La finanza nel novecento e lo sviluppo industriale: tesina

Tesina sulla finanza pubblica nel novecento: scelte di politica economica e tributaria; nelle politiche liberistiche trovano posto le politiche sociali; crisi dello stato liberale; conseguenze politiche ed economiche dopo la crisi del 1929 (4 pagine formato doc)

Appunto di martybest88

LA FINANZA NEL NOVECENTO E LO SVILUPPO INDUSTRIALE

La finanza nel novecento.

Scelte di politica economica e tributaria. La forma di Stato liberale dà una connotazione particolare alla finanza pubblica degli inizi del Novecento. Le teorie liberali comportavano l’adozione di una politica liberista così come sostenevano  gli esponenti della scuola classica, convinti che il mercato, lasciato a se stesso raggiungesse automaticamente a piena occupazione dei fattori produttivi.
I compiti dello Stato dovevano consistere dunque nel perseguimento dei suoi fini istituzionali, senza intervenire nella sfera produttiva, per non alterare il raggiungimento spontaneo dell’equilibrio (cosiddetta politica del laisser faire ).
Stiamo parlando della finanza neutrale , che, nel perseguire i suoi scopi, doveva preoccuparsi di seguire la politica del bilancio in pareggio e di organizzare un sistema tributario basato su imposte reali e proporzionali (sono reali le imposte che colpiscono un reddito senza tenere conto della situazione soggettiva del suo esattore; sono proporzionali  le imposte che crescono proporzionalmente al crescere del reddito, essendo caratterizzate da un’aliquota costante), senza proporsi di attuare alcun tipo di redistribuzione del reddito.

Teorie sul ruolo della finanza pubblica: riassunto

SVILUPPO INDUSTRIALE ITALIANO NEL 900

Il modo di intendere la finanza pubblica si evolve ma quello che assolutamente rimane fermo è il principio del bilancio in pareggio, che prevede una gestione patrimoniale aziendalistica dell’attività pubblica: premesso che l’intervento pubblico deve essere sempre limitato, esso deve essere maggiore nei periodi di espansione economica e ridotto nei periodi di recessione.
È ancora lontana l’idea che lo Stato posso intervenire per correggere i difetti del sistema capitalistico di produzione.
Nelle politiche liberistiche trovano posto le politiche sociali. I principi descrittivi, strettamente legati allo Stato liberale, vennero messi in crisi, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, dai pensatori della scuola socialista che osservarono come il non intervento dello Stato favorisse le classi sociali più forti e finisse per danneggiare la classe lavoratrice e comunque i soggetti più deboli in genere. È così che si cominciò a diffondere, lentamente l’idea che fosse compito dello Stato perseguire la giustizia sociale, riducendo al minimo gli squilibri nella distribuzione delle ricchezze.

INDUSTRIALIZZAZIONE ITALIANA 1900

La finanza neutrale lascia, così, il posto alla finanza della riforma sociale che porta gradatamente al passaggio dall’imposizione proporzionale all’imposizione progressiva.
Gli interventi in campo sociale, all’inizio timidi e ridotti, si fanno sempre più consistenti; la Germania è la prima, alla fine del secolo scorso, a introdurre le assicurazioni sociali conto le malattie ( 1883), l’infortuni (1884), l’invalidità e la vecchiaia (1889).
In Italia, agli inizi del Novecento, l’economia è ancora molto arretrata (il 50% del prodotto nazionale proviene dall’agricoltura); il sistema tributario è costituito da un insieme disomogeneo di imposte in prevalenza reali e proporzionali e il gettito maggiore è dato dalle imposte indirette; si tratta, cioè, di un sistema appena sufficiente a consentire allo Stato di effettuare interventi volti a realizzare una fitta rete scolastica e a instaurare condizioni igieniche atte alla prevenzione delle malattie diffusive, ma del tutto inadeguate a promuovere e sostenere lo sviluppo industriale del paese.