La politica di Hobbes e Locke

Confronto tra le differenti concezioni di Stato nel pensiero dei due filosofi. (2 pg - formato word) (0 pagine formato doc)

Appunto di ihatemaths
LA POLITICA IN HOBBES E LOCKE LA POLITICA IN HOBBES E LOCKE Da una discussione sono emerse le diverse concezioni dello "stato di natura" che ci sono in Hobbes e in Locke, con le relative concezioni di "Stato".
Hobbes (SB), infatti, afferma che alla base della scienza politica vi sono due importanti postulati che regolano la natura umana: la bramosia naturale per la quale ognuno intende godere da solo dei beni comuni e la ragione naturale considerando la morte naturale il peggiore dei mali. Pur non negando che gli uomini abbiano bisogno gli uni degli altri, Hobbes afferma che essi non hanno un istinto naturale che li porta alla benevolenza e alla concordia reciproca. Nega infatti che ci sia un amore naturale dell'uomo verso l'uomo.
Da qui la sua convinzione che ogni associazione naturale non nasca dalla benevolenza o dall'amore verso gli altri ma dal bisogno reciproco o dall'ambizione. E' il timore reciproco che fonda le più grandi e durature società. Le cause di questo timore sono due: l'uguaglianza degli uomini nello stato di natura per cui tutti hanno diritto su tutto e quindi ognuno può rivendicare l'uso esclusivo dei beni comuni; la reciproca volontà di danneggiarsi o l'antagonismo derivante dal contrasto d'opinioni e dalla mancanza del bene. Queste due cause fanno sì che lo stato di natura sia uno stato di guerra di tutti contro tutti ("bellum omnium contra omnes") dove non esiste la distinzione tra giusto e sbagliato né esiste alcuna legge. Ognuno ha diritto su tutto, compresa la vita degli altri. Questo diritto non è la legge di natura bensì un istinto naturale. Ma questo stato di guerra di tutti contro tutti porterebbe inevitabilmente all'autodistruzione della specie umana e anche la sola minaccia potenziale dello stato di guerra pone l'uomo al livello di un animale solitario caratterizzato dal timore. L'uomo però è fornito di ragione, e la ragione naturale suggerisce gli la norma generale da cui discendono le leggi naturali del vivere civile, che proibiscono all'uomo di compiere azioni che recano distruzione della vita. Questo principio è alla base della legge di natura. Vi sono essenzialmente tre leggi naturali che impediscono all'uomo l'istintiva autodistruzione imponendogli una certa disciplina che apporti sicurezza e possibilità di occuparsi di attività che rendono migliore la sua vita. La prima, e più importante, è cercare e conseguire la pace poiché si ha la speranza di ottenerla e, se ciò non può essere ottenuto, cercare tutti gli aiuti e i vantaggi della guerra (pax est quaerenda). La seconda è che l'uomo potrebbe rinunciare al diritto su tutto e tutti, a condizione che lo facciano tutti gli altri, accontentandosi di avere tanta libertà quanta egli ne riconosce agli altri. La terza, di conseguenza, consiste nello stare ai patti e nel mantenere la parola data (pacta sunt serbanda). Ciò che segna il passaggio dallo stato di natura a quello civile è la stipulazione del "contratto" con il quale gli uomini rinunciano ai loro diritti