La globalizzazione dei mercati

Presentazione dell tesi di Giorgia Ferri dal titolo:"Disoccupazione strutturale nella rivoluzione tecnologica e nella globalizzazione dei mercati" (0 pagine formato doc)

Appunto di fenilxxx
TESI CAPITOLO I 1.
DISOCCUPAZIONE STRUTTURALE NELLA RIVOLUZIONE TECNOLOGICA E NELLA GLOBALIZZAZIONE DEI MERCATI L'indagine che ci si accinge a svolgere permette di accennare ad un'analisi economico-politica dell'istituto dei lavori socialmente utili e dà, altresì, la possibilità di pervenire ad una considerazione che consente di osservare che tale istituto nasce come risposta alla disoccupazione, la quale oggi si presenta come un processo tendenzialmente irreversibile ed ha assunto un carattere strutturale, non più congiunturale. La causa primaria dell'emergenza occupazionale, che ha determinato anche un mutamento nelle economie mondiali e negli assetti istituzionali, è da ricercare in quella che viene definita “malattia della disoccupazione tecnologica”, che si manifesta come una tendenza di lungo periodo, tipica dei sistemi capitalistici, e non più come episodio isolato e legato alla congiuntura economica di un Paese in relazione ad un dato periodo di tempo. Quindi, secondo un orientamento che può essere riallacciato alle teorie economiche di Ricardo e Marx, il problema della disoccupazione strutturale, ossia di lungo periodo, deriva dall'introduzione di tecniche produttive ed organizzative (il cui sviluppo prende le mosse dall'invenzione della macchina a vapore, storicamente collocabile nel periodo della Rivoluzione Industriale), predisposte a risparmiare non lavoro ma lavoratori.
Nel 1930 John Maynard Keynes scriveva: . Però, secondo le previsioni di Keynes, la malattia della disoccupazione, di cui egli parlava negli anni Trenta, sarebbe stata soltanto una fase di squilibrio transitorio e, nell'arco di cent'anni, l'umanità avrebbe risolto il suo problema economico. Sulla base di quest'affermazione, dunque, tra circa un trentennio l'uomo dovrebbe trovarsi ad affrontare il problema di come gestire la sua libertà derivante dalla fine di pressanti difficoltà economiche, di come impiegare il tempo libero guadagnato grazie al progresso della scienza e della tecnica per poter vivere bene e saggiamente. Ma, in realtà, dall'epoca in cui Keynes prefigurava questa condizione idilliaca per l'umanità fino ad ora, si è passati a quella che Giorgio Lunghini definisce “l'età dello spreco” e non all'età della libertà e della moderazione proprio perché attualmente la rivoluzione tecnologica tende a marginalizzare il lavoro umano nel processo produttivo e, determinando una rottura nella connessione esistente tra sviluppo economico ed occupazione, dà luogo alla disoccupazione strutturale di lungo periodo che, in Italia, sta assumendo connotati particolarmente drammatici e sicuramente oggi è un problema più grave di allora. Gli sviluppi nelle conoscenze tecniche e scientifiche e nell'accumulazione del capitale non hanno liberato gli uomini, soprattutto i giovani, dal lavoro ma li hanno privati di esso. La disoccupazione, fra i diversi sostenitori delle varie teorie economiche, è stata definita da alcuni come un fenomeno naturale, da altri