il principio dell'equilibrio nel '700

Relazione sul principio dell'equilibrio nel Settecento e sulle sue guerre, completa di note bibliografiche (5 pagine formato doc)

Appunto di bluejeans
Il XVIII secolo fu caratterizzato dal susseguirsi di cinque guerre di notevole portata che coinvolsero gran parte degli Stati europei Il principio dell'equilibrio nel Settecento Il XVIII secolo fu caratterizzato dal susseguirsi di cinque guerre di notevole portata che coinvolsero gran parte degli Stati europei.
Già nei secoli precedenti l'Europa era stata sconvolta da guerre piuttosto accanite, motivate da passioni religiose (nel Cinquecento) e da tentativi di imporre la supremazia di una sola potenza sulle altre (nel Seicento, il tentativo da parte egli Asburgo d'Austria e quello da parte di Luigi XIV di Francia). Visti gli effetti negativi di questi conflitti, nel Settecento gli Stati europei cercarono di evitare le guerre e, se ciò non fosse stato possibile, di renderle meno distruttive possibili e di affidarsi più alle iniziative politiche e diplomatiche piuttosto che a quelle militari.
Così, per rispettare questi propositi, gli stati si attennero al “sistema dell'equilibrio”, teoria che ispirò direttamente la loro politica. La prima volta che si parlò di “un uguale equilibrio di forze” fu in uno degli articoli dei trattati di Utrecht. Essi furono i trattati conclusivi della guerra di successione spagnola, scoppiata nel 1702 perché, morto Carlo II d'Asburgo, re di Spagna, divenne re Filippo di Borbone, nipote di Luigi XIV, re di Francia. Gli altri stati, in primo luogo l'Austria e l'Inghilterra, non potevano accettare una tale concentrazione di potere così, insieme ad Olanda, Portogallo e Savoia, si schierarono contro la Francia e la Spagna. Si giunse ai trattati di pace di Utrecht e di Rastatt nel 1713 e 1714, secondo il comune accordo che i possedimenti spagnoli dovevano essere spartiti tra i contendenti; nell'articolo 6 del trattato di pace fra Gran Bretagna e Spagna è usata per la prima volta l'espressione “un uguale equilibrio di forze”, condizione necessaria per la pace a la tranquillità dell'Europa. Questo principio dell'equilibrio delle forze doveva quindi portare alla stabilità. Tuttavia alcuni studiosi ne hanno evidenziato i limiti ed i difetti, e tra questi ricordiamo Michael S. Anderson e Fabio Armao. Nell'opera Le teorie dell'equilibrio nel XVIII secolo Anderson fa notare innanzitutto la mancanza di una precisa definizione del concetto di equilibrio: era stata convenuta l'esistenza di alcuni squilibri regionali (“particolari” o “inferiori”), ad esempio in Germania, nel Baltico o in Italia, e la sussistenza di un rapporto tra questi e l'equilibrio generale delle forze europee, ma non era ben chiaro che ruolo avessero questi squilibri particolari nell'equilibrio europeo e non era ben definito il rapporto che intercorreva tra essi. Inoltre era molto difficile trovare un oggettivo criterio di misura per calcolare la forza di ogni stato, operazione indispensabile per poter attuare “un uguale equilibrio di forze”. Alcuni elementi erano la ricchezza di uno stato, l