra '200 e '300. Per Boccaccio le diseguaglianze sociali possono essere superate grazie all’esercizio dell’intelligenza e delle capacità personali: l'ingegno non è altro che la capacità di destreggiarsi nelle situazioni.

Tutti i personaggi, anche quelli di estrazione sociale più bassa, possono riscattare se stessi con l’esercizio della virtù. La virtù che Boccaccio ha in mente può essere la magnanimità, ma più frequentemente è la ragione o l’intelligenza.

La capacità di risolvere positivamente situazioni complesse è chiamata da Boccaccio industria.

Il tema dell’avventura viene incontro alle aspettative ludiche della brigata e delle lettrici, ma lo spirito avventuroso è anche tipico della mentalità borghese e mercantile. I mercanti viaggiano, entrando in contatto con nuove situazioni e nuovi orizzonti culturali. Mettono alla prova la propria tenacia, la capacità di saper viaggiare, il coraggio e la forza nel solcare i marie nell’affrontare prodigiose avventure.

Boccaccio mette al centro della narrazione proprio loro: i mercanti. Tuttavia non li idealizza, anzi, ne mette in risalto gli aspetti positivi e negativi: intende rappresentare tutti gli aspetti della realtà.

LA BEFFA IN BOCCACCIO

La beffa è per Boccaccio un’efficace modello di affermazione personale all’interno della società borghese mercantile del '300, i i cui fondamenti sono l’individualismo e la competitività spregiudicata: per quetso la prima novella del Decameron è proprio una novella di beffa.

Oltre all’intelligenza, l’esperienza e l’intraprendenza, serve anche la parola, perché la comunicazione diventa la relazione fondamentale della convivenza cittadina. Il meccanismo della beffa comporta soprattutto la manipolazione della volontà dell’oppositore-competitore: occorrono quindi l’ingegno e l’arte della parola per ordire la strategia dell’inganno.

Nella beffa i fatti sono manovrati verbalmente con tale abilità che la realtà viene sovvertita, il falso è scambiato per vero e l’antagonista, disorientato, vede le cose diversamente da come appaiono, diventandone così vittima.

La beffa risulta, oltre che mezzo di affermazione, anche un criterio di classificazione degli individui e di messa a nudo dei dislivelli intellettuali tra i vincenti e i perdenti. Proprio per questo, accanto alle beffe utilitaristiche o pratiche (la moglie che deve nascondere un adulterio, ad esempio), sono frequenti le beffe gratuite, senza scopo se non la soddisfazione di avere la meglio sull’altro (ne è un esempio la novella di Bruno, Buffalmacco e Calandrino).

La beffa è l’importante verifica-confronto della propria superiorità intellettuale e verbale. In questa tipologia di beffa il mezzo (ingegno-parola) prevale decisamente sul fine. Anche questa è una delle strade per cui ci si avvia all’idea dell’uomo come artefice del proprio destino, e all’antropocentrismo rinascimentale.

SER CIAPPELLETTO

Ser Ciappelletto era noto per essere senza scrupoli, pronto a ingannare per ottenere ciò che desiderava. Un giorno un mercante lo manda in Francia per riscuotere dei crediti: durante il viaggio si ammala e prima di morire vuole confessarsi, ma solo per prendersi gioco del suo confessore e dell’intera umanità.

Con grande abilità riesce a far credere di essere stato un uomo ricco di nobiltà e di virtù, al punto che il confessore lo ritiene degno d'essere santificato, cosa che puntualmente accade.

CALANDRINO

Calandrino è uno dei personaggi che all'interno del Decameron subisce più volte beffe dai suoi compagni. Uno degli esempi viene da Calandrino e l'elitropia. L'elitropia è una pietra che dovrebbe rendere invisibile chi la possiede. Bruno, Buffalmacco e Calandrino vanno alla ricerca della pietra: la beffa inizia quando i due fanno credere a Calandrino di essere diventato invisibile.

In un'altra novella, i due fanno invece credere a calandrino di essere rimasto incinto.

Calandrino è in entrambi i casi lo sciocco che subisce la beffa: goffo, ignorante, è la vittima ideale di ogni scherzo, persino il più crudele.

IL PODCAST SUL DECAMERON

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