Canto 1 Purgatorio: parafrasi, analisi e figure retoriche
Spiegazione del Canto 1 del Purgatorio della Divina commedia di Dante: parafrasi, analisi e figure retoriche (6 pagine formato doc)
CANTO 1 PURGATORIO: PARAFRASI, ANALISI E FIGURE RETORICHE
I CANTO - Il primo canto, corrispondeva ad un PRELUDIO, un’apertura alla cantica del purgatorio.
Rappresentava una sorta di CANTO PROEMIALE, con l’introduzione dell’argomento, l’invocazione alle muse e, mentre nell’inferno all’improvviso gli apparve Virgilio, nel purgatorio gli apparve Catone.
L’ATMOSFERA venne presentata in maniera completamente diversa da quella dell’Inferno, dove regnava il buio, la paura, il rumore, infatti c’era il predominio di una forte SERENITÀ, PACE e TRANQUILLITÀ. Inoltre era caratterizzata dall’alba, da una luce soffusa con il colore del cielo uguale a quello dello zaffiro. Anche il PAESAGGIO presentava numerose differenze, infatti mentre quello infernale era inventato e surreale, quello del purgatorio era usuale. Dante però non si soffermò sulla descrizione del paesaggio e presentò le varie connotazione sempre mediante le apparizioni di Catone.
Il purgatorio si formò in contrapposizione dell’inferno e si trovava nell’emisfero AUSTRALE, ricoperto da acque. Dante doveva compiere un viaggio penitenziale, uguale al percorso delle anime espianti, liberandosi dal contatto con il peccato. Il custode del purgatorio era Catone, rappresentante della LIBERTÀ dal PECCATO e dalle passioni.
L’ATMOSFERA venne presentata in maniera completamente diversa da quella dell’Inferno, dove regnava il buio, la paura, il rumore, infatti c’era il predominio di una forte SERENITÀ, PACE e TRANQUILLITÀ. Inoltre era caratterizzata dall’alba, da una luce soffusa con il colore del cielo uguale a quello dello zaffiro. Anche il PAESAGGIO presentava numerose differenze, infatti mentre quello infernale era inventato e surreale, quello del purgatorio era usuale. Dante però non si soffermò sulla descrizione del paesaggio e presentò le varie connotazione sempre mediante le apparizioni di Catone.
Il purgatorio si formò in contrapposizione dell’inferno e si trovava nell’emisfero AUSTRALE, ricoperto da acque. Dante doveva compiere un viaggio penitenziale, uguale al percorso delle anime espianti, liberandosi dal contatto con il peccato. Il custode del purgatorio era Catone, rappresentante della LIBERTÀ dal PECCATO e dalle passioni.
CANTO 1 PURGATORIO: PARAFRASI E FIGURE RETORICHE
Dante trascorse 3 giorni nell’inferno (giovedì, venerdì e sabato), la mattina di pasqua nel purgatorio per altri 3 giorni ed infine trascorse 1 giorno nel Paradiso (13 aprile). I numeri si rifacevano alla simbologia numerica dantesca poiché il 3 rappresentava la trinità e l’1 rappresentava l’unità divina.
Dante iniziò il Canto con l’ESORDIO e con l’ENUNCIAZIONE dell’argomento all’alba del giorno di Pasqua (10 aprile), rappresentazione della resurrezione. Attraverso la metafora (finzione retorica) della “nave”, tipica del medioevo per indicare l’ingegno e l’intelligenza dell’uomo, chiarì che la navicella dell’ingegno aveva alzato le vele lasciando alle spalle un mare molto crudele (tempestoso). Terminò chiarendo che avrebbe cantato del II regno, rappresentato dal purgatorio, in cui lo spirito umano espiava i peccati e diveniva degno per accedere al paradiso. Nel proemio seguì proprio l’impostazione dei poemi classici, 6 versi per l’enunciazione dell’argomento e 6 per l’invocazione. Già dall’esordio, con la relativa metafora, compariva il senso di SERENITÀ e PACE e con il termine “MAI” trasmetteva un senso di liberazione dalla situazione del peccato. Compariva infatti una forte antitesi tra i termini “miglior acque” e “mar si crudele” che trasmetteva il senso di ciò che Dante lasciava dietro di sè, ovvero il mondo dei dannati.
