La ricerca delle radici: analisi del testo

Sviluppo dell'analisi del testo "La ricerca delle radici" per la maturità su Primo Levi (1 pagine formato pdf)

Appunto di anilemalem

LA RICERCA DELLE RADICI: ANALISI DEL TESTO

Analisi del Testo.

Tema d'italiano. Tipologia A - Analisi del Testo. Nella “Prefazione di La ricerca delle radici. Antologia personale”, Primo Levi cerca di spiegare quanto le sue letture, soprattutto giovanili, abbiano influito sui suoi scritti. Secondo l’autore torinese, il “nocciolo” delle sue opere non è costituito da quanto ha letto ma piuttosto da quello che ha vissuto.
Secondo Primo Levi è probabile che fra la sua tripla formazione, classica, scientifica ed esperienziale, quella che abbia condizionato e condizioni di più il suo scrivere sia la scientifica, o comunque ritiene che le sue opere risentano maggiormente del fatto che abbia condotto per quarant’anni il mestiere di chimico, piuttosto che non di tutti i libri “ingeriti” in giovinezza.

Inferno: Dante e Primo Levi

INTERPRETAZIONE LA RICERCA DELLE RADICI

Nella famiglia Levi leggere era un vizio e lo si faceva per abitudine, credendo che più libri si leggevano più saggi si diventava.

Primo levi però definisce quest’abitudine una “fata morgana” in direzione della sapienza perché non è, a suo parere, leggendo confusamente e senza metodo che si ottiene la conoscenza. Certo, avendo letto molto, l’autore ammette di avere acquisito un certo orecchio e fiuto e afferma di essersi, forse, inconsapevolmente preparato a scrivere, anche se denuncia un eccessiva fiducia nei libri in giovinezza, a volte colpevoli di allontanare troppo dalla realtà.
In collegamento a questo concetto, Levi propone anche una sua considerazione sul tempo; ricordandosi della giovinezza, in cui ammette di aver letto tantissimo, l’autore dichiara di percepire quegli anni come “stranamente lunghi, come se il tempo fosse stirato come un elastico, fino a raddoppiarsi e a triplicarsi”, esplicando dunque la sua idea che il tempo non è qualcosa di oggettivo ma è soggettivo e determinato dal soggetto che lo vive, divenendo più o meno lungo a seconda di come lo si trascorre.
A mio parere Primo Levi è un autore nelle cui opere emerge assolutamente di più la formazione scientifica piuttosto che quella classica. Ho letto entrambi i suoi libri Se questo è un uomo e La tregua e ritengo che il suo racconto dell’esperienza nel lager sia molto scientifico e schematico, nonostante descriva una realtà completamente irrazionale. Non so dire se questa scelta sia stata dettata dal bisogno di ricordare il meno possibile la vita e i sogni che si avevano “prima”, poiché durante la vita nel lager non erano di alcun aiuto, ma portavano solo a riflettere e quindi a soffrire.
Ovviamente però, a volte, la sua formazione classica emerge; in alcune parti del suo racconto di deportato, infatti, possiamo trovare continui rimandi all’inferno di Dante fin dall’arrivo ad Auschwitz dell’autore, scelta che secondo me è fatta perché Primo Levi non vuole dimenticare la sua identità d’italiano e quello che era prima di diventare un semplice numero all’interno del lager, anche se è un tipo di scelta che causa dolore.
L’autore paragona ad esempio la scritta “arbeit macht frei” (il lavoro rende liberi) con quella posta sulla porta dell’inferno descritto da Dante “lasciate ogni speranza, voi ch’intrate”.