Critica della ragion pratica: analisi
Riassunto della Critica della ragion pratica di Kant: analisi e spiegazione semplice (2 pagine formato doc)
CRITICA DELLA RAGION PRATICA ANALISI
Critica della ragion pratica. Kant, pur negando nella Critica della ragion pura la metafisica come scienza, l’ammette come esigenza di cui l’uomo non può liberarsi.
“La ragione umana –egli dice- ha il singolare destino di essere tormentata da problemi a cui non può sottrarsi, giacché sono imposti dalla sua stessa natura, e che tuttavia egli non riesce a risolvere, perché oltrepassano ogni suo potere” (Critica della Ragion Pura, Prefazione). Data questa sua posizione mentale, si spiega come Kant abbia cercato in altre opere di risolvere, si pure in un campo diverso da quello della pura ragione, quei problemi di metafisica più urgenti nella vita dello spirito, quali sono quello della libertà, quello dell’immortalità dell’animo e quello dell’esistenza di Dio.E appunto Kant scrisse la Critica della ragion pratica per dimostrare entro quale ambito i detti problemi possano risolversi., e con la precisa convinzione che la ragione pratica sia indipendente della conoscenza teoretica, alla quale non può chiedere alcun aiuto.
La critica della ragion pratica cos'è
RAGION PRATICA COS'E'
Riflettendo sulla ragione, quale guida dei nostri atti volitivi o pratica, egli cerca di rilevare, come già nell’analisi della sensibilità e dell’intelletto, ciò che di puro e cioè di assoluto e di universale si trovi in essa. E poiché, come già si è ricordato, l’esperienza non può essere che mutevole e contingente, per essere sicuri di aver colto ciò che di a priori si trova nella ragion pura pratica, bisogna pervenire, secondo lui, ad un principio puro, assoluto e universale.
Ciò è come dire che nella Critica della ragion pratica egli si propone di additare una fede morale universale e necessaria, così come nella Critica della ragion pura ha cercato di scoprire una conoscenza fornita degli stessi caratteri di universalità e necessità. Tale principio è rappresentato, per Kant, da quella voce imperiosa che s’impone dentro di noi con tutti i caratteri di una legge invernale e che può tradursi in questi termini “tu devi”.
Kant: critica della ragion pura, critica della ragion pratica e critica del giudizio
KANT CRITICA DELLA RAGION PRATICA RIASSUNTO
Questo “tu devi”, che Kant chiama imperativo categorico per la sua imperiosità e perché incondizionato, implica il “tu puoi”. Infatti, io debbo, in quanto io posso. Ma, se io posso, vuol dire che sono libero. La legge morale mi apre, così, la via alla soluzione del problema della libertà, fondamentale, a sua volta, nella risoluzione del problema morale. Proprio in questo senso Kant è osserva che la morale è la ratio cognoscendi della libertà e questa è la ratio essendi della moralità. Cioè la base senza la quale non esisterebbe la morale, dato che l’uomo, non essendo libero e non agendo liberamente, non sarebbe più né morale né immorale. Ma, ad esempio, sarebbe morale Dio, se l’azione morale dell’uomo fosse voluta o predisposta da Dio, e a Dio andrebbe il merito, e così anche il demerito, dell’azione umana buona e dell’azione cattiva di un uomo.
Kant, critica della ragion pratica: schema riassuntivo
CRITICA DELLA RAGION PRATICA SPIEGAZIONE SEMPLICE
Impostato il problema morale sulla libertà di arbitri, Kant costruisce una morale che ha sempre suscitato polemiche e discussioni, ma che, senza dubbio, non manca di profondità e di un alto valore ideale. Egli critica tutte le concezioni morali edonistiche e traccia le linee di una morale che, fornita di un primato su tutto, anche sulla religione, non mira se non a spingere al pene per ubbidire all’intima voce del dovere. E, per quanto questa voce sia considerata da Kant pura e a priori, e quindi di carattere universale, per evitare qualsiasi interpretazione arbitraria dell’imperativo categorico della coscienza, egli la chiarisce ancora di più con le tre famose massime: “ opera in modo che la tua azione possa essere considerata norma universale; opera in modo che la tua volontà possa avere ad oggetto se stessa, come legislatrice universale; serviti dell’umanità come fine e non come mezzo”.