Dante
Canto I VV. 1-136 (2 pagine formato doc)
INFERNO CANTO I VV.
1-136 Giunto all'età di 35 anni Mi ritrovai nel peccato Poiché avevo smarrito la retta via. È doloroso descrivere come fosse Questa selva selvaggia, aspra e forte Che incute spavento solo ricordandola. È così doloroso parlare di questa selva che farlo è quasi come affrontare la morte Ma per parlavi del bene (tra cui Virgilio) che trovai uscito da essa Narrerò delle fiere che vidi. Non ricordo come vi entrai Tanto mi ero lasciato andare al peccato Quando abbandonai la retta via. Ma dopo essere giunto ai piedi di un colle Laddove terminava quella vallata Che mi aveva riempito il cuore di paura Guardai in alto e vidi quel colle Illuminato da dietro dal sole Che conduce ognuno verso la retta via. Allora la mia paura si acquietò un poco Che aveva pervaso il mio cuore Tutta quella notte che passai nell'affanno. E come quelli che con respiro affannato Escono dall'acqua e si distendono sulla riva Volgono lo sguardo all'acqua splendente e calma Così il mio animo, che era ancora teso Si voltò per guardare il cammino percorso Che mai nessun vivente superò Dopo aver riposato un po' le stanche membra Ripresi il cammino lungo il pendio solitario (del colle) Così che il piede su cui appoggiavo era il più basso (era in salita) Ma ecco, quasi al cominciar della salita Una lonza (leopardo o pantera) magra e molto veloce Coperta di pelo maculato E mi si pose davanti Impedendomi di proseguire il cammino Che più volte pensai di tornare nella selva. Era l'alba E il sole sorgeva con quelle stelle (dell'Ariete) Con cui era sorto quando Dio Aveva creato il mondo; e così l'ora e la stagione di buon influsso me facevano sperare di poter vincere quella fiera dalla pelle screziata. Ma una nouva paura suscitò in me La vista di un leone. Sembrava che il leone mi venisse incontro Con la testa alta e una fame rabbiosa Così che sembrava che pure l'aria lo temesse. E anche una lupa che per la magrezza Sembrava carica di tutte le avidità Che già avevano aflitto numerose persone. Questa mi mise addosso una tale angoscia Con la paura che le usciva dagli occhi Che persi la speranza di salire il colle. E come colui checon gioia si acquista, ma giunto il tempo di perdere tutto resta ossessionato dal rammarico così fece la bestia che non dà pace che venendomi incontro pian piano mi spingeva nella oscura valle. Mentre riscendevo nella valle Ecco che mi apparve Un uomo che pareva aver perso la voce x il lungo silenzio. Quando lo vidi nella valle Gli gridai “pietà di me Chiunque tu sia: fantasma o uomo in carne ed ossa” Mi rispose:” non sono un uomo, lo sono già stato E I miei genitori erano lombardi Entrambi di patria mantovana Nacqui nell'età di Cesare, ma ero troppo giovane xè egli mi conoscesse E vissi a Roma sotto il grande Augusto Al tempo in cui gli dei erano finti e spingevano gli uomini all'idolatria Fui poeta e parlai di quel pio Figlio d'Anchise che venne da Troia, dopo che la magnifica città (Troia) fu arsa Ma tu perché ritorni in questo po