L'idealismo critico di Kant

Spiegazione di filosofia sull'idealismo critico di Immanuel Kant (7 pagine formato doc)

Appunto di Eddybuddy

IDEALISMO CRITICO DI KANT

L’idealismo critico di Kant.

Come è noto nella seconda edizione della Critica della ragion pura Kant inserì un paragrafo dedicato alla confutazione dell’idealismo. In esso si trova la seguente definizione: “L’idealismo è la teoria che dichiara che l’esistenza degli oggetti nello spazio fuori di noi o è semplicemente dubbia e indimostrabile, oppure è del tutto falsa e impossibile”. Il riferimento a Cartesio e Berkeley è assolutamente esplicito.
Cartesio è il principale esponente del cosiddetto idealismo problematico, il quale non nega l’esistenza delle cose ma allo stesso tempo ammette come chiara e indubitabile una sola affermazione empirica: Io sono. In sostanza per Cartesio l’esperienza è qualcosa di cui si deve sempre dubitare, perciò deve essere la ragione l’unica via sicura verso al conoscenza. Berkeley invece sostiene una forma di idealismo dogmatico che considera gli oggetti esterni nello spazio semplici immaginazioni. Si tratta di una posizione inevitabile se si considera lo spazio coma qualcosa di inerente alle cose in se stesse, che si può confutare facilmente se si dimostra che invece lo spazio è soltanto una rappresentazione.

Filosofia di Kant: riassunto

IDEALISMO TRASCENDENTALE KANT

L’Estetica trascendentale è un capitolo fondamentale della Critica della ragion pura in cui Kant, pur negando che spazio e tempo possano essere realtà in sé esistenti fuori di noi, nel contempo afferma che ciò non toglie nulla alla realtà dei fenomeni e neppure mette in dubbio l’esistenza di una realtà al di fuori dei fenomeni (cosa in sé). Si tratta di una posizione che sembra dare torto a coloro che volevano collocare Kant nella schiera degli idealisti per il fatto che egli stesso aveva battezzato la sua dottrina con il nome di “idealismo trascendentale”.
Giudizi inaspettati. La capacità che l’uomo ha di comprendere la realtà si deve alla facoltà di giudicare: ogni conoscenza non è che un giudizio che connette il predicato al soggetto. La validità del giudizio sta nella verità della connessione, la quale pertanto deve essere giustificata. Le scienze non fanno altro che giustificare le proprie connessioni in modo che si possa dire che sono vere oggettivamente.
Formalmente i giudizi si possono dividere in due grandi categorie: quelli la cui connessione soggetto-predicato si regge sul principio di non contraddizione e quelli la cui connessione si regge sull’esperienza. Tuttavia se osserviamo i giudizi della metafisica scopriamo che non rientrano in nessuna delle due categorie. Ma un giudizio che non si basa né sull’uno né sull’altro principio come può dirsi vero?

IDEALISMO KANT

Kant scopre un fatto molto importante, che quella scienza che tradizionalmente era stata sempre considerata la più veritiera e sicura di tutte, e cioè la matematica, si basa su un tipo di giudizio che non è né analitico né empirico. La stessa cosa poi si rileva anche in una parte della fisica, che è si una scienza empirica, in quanto trae le proprie conoscenze prevalentemente dall’esperienza, ma i suoi principi fondamentali non sono empirici; essi si devono considerare assolutamente necessari, come quello che asserisce che ogni cambiamento ha una causa.
Ma allora, che tipo di giudizi sono questi della matematica e della fisica pura?
Non c’è dubbio che quelle della matematica sono conoscenze intellettuali ‘a priori’ in quanto, senza bisogno di fare alcuna verifica empirica, l’intelletto trova dei procedimenti di calcolo che valgono sicuramente anche nell’esperienza. Questo fatto sembra contraddire la tesi che l’uomo sia privo di intuizione intellettuale, cioè incapace di ‘vedere’ senza l’ausilio dei sensi.