La legge Gozzini e la criminalità organizzata
Appunti di diritto penitenziario sulla legge Gozzini in relazione alla criminalità organizzata. (3 pagine, formato word) (0 pagine formato doc)
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Legge-Gozzini e criminalità organizzata. La cosiddetta "legislazione dell'emergenza" degli anni '90, concepita per contrastare il dilagare sempre più preoccupante della criminalità organizzata, in particolare di quella mafiosa, non poteva non incidere in maniera sensibile anche nella materia penitenziaria. Si è trattato, infatti, di interventi che, per quanto dettati con riferimento a particolari tipologie di reati, hanno finito per influire sull' intero ordinamento penitenziario. Il legislatore ha, in realtà, trovato in esso uno dei terreni più fertili sui quali intervenire per rispondere, in modo tempestivo, alla domanda di tutela proveniente dalla collettività ed inasprire così una normativa ritenuta, a torto o a ragione, "ipergarantista". L'ordinamento penitenziario, così come riformato dalla l. 354/1975, è stato oggetto di una nuova riforma nel 1986 da parte della l. 663/1986 (legge-Gozzini) che, altro non è stato, se non il naturale completamento della prima. Il legislatore del 1986 prende atto di una realtà di fatto: con la riforma dell' ordinamento penitenziario aveva preso avvio un generale processo di differenziazione tra modalità trattamentali "soft" e modalità trattamentali "hard". Semplicemente registra il fenomeno e cerca di darvi disciplina. Così, da un lato potenzia la gamma di operatività delle misure alternative e, più in generale, dei benefici penitenziari, secondo una logica che esprime inequivocabilmente una volontà politica di contenere le istanze di tipo strettamente custodiale. Dall'altro lato, adducendo esigenze di sicurezza, legalizza la forma della "sorveglianza particolare", sottraendola all'arbitrio dell' amministrazione penitenziaria e quindi, sotto questo punto di vista, mosso anche da preoccupazioni di tipo garantista. Della nuova disciplina, però, è importante tener presente, soprattutto ai fini di un confronto con le innovazioni che verranno apportate con la legislazione emergenziale degli anni '90, un altro particolare aspetto: la rimozione delle esclusioni dalle misure alternative. La l. 354/1975, infatti, in relazione a determinati titoli di reato (rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina e di estorsione, associazione di tipo mafioso), escludeva l'ammissione all'affidamento in prova, al servizio sociale e alla semilibertà. La nuova normativa, invece, è ispirata da un principio ben preciso: una volta che la condanna è stata inflitta, gli strumenti apprestati per verificare, sostenere e promuovere la riabilitazione del condannato debbono valere per tutti, a prescindere dal tipo di reato commesso. Il tipo di reato, le caratteristiche dell'inserimento delinquenziale che il soggetto aveva all'epoca saranno tutti elementi da prendere in considerazione al momento in cui si dovrà decidere nel merito della concessione delle misure alternative: ma nessuno, in linea di principio, può essere escluso dalle stesse con l'introduzione di presunzioni di pericolosità che appaiono in contrasto con i