Saggi alla fiamma
Relazione di un esperimento di laboratorio sui saggi alla fiamma: scopo dell'esperienza, materiali utilizzati, il modello di Bohr, interpretazione dei dati (3 pagine formato doc)
Materiale
Spettroscopio
Becco bunsen
HCl
Filo di platino
Elementi
litio (Li)
sodio (Na)
potassio (K)
cesio (Cs)
stronzio (Sr)
bario (Ba)
rame (Cu)
Scopo dell'esperienza: osservare le diverse colorazioni che assume la fiamma ogni qual volta che ossida un diverso elemento chimico. In base, poi, ai risultati ottenuti trarre delle conseguenze sulla configurazione elettronica dei vari atomi degli elementi presi in considerazione; in particolare:
1 - Verificare sperimentalmente il modello atomico di Bohr
2 - Verificare la natura ondulatoria degli elettroni
Cenni teorici: il saggio alla fiamma è una semplice tecnica di analisi qualitativa per verificare la presenza di ioni di metalli alcalini, alcalino-terrosi e alcuni metalli di transizione.
Si basa sull'emissione di luce di determinate frequenze da parte degli atomi di un campione, eccitati per via termica.
In pratica, una piccola quantità di campione - o di una sua soluzione in acido cloridrico - viene posta su un filo di platino e immersa nella fiamma del becco di Bunsen. L'utilizzo di HCl (acido cloridrico) permette la reazione di doppio scambio con i sali da analizzare, portando alla formazione di cloruri che si osservano meglio durante lo svolgimento della colorazione alla fiamma.
Bohr ipotizzò che non tutte le orbite che l'elettrone poteva percorrere intorno al nucleo nell'atomo di idrogeno fossero permesse.
In particolare egli ipotizzò che solamente alcune orbite, con particolari valori di energia, potessero essere occupate dall'elettrone.
Ogni orbita, nel modello di Bohr, veniva di conseguenza caratterizzata dal valore di un particolare numero intero che ne determinava l'energia e che venne chiamato numero quantico. Quando l'elettrone saltava da un'orbita interna a una più esterna, l'atomo poteva assorbire la radiazione il cui fotone (e quindi la cui frequenza) corrispondeva alla differenza di energia tra le due orbite.
Analogamente, quando l'elettrone tornava sull'orbita di partenza, l'atomo emetteva il fotone corrispondente. Sviluppando quantitativamente queste idee, Bohr fu in grado di riprodurre teoricamente i dati spettroscopici relativi all'idrogeno.
Egli, in tal modo, forniva un ulteriore solido sostegno alle innovative idee di Planck e di Einstein.
Spettroscopio
Becco bunsen
HCl
Filo di platino
Elementi
litio (Li)
sodio (Na)
potassio (K)
cesio (Cs)
stronzio (Sr)
bario (Ba)
rame (Cu)
Scopo dell'esperienza: osservare le diverse colorazioni che assume la fiamma ogni qual volta che ossida un diverso elemento chimico. In base, poi, ai risultati ottenuti trarre delle conseguenze sulla configurazione elettronica dei vari atomi degli elementi presi in considerazione; in particolare:
1 - Verificare sperimentalmente il modello atomico di Bohr
2 - Verificare la natura ondulatoria degli elettroni
Cenni teorici: il saggio alla fiamma è una semplice tecnica di analisi qualitativa per verificare la presenza di ioni di metalli alcalini, alcalino-terrosi e alcuni metalli di transizione.
Si basa sull'emissione di luce di determinate frequenze da parte degli atomi di un campione, eccitati per via termica.
In pratica, una piccola quantità di campione - o di una sua soluzione in acido cloridrico - viene posta su un filo di platino e immersa nella fiamma del becco di Bunsen. L'utilizzo di HCl (acido cloridrico) permette la reazione di doppio scambio con i sali da analizzare, portando alla formazione di cloruri che si osservano meglio durante lo svolgimento della colorazione alla fiamma.
Bohr ipotizzò che non tutte le orbite che l'elettrone poteva percorrere intorno al nucleo nell'atomo di idrogeno fossero permesse.
In particolare egli ipotizzò che solamente alcune orbite, con particolari valori di energia, potessero essere occupate dall'elettrone.
Ogni orbita, nel modello di Bohr, veniva di conseguenza caratterizzata dal valore di un particolare numero intero che ne determinava l'energia e che venne chiamato numero quantico. Quando l'elettrone saltava da un'orbita interna a una più esterna, l'atomo poteva assorbire la radiazione il cui fotone (e quindi la cui frequenza) corrispondeva alla differenza di energia tra le due orbite.
Analogamente, quando l'elettrone tornava sull'orbita di partenza, l'atomo emetteva il fotone corrispondente. Sviluppando quantitativamente queste idee, Bohr fu in grado di riprodurre teoricamente i dati spettroscopici relativi all'idrogeno.
Egli, in tal modo, forniva un ulteriore solido sostegno alle innovative idee di Planck e di Einstein.