Pasolini e la critica alla globalizzazione

Tesina riguardante Pasolini contro la globalizzazione attraverso vari punti di vista (3 pagine formato doc)

Appunto di 92roxanne

PASOLINI E LA CRITICA ALLA GLOBALIZZAZIONE

Pasolini e la critica alla globalizzazione.

Nel 1922, l’anno in cui Mussolini va al potere, Pier Paolo Pasolini nasce, a Bologna, il 5 marzo.
Segnato da un infanzia da “nomade”, dovuta al lavoro del padre, Pasolini, nel 1939, si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna e qui vive «il grande periodo dell'Ermetismo». Dopo le prime pubblicazioni, fugge da sotto le armi nel '43 tornando dalla madre con la quale mantiene sempre un rapporto solido.
Per paura di «finire uncinato» come gli altri ragazzi che disertavano la leva, Pasolini trascorre i mesi dell'occupazione fascista nella cittadina friulana di Casarsa, occupandosi, assieme ad alcuni amici, dell'insegnamento e del recupero del dialetto friulano; inoltre, organizza una scuola gratuita per pochi alunni.
La vita di Pasolini prosegue all'insegna del cinema e della forte attività critica nei confronti di una società “standard”, che non riesce più a differenziarsi a causa del forte impatto della globalizzazione.
Ferocemente e dolorosamente ripiegato in un pessimismo assoluto nei confronti di una realtà degradata, Pier Paolo Pasolini, il corsaro dalla disperata vitalità, muore assassinato in circostanze oscure tra il 1° e il 2 novembre 1975.

PASOLINI CONTRO LA GLOBALIZZAZIONE

Pasolini contro la società dello “sviluppo”: la scomparsa del sottoproletariato.

Nel corso degli anni Sessanta, Pasolini mette in atto il suo processo di critica più ferrato contro l'instaurarsi della “civiltà dei consumi”, dovuta al boom economico. Egli comincia ad osservare una lenta integrazione del sottoproletariato con il resto della società ed una conseguente creazione di un indifferenziato universo piccolo borghese; questo è uno dei punti cardinali su cui si basa la critica di Pasolini, che si batte in modo accanito contro la società neocapitalistica dello “sviluppo” e del “benessere”. Egli accusa il «nuovo fascismo» consumistico che punta all'«omologazione brutalmente totalitaria del mondo», che porta ad una conseguente eliminazione delle differenze individuali, sociali ed etniche, e che di fatto nega la libertà.

«E' questo illimitato mondo contadino prenazionale e preindustriale, sopravvissuto fino a solo pochi anni fa, che io rimpiango […]. Gli uomini di questo universo non vivevano un'età dell'oro […], essi vivevano quella che venne chiamata l'età del pane. Erano cioè consumatori di beni estremamente necessari. […] Mentre è chiaro che i beni superflui rendono superflua la vita.»

Ricerca sulla globalizzazione

OMOLOGAZIONE CULTURALE PASOLINI

La globalizzazione come impoverimento nazionale, culturale e dialettale
Mezzi come la televisione, la radio e la stampa, fanno le veci della globalizzazione: portano a conoscenza dei popoli ciò che in altri è usanza o tradizione, provocando un conseguente cambiamento negli usi e nei costumi nazionali.
Inoltre, con la globalizzazione si viene a conoscenza di nuovi stili di vita e quindi di bisogni che prima ci erano sconosciuti. Ne deriva il fatto che dopo sentiremo anche noi il bisogno di possedere certi beni per soddisfare nuovi bisogni, mettendo in atto un meccanismo continuo di consumo di beni sempre diversi e sempre meno utili.
Questa è, in poche parole, la tesi di Pasolini: la globalizzazione porta all'impoverimento nazionale in termini culturali, poiché tende ad omogeneizzare tutti gli esseri viventi in un unico gruppo con le stesse prerogative, gli stessi bisogni, gli stessi comportamenti e la stessa lingua. Da qui si può notare la “perdita dei dialetti” di cui parla lo scrittore.