Alla luna di Leopardi: analisi

Analisi del testo Alla luna di Giacomo Leopardi: struttura, significato, lessico, figure retoriche. Link ad approfondimenti

Alla luna di Leopardi: analisi
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Alla luna di Giacomo Leopardi

Giacomo Leopardi in Alla luna si trova in uno stato di dolce malinconia che rende la natura sua confidente. Egli contempla la luna che splende sopra una selva, rischiarandola, e ricorda l’anno passato: lo stesso giorno, con gli occhi colmi di lacrime, alla stessa ora aveva visto la medesima luna.

La sua vita continua ad essere infelice, ma il ricordo appare dolce, nonostante la sua tristezza e quindi la contemplazione del paesaggio permette al poeta di riflettere sul suo destino, sulla sua giovinezza, sulla speranza e sul dolore, sul susseguirsi del tempo.

In questo idillio, come in tutte le altre poesie, sono presenti varie parole “poeticissime” come la “selva” e il “colle” (che richiamano la “siepe” e il “colle” de “L’infinito”), “graziosa”, “dolore” e “angoscia”.

Alla luna: analisi

Alla luna è un noto componimento del poeta recanatese Giacomo Leopardi
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Molti termini della poetica leopardiana si riferiscono a immagini vaghe ed è piacevole vedere degli oggetti non chiaramente distinguibili a causa di impedimenti naturali o artificiali perché così facendo si può immaginare l’infinito e questo risulta estremamente piacevole, anche perché l’immaginazione non ti pone in contatto con la “brutta” realtà del presente, che fa si che ogni illusione svanisca per lasciare maggiore spazio al vero.

In questa poesia sono presenti molte situazioni e temi cari a Leopardi come il rimirare la luna che permette al poeta di ricordare i momenti passati e quindi anche quello del ricordo è un motivo ricorrente nella poetica di questo autore, poiché l’azione di contemplazione, di immaginazione e di ricordo è presente anche in A Silvia, dove il poeta ricorda la figura della fanciulla, i cui sogni sono stati infranti dall’improvvisa morte.

Viene presentato il ricordo della gioventù (in contrasto con l’età adulta) e dei momenti del passato (contrapposti al tempo presente, come possiamo vedere al verso nove “era mia vita; ed è, né cangia stile”) rievocati dalla vista dell’astro con termini che si riferiscono al tempo oggettivo trascorso e al tempo soggettivo della memoria come “rammento”, “or volge l’anno”, “tempo giovanil”, “lungo…e breve…”, “memoria”, “passate cose”.

Notiamo quindi che lo spazio è intriso di tempo vissuto dall’individuo,infatti la poesia non sta nelle cose, ma nell’individuo: le cose offrono l’occasione, ma è l’interiorità che dà a esse significato.

Uno dei temi fondamentali è l’infelicità costante nell’esistenza del poeta, ma per quanto si abbia un oggetto doloroso, il ricordo è pur sempre dolce: esso presuppone infatti un’attribuzione sentimentale, in cui ci si allontana dall’amarezza della realtà immediata.

Il lessico utilizzato dall'autore

L’anima umana aspira a un piacere assoluto, l’infinito, che si può trovare solo nell’immaginazione perché produce speranze e illusioni, ma il vero, la realtà, limita questo processo immaginativo e ci fa comprendere che noi possiamo percepire solo un piacere limitato e non del tutto appagante e quindi il dispiacere finale può culminare anche con la morte.

Nei primi cinque versi viene evocato lo scenario lunare preciso, sottolineato dagli aggettivi dimostrativi in “questo colle” e in “quella selva”;nei successivi versi fino al dieci è rappresentata un’immagine della luna sfocata e offuscata lievemente dal piano del poeta, ma questo provoca una sensazione piacevole nell’animo dell’individuo.

È piacevole notare oggetti non chiaramente visibili a causa di impedimenti naturali o artificiali, di una luce fioca o di riflessi che giungono a noi imperfetti e incompleti o molti suoni mescolati tra loro e non distinguibili, ma è ugualmente piacevole vedere una distesa deserta con la sola presenza del sole, o la varietà di una folla, di formiche, ciò che è confuso, irregolare e disordinato perché la vastità della sensazione e il leggero oscuramento della visione di oggetti diffonde un senso di piacere nell’animo dell’individuo perché in questo modo vuole conoscere l’infinito.

L’immaginazione può produrre questa emozione ma sarà sempre il raggiungimento di un isultato limitato e non appagante.

Anche i suoni provocati dal vento o dai tuoni sono piacevoli perché sono invisibili e non si conosce la loro provenienza e questo determina vaghezza e incertezza; anche l’oscurità non ci lascia determinare la vastità del suono e queste immagini in poesia sono bellissime perché lasciano spazio all’immaginazione.

È un idillio in endecasillabi sciolti, al verso nove si può notare una sinalefe (“vita; ed”) e alcuni enjambement nel corso della poesia come: “il tuo volto”, “la mia vita”, “la ricordanza”, “del mio dolore”, “la speme”, “il rimembrar”.

La prima parte della poesia è posta al passato, mentre la seconda al presente e questo idillio può essere visto in due sequenze importanti e che presentano ognuna un momento specifico: uno descrittivo, in cui si parte dall’esperienza sensibile, e uno riflessivo, in cui compare l’interiorità del poeta.

Nei cinque versi iniziali compare la contrapposizione tra uno spazio finito (il monte Tabor e la selva) e uno infinito (la luna); nei versi successivi domina il tema del ricordo, delle cose passate e dell’età giovanile e tutto questo provoca una sensazione piacevole.

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