La poesia dialettale di Porta e Belli

T ema argomentativo sulla poesia dialettale di Carlo Porta e Gioacchino Belli (2 pagine formato doc)

Appunto di danipuffetta
La poesia dialettale: PORTA e BELLI
Il popolo, la plebe, la gente umile insomma, è al centro dell’ispirazione dei due poeti che hanno scelto di scrivere i loro versi in dialetto.
Il dialetto, infatti, caratterizza l’opera di due poeti degli 800 italiani, CARLO PORTA e GIOACCHINO BELLI, anche se la scelta della lingua risponde, in entrambi, a criteri stilistici e temi del tutto diversi. Per Porta, l’uso del dialetto milanese è suggerito, infatti, da un bisogno di autenticità e immediatezza, frutto di una fiorente tradizione dialettale che nella satira, che peraltro non perviene mai a toni crudi e blasfemi dell’invettiva del Belli, esprime la propria adesione ai nuovi ideali democratici, elogiando il malcostume della vita pubblica e le ingiustizie sociali. È proprio dunque nella ricerca di un mezzo espressivo che adegui l’esigenza romantica di realismo alle domande dell’immediatezza di un dettato linguistico naturale che si affermano la chiarezza ideologica e il metodo realistico di Carlo Porta.


La poesia dialettale del Porta esprime la realtà di un mondo vivo e pulsante, libero da vincoli retorici e aristocratici, riconoscendo nell’uso del dialetto, la scelta meditata di un linguaggio realistico intimamente aderente alle situazioni e ai caratteri di personaggi che lo adottano e lo animano.
La formazione illuministica del Porta consente al poeta una più attenta e speculare indagine della realtà, onnicomprensiva delle ingiustizie sociali che sempre la caratterizzano, determinando i presupposti essenziali e inevitabili di una società che avverte nel proprio manicheismo i limiti e le contraddizioni degli uomini che tale manicheismo determinano e alimentano. Da questo humus emerge in chiaroscuro un mondo di umili, di oppressi e diseredati (GIOVANNIN BONGEE, LA NINETTA DEL VERZEE, IL MARCHIONN), testimoni di una sconfitta che li rende eroi e antieroi al tempo stesso. La verve poetica del Porta confortata dall’uso del dialetto partecipa attenta e commossa alla vita di un’umanità in minima in cui prostitute, mendicanti, ladri e truffatori costituiscono nel loro brulicante affaccendarsi quotidiano l’affresco multiforme e pittoresco di una plebe che cerca nell’astuzia e nella fede il riscatto della propria dignità perduta.