Il taylorismo: definizione e principi

Cos'è e su cosa si basa il taylorismo? Definizione, i principi, come e quando nasce, le cause e le conseguenze del taylorismo.

Il taylorismo: definizione e principi
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TAYLORISMO: DEFINIZIONE E PRINCIPI

Taylorismo: definizione e principi
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Il taylorismo è l’organizzazione scientifica del lavoro ideata dall’ingegnere americano Frederick Taylor.

Ci troviamo in piena seconda rivoluzione industriale che va dagli anni '70 del XIX secolo ai primi quindici anni del XX secolo.

In questo periodo, lo scopo delle aziende è quello di sfruttare al massimo i macchinari, così da recuperare gli ingenti investimenti realizzati nell’acquisto degli stessi.

Le aziende puntano il proprio interesse sul processo produttivo e sulle modalità di svolgimento del lavoro degli operai.

Nella ricerca dei mezzi più adatti a ridurre i costi di produzione e ad accrescere i profitti, gli imprenditori cominciano a porre attenzione agli studi sull’organizzazione del lavoro.

In questo senso ha particolare importanza la figura di Frederick Taylor che, attraverso l’osservazione dei processi industriali, formulò il principio della catena di montaggio.

Il nucleo del taylorismo è la scomposizione di ogni processo produttivo in semplici operazioni: in pratica ogni mansione è scomposta in azioni lavorative elementari, giungendo in questo modo ad indicare il tempo da dedicare ad azioni molto semplici.

La convinzione di Taylor è che la ripetitività e la semplicità dell’azione permettano ad un lavoratore, anche non qualificato, di raggiungere livelli di specializzazioni tali da consentirgli la massima efficienza.

In questo modo Taylor ha posto le basi della catena di montaggio, dove ogni lavoratore esegue lo stesso compito un’infinità di volte senza fare errori.

La teoria di Taylor viene accolta con grande entusiasmo dagli imprenditori dell’epoca che iniziano così ad assumere operai poco specializzati, affidandogli compiti semplici e altamente ripetitivi, ottenendo un risparmio di costi (salari inferiori) e di tempo.

LA CRITICA AL TAYLORISMO

La specializzazione di Taylor, portata agli estremi, si è dimostrata poco efficace. Gli aspetti negativi si possono riassumere in due elementi fondamentali:

  1. la rigidità;
  2. l’alienazione del lavoratore.

Un’eccessiva specializzazione del lavoro porta, infatti, ad una forte rigidità, perché un lavoratore ha imparato ad eseguire solo un piccolo compito, ripetuto centinaia di volte, si trova disorientato di fronte ad ogni piccolo cambiamento.

Altro notevole limite è la condizione psicologica nel quale è tenuto il lavoratore, costretto a compiere i medesimi gesti per ore e ore.

Il lavoro svolto in questo modo è vissuto in maniera negativa con disinteresse e senza alcuna voglia di migliorare e di evolversi.

TAYLORISMO E FORDISMO

L’imprenditore statunitense Henry Ford è stato il primo nel 1913 ha introdurre la catena di montaggio nelle proprie autofficine di Detroit.

Con il fordismo, che consiste nell’applicazione concreta delle teorie di Taylor nel processo produttivo, la produzione prevale sul mercato, così pure il lavoro di fabbrica sulla società.

In questo periodo le imprese assumono dimensioni enormi e si determina una conflittualità tra i capitalisti e i lavoratori.

Il POST-FORDISMO

La produzione di massa entra in crisi con l'affacciarsi di nuove imprese impegnate nella realizzazione di prodotti ad alto livello scientifico e tecnologico.

Inoltre, il mercato inizia a dominare la produzione, perché aumenta la richiesta da parte dei consumatori di prodotti sempre più diversi e innovativi.

Le alternative produttive al fordismo sono state quindi l’introduzione di un sistema produttivo flessibile e versatile.

IL MODELLO GIAPPONESE

Una risposta al fordismo è stato il modello giapponese. Alla fine degli anni ’40, infatti, la Toyota aveva gravi problemi economici.

Per far fronte a questa situazione critica, la Totyota abbaonda la produzione di scala “fordista” per introdurre nell’azienda una produzione di breve serie, ponendo attenzione ad ogni minimo movimento del mercato e sforzandosi di adattarsi ad esso.

In questo modo sono venuti meno i problemi di stoccaggio e di magazzino, non esistendo più scorte e producendo quello che serve, eliminando gli sprechi.

Il modello giapponese ha avuto applicazione anche in Occidente negli anni '70. In particolare, è stata la Nissan ad impiantare proprie imprese in Gran Bretagna, paese dove in quel tempo, il costo della manodopera era basso.

Successivamente, imprese inglesi integrarono al proprio processo produttivo il modello giapponese.

IL SISTEMA RETICOLARE DELLE IMPRESE DELLA SILICON VALLEY

La seconda risposta alla crisi del fordismo è stata la costituzione di un sistema reticolare di piccole imprese tra loro ben integrate. Tra le principali imprese di questo tipo, hanno assunto particolare importanza quelle insediate nella Silicon Valley. +

Si trattava di piccole imprese a basso capitale, con idee innovative e con un alto grado tecnologico. Un esempio sono state le seguenti imprese: HP, Apple e Intel.

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