Paradiso canto 6: parafrasi e commento

Parafrasi e commento suddiviso per versi del canto 6 del Paradiso della Divina commedia di Dante Alighieri (6 pagine formato doc)

Appunto di fabyana88

PARADISO CANTO 6: PARAFRASI E COMMENTO

Canto 6 Paradiso.

“Dopo che l’imperatore Costantino portò l’insegna imperiale da occidente a oriente in senso contrario al moto naturale del cielo, il quale moto l’aveva accompagnata un tempo dietro ad Enea che sposò Lavinia, l’aquila fu trattenuta duecento anni e più nell’estremo lembo d’Europa, vicino ai monti dai quali era uscita la prima volta; e là, all’ombra delle sue sacre ali, governò il mondo passando da un imperatore all’altro, e, cosi mutando, arrivò in mano mia. L'imperatore Costantino nel 330 d.
C. trasportò la sede dell'Impero da Roma a Bisanzio, che da lui prese poi il nome di Costantinopoli. Con quell'atto venne violato il corso della natura e della storia, perché Enea, l'ideale fondatore dell'Impero, era venuto dall'oriente verso occidente, quando, abbandonata Troia, si era diretto verso l'Italia. Giunto nel Lazio, aveva sposato Lavinia, figlia del re Latino, dando cosi inizio alla stirpe romana. L'aquila - insegna delle legioni romane, chiamata eccel di Dio perché Roma e il suo dominio furono creati da Dio per preparare la via all'avvento di Cristo (cfr. versi 55-57; 82-90), e perché essa è simbolo della missione divina affidata alla monarchia universale - rimase nell'estremo confine dell'Europa, a Bisanzio, non lontano dai monti della Troade, dai quali era partita con Enea, per più di duecento anni.

Canto 6 Paradiso di Dante: commento

CANTO 6 PARADISO: PERSONAGGI

In realtà, dal 330 al 527, anno dell'elezione di Giustiniano, corrono 197 anni. Ma Dante segue la cronologia tracciata da Brunetto Latini nel Trésor, secondo la quale la traslazione della capitale a Bisanzio avvenne nel 333 e la salita al trono di Giustiniano nel 539. Dopo il volo grandioso, che ha riunito nel breve respiro di tre versi secoli densi di storia, I'aquila vive di una sua vita poetica, perdendo l'immobilità propria del simbolo, sovrapponendo al velo allegorico la sua immagine di regina degli spazi, le sue ali ampie e possenti, capaci di coprire tutto il mondo.
Fui imperatore e sono Giustiniano, che, per impulso dello Spirito Santo del quale sento ora gli effetti, dal corpo delle leggi tolsi il superfluo e l’inutile.
E prima di dedicarmi all’opera della riforma legislativa, credevo che in Cristo ci fosse una sola natura e non due, ed ero soddisfatto di questa fede;
ma il santo Agapito, che fu sommo pastore della Chiesa, con le sue parole mi avviò alla vera fede.
Giustiniano, rispondendo alla domanda di Dante (canto V, verso 127), distingue pensosamente (cfr. anche Purgatorio V. 88) l'elemento caduco della gloria terrena (Cesare fai...) da quello eterno, rappresentato dalla personalità dell'individuo (son Giustiniano).

PARADISO CANTO 6: COMMENTO

In Giustiniano (nato nel 482 e morto nel 565 ) Dante vede il tipo del monarca ideale: l'imperatore romano del tempo antico, integrato nella fede cristiana. Secondo gli storici del Medioevo, i quali seguivano una tradizione errata, Giustiniano, con la moglie Teodora, avrebbe aderito per qualche tempo all'eresia di Eutiche, detta monofisita, perché ammetteva in Cristo la sola natura divina. Agapito I (pontefice dal 533 al 536 ), recatosi a Costantinopoli per trattare la pace fra Giustiniano e gli Ostrogoti, sarebbe riuscito a convertire l'imperatore alla vera fede.
Io gli credetti; e ciò che allora era fondato solo sulla sua autorità, ora lo vedo con la stessa chiarezza con la quale tu vedi che di due proposizioni contraddittorie una è falsa e l’altra è vera.
Appena cominciai a camminare in accordo con la Chiesa, Dio si compiacque per sua bontà d’ispirarmi il grande lavoro (della riforma legislativa),
ed io mi consacrai tutto ad esso; e affidai le imprese militari al mio generale Belisario, al quale il favore del cielo fu cosi vicino, che per me fu segno che dovevo lasciare le opere belliche (per dedicarmi a quelle di pace).