Il poema eroico secondo Tasso: i discorsi dell’arte poetica.

Dalla corte-festa alla corte prigione: l’avventura esistenziale di Tasso nel tempo della Controriforma.La poetica; lo studio della Gerusalemme liberata; T versus Ariosto (5 pagine formato doc)

Appunto di sirenettina87
Untitled a) Il poema eroico secondo Tasso: i discorsi dell'arte poetica.
Negli anni in cui in cui scrive la Gerusalemme Liberata , Tasso comincia a meditare e ad elaborare attente riflessioni sul poema epico ma in generale proprio sul fare poesia nelle lettre “poetiche” che scrive. A Padova Tasso prende parte alle lezioni sulla «Poetica» di Aristotele tenute da Siconio e, venendone particolarmente influenzato, elabora i Discorsi dell'arte poetica (1561-1562) e, solo dopo la rivisitazione e la pubblicazione della Liberata, riprende i Discorsi rimaneggiandoli e ampliandoli e li pubblicò nel 1594 come Discorsi del poema eroico. In realtà, a parte la maggior ampiezza, le tesi di fondo restano immutate.
Lo studio della Poetica aristotelica permette a Tasso l'elaborazione di una vera e propria “scienza” dell'arte letteraria, ponendosi l'obbiettivo di conciliare la retorica della tradizione precedente con la poetica aristotelica. Tasso, dunque, nei Discorsi si preoccupa di delineare l'immagine di un poema «eroico» che da un lato si conformi alla precettistica del tempo (insieme di regole fissate da Bembo) e dall'altro lato si discosti dal modello del poema di Ariosto. Tasso afferma che, mentre la storiografia tratta del VERO, quindi di ciò che è realmente accaduto, la poesia deve trattare del VERISIMILE, ovvero di ciòche sarebbe potuto avvenire ma senza essere realmente accaduto. Il poema che si accingerà a scrivere per poter dunque rispondere al principio della verosimiglianza deve collocare il suo argomento né troppo lontano né troppo vicino nel tempo così da lasciare al suo autore un margine di finzione e al contempo deve avere un fondamento storico così da dare importanza a ciò che viene narrato, ma senza trattare una fonte troppo remota che risulterebbe completamente estranea al lettore. Accanto a questi precetti, le teorie del tempo assegnavano alla poesia compiti morali e pedagogici. Tasso, nonostante applichi al suo poema questi due compiti, riconosce che la poesia non può prescindere dal diletto. Un diletto però finalizzato al giovamento, poiché egli riteneva che la bellezza poetica doveva rendere gradevole al lettore la dura materia morale e religiosa. Il diletto, inoltre, doveva essere rafforzato dal MERAVIGLIOSO, ma non il meraviglioso fantasmagorico di cui è permeato il poema ariostesco, piuttosto un “meraviglioso ristiano”, fatto di interventi soprannaturali operati da Dio, di angeli, ma anche dalle potenze infernali , che agli occhi del lettore appaiono verisimili poiché facenti parte della verità di fede. Per quanto riguarda poi la struttura compositiva dell'opera, Tasso respinge nuovamente il modello ariostesco, caratterizzato dalla molteplicità delle azioni che si intrecciano tra loro, che comprometterebbero il principio dell'Unità dell'opera a cui Tasso si ripropone di non rinunciare, anche se consapevole che è proprio la varietà ad essere legata indissolubilmente al diletto. Per risolvere questa a