Il principio di non cantraddizione
Una personale rielaborazione delle riflessioni espresse su alcuni saggi specialistici riguardo al più inaffondabile, rigoroso e simpatico dei principi logici. (28 pagine, formato word) (0 pagine formato doc)
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Il principio di non contraddizione Nel corso dello sviluppo della storia della filosofia, il principio di non contraddizione ha trovato molteplici formulazioni ed è spesso stato al centro di discussioni polemiche, legate al tentativo di negarlo o di darne una connotazione ora esclusivamente logica, ora inserita in un quadro più ampio di carattere ontologico-metafisico . L'insostenibilità della contraddizione è già sostenuta, più o meno esplicitamente, nel pensiero di Socrate e Platone, ma viene teorizzata ed espressa, in maniera ben più completa e rigorosa, da Aristotele, che, nella Metafisica , prevalentemente nel IV libro, chiarisce con precisione quanto era stato solo accennato dai suoi predecessori, dando una duplice formulazione del principio di non contraddizione(d'ora in poi, scriveremo PNC). Una è di carattere più marcatamente ontologico : "è impossibile essere e non essere ad un tempo” o "non è possibile che i contrari sussistano insieme in un identico soggetto" ; l'altra assume un valore prevalentemente logico : "ogni cosa deve essere o affermata o negata" o "è impossibile che la stessa cosa, ad un tempo, appartenga e non appartenga a una medesima cosa, secondo lo stesso rispetto" . Quest'ultima formulazione del PNC mostra comunque chiaramente che il valore logico del principio stesso non comporta l'esclusione del valore ontologico, visto che il verbo usato, "appartenere", può essere interpretato non solo come una inerenza logica, ma anche come una forma di appartenenza reale di una cosa ad un'altra, cioè di una proprietà ad un sostrato. Secondo Aristotele, inoltre, il PNC, essendo il primo fra tutti i principi, non può essere propriamente dimostrato, dato che una dimostrazione richiede sempre il ricorso a principii che siano precedenti rispetto a ciò che si intende dimostrare; esso ammette soltanto una forma di dimostrazione per confutazione, che si distingue dal dimostrare in quanto tale, per ottenere il quale, in questo caso, si cadrebbe in una petizione di principio (ossia nell'utilizzo del PNC stesso). La confutazione è operata contro un interlocutore che voglia negare il PNC, e segue un procedimento che non intende ridurre l'interlocutore stesso in contraddizione (il quale, sostenendo la contraddizione, non si considererebbe in alcun modo confutato), ma vuole mostrare come egli assuma implicitamente il PNC proprio mentre si impegna a negarlo. Il negatore, infatti, per parlare, deve affermare qualcosa, deve esprimere qualcosa di sensato, ossia qualcosa di determinato; in caso contrario, finirebbe per cadere nella più completa insignificanza, nel non poter dire nulla che abbia un significato per sè e per gli altri, riducendosi a non parlare nemmeno, ad essere "come una pianta". Basta dunque che l'avversario dica una sola parola sensata perchè questa stessa parola venga anche ad esprimere qualcosa di determinato, cioè qualcosa che non sia la sua stessa negazione, attestando inevitabilmente il PNC. Ogni negazione de