Dante iniziò il Canto con l’ESORDIO e con l’ENUNCIAZIONE dell’argomento all’alba del giorno di Pasqua (10 aprile), rappresentazione della resurrezione. Attraverso la metafora (finzione retorica) della “nave”, tipica del medioevo per indicare l’ingegno e l’intelligenza dell’uomo, chiarì che la navicella dell’ingegno aveva alzato le vele lasciando alle spalle un mare molto crudele (tempestoso). Terminò chiarendo che avrebbe cantato del II regno, rappresentato dal purgatorio, in cui lo spirito umano espiava i peccati e diveniva degno per accedere al paradiso. Nel proemio seguì proprio l’impostazione dei poemi classici, 6 versi per l’enunciazione dell’argomento e 6 per l’invocazione. Già dall’esordio, con la relativa metafora, compariva il senso di SERENITÀ e PACE e con il termine “MAI” trasmetteva un senso di liberazione dalla situazione del peccato. Compariva infatti una forte antitesi tra i termini “miglior acque” e “mar si crudele” che trasmetteva il senso di ciò che Dante lasciava dietro di sè, ovvero il mondo dei dannati.
Canto 1 Purgatorio: riassunto
CANTO 1 PURGATORIO: ANALISI
Dante nella sua fantasia presentò il purgatorio come una montagna, differentemente dai racconti medievali, riguardanti l’oltretomba, che raffiguravano anche il purgatorio sotterraneo e con un’atmosfera tetra come l’inferno. Era caratterizzato dal fuoco, ove i penitenti dovevano espiare i propri peccati.
Utilizzò l’anastrofe e l’ipallage per indicare la POESIA DEL REGNO DEI MORTI che doveva innalzarsi rispetto a quella precedente e si rivolse alle MUSE, in particolare a Calliope (musa della poesia epica) affinchè potesse ispirarlo favorendo il suo canto con quella melodia che fece disperare le PICHE. Chiamò SANTE le muse perché sebbene erano divinità pagane, divennero la metafora degli IDEALI CRISTIANI, disposizione quindi dell’ingegno e della poesia, dono offerto direttamente da DIO. Le PICHE, 9 figlie del re della Tessaglia, Pielio, facevano parte del mito tramandatoci da Ovidio. Quest’ultime avevano un’eccellente voce e, essendo superbe, sfidarono le muse, in particolare Calliope che, per punirle, le tramutò in gazze, uccelli con voce stridula e stonata. Così si concluse l’esordio e l’invocazione alle muse. Anche la poesia che risorgeva e il riferimento a Calliope continuarono a trasmettere un senso di liberazione. Egli così per la prima volta introdusse il termine “canto” e l’invocazione alle muse, assenti nel proemio del regno infernale.
Utilizzò l’anastrofe e l’ipallage per indicare la POESIA DEL REGNO DEI MORTI che doveva innalzarsi rispetto a quella precedente e si rivolse alle MUSE, in particolare a Calliope (musa della poesia epica) affinchè potesse ispirarlo favorendo il suo canto con quella melodia che fece disperare le PICHE. Chiamò SANTE le muse perché sebbene erano divinità pagane, divennero la metafora degli IDEALI CRISTIANI, disposizione quindi dell’ingegno e della poesia, dono offerto direttamente da DIO. Le PICHE, 9 figlie del re della Tessaglia, Pielio, facevano parte del mito tramandatoci da Ovidio. Quest’ultime avevano un’eccellente voce e, essendo superbe, sfidarono le muse, in particolare Calliope che, per punirle, le tramutò in gazze, uccelli con voce stridula e stonata. Così si concluse l’esordio e l’invocazione alle muse. Anche la poesia che risorgeva e il riferimento a Calliope continuarono a trasmettere un senso di liberazione. Egli così per la prima volta introdusse il termine “canto” e l’invocazione alle muse, assenti nel proemio del regno infernale.