Tema svolto su Pirandello
La concezione pirandelliana della vita e la critica dell’identità individuale. Tema svolto su Pirandello.
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TEMA SVOLTO SU PIRANDELLO
La traccia del tema su Pirandello: La concezione pirandelliana della vita, la critica dell’identità individuale e i cambiamenti dal realismo al decadentismo. Svolgimento. L’attività più intensa di Luigi Pirandello si svolse in un momento particolarmente tormentato della nostra storia e cioè nel primo trentennio del Novecento. Sono gli anni in cui si prepara la prima guerra mondiale, gli anni in cui si vive la grande tragedia europea e quelli che ad essa immediatamente seguono. Fu un periodo assai confuso ed agitato non soltanto sotto l’aspetto politico e sociale, ma anche sotto quello letterario.
Già negli ultimi anni dell’Ottocento, nella letteratura e nel teatro, si cominciò ad avvertire un senso di stanchezza e di amara delusione, che rispecchiava la situazione psicologica in cui si trovava la società borghese post risorgimentale. Nuovi e più inquietanti problemi si affacciavano nell’animo dell’uomo moderno in una continua oscillazione di scetticismo e di speranza. Al positivismo, che aveva esaltato l’intelletto umano come capace di costruire un nuovo mondo di felicità e di grande progresso, subentra il decadentismo con la sua ansia metafisica, con il gusto dell’ignoto e dell’inconscio, con le sue incertezze e le sue contraddizioni.
In un mondo dove tutto è messo in discussione l’uomo si ritrova solo e deluso, senza fede e senza speranza, dopo che tutti i sogni di rinnovamento sociale e di progresso civile sono svaniti e le ingiustizie sembrano essere cresciute piuttosto che diminuite. Anche la letteratura subisce un profondo mutamento. In particolare il romanzo dalla rappresentazione della realtà sensibile e dell’ambiente sociale entro cui l’individuo si muove, diventa sempre più ritratto, documento, analisi interiore, tentativo di scrutare i recessi più segreti della coscienza, di mettere in luce la crisi dell’uomo contemporaneo, la sua inquietudine, l’angoscia esistenziale, la solitudine, l’alienazione, a cui necessariamente va incontro di fronte alla coscienza del proprio fallimento e della propria inettitudine a vivere.
Si abbandonano i canoni del naturalismo e del verismo, per puntare su una indagine psicologica sempre più approfondita della crisi esistenziale in cui versa l’uomo moderno. Segno evidente che la crisi dal piano storico si è spostata al piano esistenziale. L’uomo si sente infelici non per il fatto di vivere in una società, le cui strutture sono ingiuste ed oppressive, ma per il fatto stesso di vivere, di essere uomo.
I due maggiori interpreti di questa nuova sensibilità decadente sono in Italia, Italo Svevo e Luigi Pirandello. Tutta l’opera di Luigi Pirandello, dalle novelle ai drammi e ai romanzi, è concentrata nella rappresentazione del contrasto esistente nell’individuo tra quello che egli è e quello che vorrebbe essere o, come dice lo stesso Pirandello, tra la maschera ed il volto. L’uomo crede di essere uno e inutilmente pretende che gli altri lo giudichino per quello che crede di essere; gli altri ci giudicano secondo la loro opinione, che è diversa da persona a persona, per cui diventiamo centomila; ma siccome non possiamo riconoscerci in nessuna di quelle maschere che gli altri ci impongono, finiamo per essere nessuno.
La nostra personalità resta soffocata sul nascere, perché la società ci coarta con i suoi pregiudizi e le sue consuetudini, che finiscono per inaridire lo slancio vitale e per fare di noi delle personalità schematizzate, senza volto. Così conformato, l’uomo non ha neppure la possibilità di conoscere se stesso: spesso infatti nell’agire si sente mosso da forze misteriose, incontrollate, che provengono dal suo subconscio; è la vita che pulsa e ribolle sotto la maschera nel tentativo di erompere. “ciò che conosciamo di noi stessi – scrive Pirandello – non è che una parte di quello che noi siamo. E tante e tante cose, in certi momenti eccezionali, noi sorprendiamo in noi stessi, percezioni, ragionamenti, stati di coscienza, che sono veramente oltre i limiti relativi della nostra esistenza normale e cosciente”.
Il dramma dell’individuo nasce proprio nel momento in cui egli si rende conto di vivere una vita che non è la sua e passa dal semplice vivere al vedersi vivere. Da questa situazione dolorosa dell’individuo, che inutilmente tenta di infrangere la maschera per scoprire la sua vera identità, di passare dall’ignoto al noto, dal subconscio al conscio, nascono le situazioni strane, assurde, paradossali che si incontrano negli scritti di Pirandello. L’impossibilità di fissare una verità assoluta conduce l’uomo ad annaspare nel buio del mistero che l’avvolge, senza possibilità di raggiungere alcuna certezza. Nasce così l’incomprensione fra noi e coloro che ci stanno intorno, perché ognuno parla un linguaggio diverso da quello degli altri, per cui è impossibile stabilire un colloquio. Incomunicabilità, solitudine, incomprensione, aridità interiore, sdoppiamento di personalità sono i caratteri comuni a quasi tutti i personaggi di Pirandello. Da qui il tono di desolata tristezza, di amaro sentimenti della vita, di feroce irrisione, di dissacrante ironia che troviamo in tante pagine di Pirandello: nelle novelle, nei romanzi e nei numerosi drammi.
Questa posizione di disgusto e di disprezzo del mondo e della vita porterebbe irrimediabilmente alla follia o al suicidio, se l’uomo non tentasse in qualche modo di reagire, di trovare una soluzione agli inquietanti interrogativi che la vita gli pone. E’ ciò che tenta Pirandello negli ultimi lavori, dopo il 1930, quando una nuova disposizione d’animo lo spinse a riaccostarsi a quei miti, che egli stesso aveva distrutto con il suo sottile filosofare. Infatti vediamo il ritorno del mito della fede in Lazzaro, a quello della famiglia in La nuova colonia e a quello dell’arte ne I giganti della montagna, l’ultimo dramma rimasto incompiuto.
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