La Repubblica di Platone: riassunto libri

Riassunto, libro per libro, della Repubblica di Platone (18 pagine formato doc)

Appunto di porthos

LA REPUBBLICA DI PLATONE LIBRO 1

Libro primo.

Rispetto agli altri nove, il primo libro della “Repubblica” è differente per lo stile e per il modo in cui vengono affrontati gli argomenti; è fondato ritenere che costituisse un dialogo a parte, probabilmente intitolato “Trasimaco”, infatti in esso compaiono personaggi (Cefalo, Polemarco e Trasimaco) che non interverranno più nel corso dell’opera; inoltre la tecnica confutatoria di Socrate è quella tipica dei dialoghi della gioventù, diversa dallo stile degli altri capitoli.
I personaggi dell’opera sono il filosofo Socrate, il ricco Cefalo, esponente della classe “borghese” e crematista, suo figlio Polemarco, acceso democratico, Glaucone ed Adimanto, fratelli dello stesso Platone ed esponenti dell’aristocrazia, e Trasimaco, sofista iroso ed impulsivo, teorizzatore dell’ingiustizia come virtù; alla discussione, pur non prendendone parte, assistono diverse altre persone.
Socrate, dopo aver assistito con Glaucone alle feste Bendidie, viene raggiunto da alcuni amici e convinto a seguirli a casa di Cefalo, qui intrattiene con lo stesso una discussione sulla vecchiaia ed entrambi sono d’accordo nel ritenerla piacevole per i giusti che si sanno accontentare in quanto “liberazione da molti e pazzi padroni”, i desideri carnali; il ricco Cefalo sostiene poi che la ricchezza aiuta il buono a sostenere la vecchiaia con onestà e giustizia, ma è inutile all’ingiusto.

La Repubblica di Platone: riassunto breve

LA REPUBBLICA DI PLATONE RIASSUNTO

Socrate inizia la serie di definizioni da confutare, suo tipico metodo argomentativo, proponendo come definizione di giustizia, “dire la verità e restituire le cose ricevute”; Cefalo, conscio della superiorità di Socrate, abbandona con una scusa la discussione, lasciandola al proprio figlio Polemarco.
Socrate confuta col paradosso del pazzo la precedente definizione di giustizia, e Polemarco, parafrasando un poeta, la definisce “fare il bene degli amici ed il male dei nemici”.
Ma il bene dell’amico malato lo farà il medico, e il bene del marinaio il pilota; sono le persone competenti, e non i “giusti”, a fare il bene dell’oggetto della loro scienza; inoltre è difficile definire chi sia amico e chi no.
Trasimaco interrompe la discussione, criticando il metodo socratico e la mancanza di una definizione; per lui l’ingiustizia, cioè l’utile del più forte, è preferibile alla giustizia e il tiranno è l’uomo più felice di tutti.
Socrate confuta questa tesi dimostrando che, tendendo l’ingiusto a “soverchiare tutti, giusti ed ingiusti”, si ritroverà senza alleati, amici, e le stesse parti della sua anima saranno divise; un tale uomo è sicuramente infelice ed avrà vita breve a causa dell’odio che lo circonda e della profonda spaccatura della sua anima.
In questo libro emerge una dura critica ai sofisti, nella persona di Trasimaco, per la loro arroganza; Socrate, a differenza del sofista, che insegna volentieri ma a pagamento, è riluttante ad esporre le proprie idee, ed è quasi costretto a partecipare alla discussione.
Le argomentazioni usate da Socrate in questo libro sono insufficienti; Platone sottolinea così la debolezza del metodo socratico, e come sia necessario arrivare a conclusioni assolute; dal prossimo libro Socrate abbandonerà il suo metodo e darà lui definizioni anziché confutare quelle dell’interlocutore.

PLATONE REPUBBLICA LIBRO 2

Libro secondo. Esprimendo i suoi dubbi, Glaucone, non soddisfatto dalla confutazione di Socrate, riprende le tesi di Trasimaco per ottenere una definizione della giustizia.
Socrate divide i beni in tre classi: quelli desiderabili per sé, quelli desiderabili per sé e per i vantaggi che portano, e quelli desiderabili solo per i vantaggi che portano; Socrate mette la giustizia nella seconda categoria, ma la maggioranza ritiene più corretta la terza.
Glaucone aggiunge che è bene commettere ingiustizia e male subirne; si è giusti solo per paura delle punizioni e per avvalorare il discorso cita la storia dell’anello di Gige.
Mentre si procede ad esaminare l’uomo giusto e l’uomo ingiusto, Adimanto chiede di cercare la giustizia in sé.

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