L'uomo del Medioevo: riassunto
Riassunto sull'uomo del medioevo: tradizione ecclesiale, cristianità medievale, dalla nascita fino al calvario: gli episodi della Passione (4 pagine formato docx)
L'UOMO DEL MEDIOEVO: RIASSUNTO
L’uomo del Medioevo.
Nel proporre questo argomento seguo soprattutto Jacques Le Goff, che, oltre a molte pubblicazioni, ha pure introdotto e coordinato una serie di saggi dedicati a esplorare i tipi umani del millennio medioevale. “Poche epoche hanno avuto come il Medioevo cristiano occidentale dei secoli dall’XI al XV – afferma Le Goff – la convinzione dell’esistenza universale ed eterna di un modello umano”. Ciò è ben naturale in una civiltà organica e tutta compenetrata dalla religiosità. Dalla concezione di Dio (teologia) discende una corrispondente concezione dell’uomo, apprese l’una e l’altra, dalla Scrittura e dalla Tradizione ecclesiale. L’antropologia medioevale, a mio parere, risente, più che della teologia, dell’influsso della cultura ellenistica e romana, della mutevole situazione storica e degli ideali o dei pregiudizi dei ceti dirigenti. Queste oscillazioni peraltro riguardano il giudizio sulla condizione dell’uomo più che sulla sua natura. Creati da Dio, sommamente buono, a sua immagine e somiglianza - secondo il racconto della Genesi – e dotati di grandissimi doni, l’uomo e la donna, per un cattivo uso della libertà, hanno perduto quei doni.Le donne nel medioevo: riassunto
IL MALE NEL MEDIOEVO
Ma il Creatore non maledice né abbandona a se stessi i progenitori e i loro discendenti. Egli, che è fedele, promette , dapprima velatamente, poi sempre più chiaramente, la Redenzione. Gesù Cristo, figlio di Dio e di Maria, perciò vero Dio e vero uomo, riscatta l’umanità perduta, pagando per tutti il prezzo del peccato o “debitum culpae”; riapre per sempre le porte del Cielo e consente così a ogni uomo e donna di divenire coerede della vita eterna e beata. Tuttavia la condizione umana in terra continuerà a risentire le conseguenze del primo peccato (“debitum poenae”). Uomini e donne continuano a sentire le tentazioni al male, a subire malattie, avversità della natura e la morte corporale. Ma anche in questa “valle di lacrime” la condizione umana è illuminata dalla speranza, virtù sorella della fede e della carità, e alla debolezza morale viene incontro la grazia (dono gratuito) dispensata da Dio.
RAPPORTO UOMO-NATURA NEL MEDIOEVO
I medioevali, non solo i teologi, hanno presente questo quadro,che può definirsi un pessimismo superato o un ottimismo cristocentrico. A seconda delle epoche ”la Cristianità medioevale – osserva Le Goff – insisterà piuttosto sull’immagine positiva dell’uomo, essere divino associato alla creazione,chiamato a ritrovare il Paradiso, che ha perduto con la propria colpa; o piuttosto sulla sua immagine negativa, quella del peccatore, sempre pronto a soccombere alla tentazione, a rinnegare Dio e quindi a cadere nella morte eterna”. Questa visione pessimistica è più accentuata nell’alto Medioevo, pur durando ancora sino al cuore del Rinascimento e anche oltre. Il modello biblico in cui l’immagine dell’uomo si è più a lungo e meglio incarnata è Giobbe. Egli è l’uomo retto, schiacciato dalle molte e per lui incomprensibili prove. Giobbe non maledice il “Sommo”, ma è amareggiato; constata che “l’uomo consuma i suoi giorni senza speranza” e che “la sua vita è solo vento”. Finalmente si arrende di fronte all’Onnipotente e la sua umiltà è ampiamente ricompensata. Al libro di Giobbe s. Gregorio Magno dedica un testo fondamentale: i “Moralia in Job”. L’iconografia “tanto rivelatrice e formatrice nel campo dell’immaginario, non conosce in genere, della storia di Giobbe, che gli episodi della sua umiliazione davanti a Dio e l’immagine privilegiata è quella di Giobbe roso dalle ulcere sul suo letamaio. La pittura fa di lui quel relitto d’uomo che è un lebbroso” – così scrive Le Goff.