"L'assiuolo" di Giovanni Pascoli

Analisi completa della lirica di Giovanni Pascoli, con riferimenti critici. (5 pagine formato doc)

Appunto di botzzz
ANALISI DE “L'assiuolo” di Giovanni Pascoli Bozzola Angelo ANALISI DE “L'assiuolo” di Giovanni Pascoli Questa lirica, emblematica della parte più autentica della produzione pascoliana, fu pubblicata nel 1897 sul “Marzocco”.
Da un punto di vista metrico, la poesia è costituita da tre quartine di novenari, ognuna delle quali sviluppa, in maniera progressiva, la tematica misteriosa che pervade l'intero componimento; si noti come l'ultimo verso di ogni strofa è in realtà il richiamo, riprodotto in forma onomatopeica, dell'assiuolo. Da un punto di vista contenutistico, Pascoli descrive uno scenario notturno in maniera complessa e multiforme, utilizzando numerose indicazioni sensoriali, uno scenario dominato dal verso dell'assiuolo, un piccolo rapace notturno, simile al gufo.
L'apertura del quadro è, in apparenza, quasi impressionistica: si tratta infatti della descrizione di un'alba lunare. Il poeta non esplicita chiaramente se la luna sia già sorta o illumini il cielo negli attimi appena precedenti alla sua comparsa, ma il critico Giuseppe Nava ritiene che si tratti proprio di questa seconda ipotesi, che, in questo caso costituirebbe un fine parallelismo con “La sera fiesolana”, dove D'Annunzio descrive uno scenario simile (vv. 8,9). La natura pascoliana è coinvolta interamente in questo evento: gli alberi e le piante risultano antropomorfizzati e si innalzano per osservare meglio lo spettacolo. Nelle strofe successive questo scenario viene ripreso: dall'analogia “nebbia di latte” della seconda e dallo scenario sereno della terza (“le lucide vette”), che introducono il lettore ad un clima di quiete. Tuttavia, come sostengono Guido Baldi e Silvia Giusso, è opportuno notare come questo clima sia solamente illusorio e limitato ai primi versi delle strofe, che devono quindi venire analizzate in maniera più critica. Infatti all' “alba di perla” del v.2 seguono i “soffi di lampi” e il “nero di nubi” che, oltre a richiamare le analoghe immagini presenti “Digitale purpurea” (III, v.17,18) e in “Temporale” (v.4), suggeriscono in maniera vaga e indefinita (e per questo più efficace) un senso diffuso di insicurezza e pericolo che, proveniente da lontano, sembra attanagliare il poeta. La stessa funzione viene assunta dall'onomatopea del v.12, che si allarga a un'immagine più completa nei due versi successivi; infine, nella terza strofa, l'inquietudine diventa palese ma al contempo più misteriosa, con il riferimento simbolico ai “sistri d'argento” che vengono scossi dalle cavallette. Appare così chiaro che ridurre questo componimento di Pascoli (ma anche l'intera sua produzione) a una somma di quadretti naturalistici semplici e umili, senza considerarne il significativo back-ground psicologico ed emotivo, sminuisca notevolmente l'importanza dell'autore. Nell'espressione della sua inquietudine, infatti, il poeta ha calibr