Analisi del testo de La sera fiesolana di Gabriele d'Annunzio

La sera fiesolana: analisi del testo e temi principali della prima poesia dell’Alcyone, scritta nel 1899 da d’Annunzio.

Analisi del testo de La sera fiesolana di Gabriele d'Annunzio
istock

LA SERA FIESOLANA: ANALISI DEL TESTO

La sera fiesolana: analisi
Fonte: istock

La sera fiesolana è una poesia composta da Gabriele d’Annunzio nel 1899. E’ la prima lirica dell’Alcyone (il terzo libro delle Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi). La poesia è divisa in tre strofe, seguite da una ripresa di tre versi, sotto forma di lodi.

I versi che compongono “La sera fiesolana” sono pervasi da una strana atmosfera mistica dovuta allo stretto legame tra la natura e l’uomo, che finisce con l’intrecciarsi inevitabilmente in più punti sia tramite antropomorfizzazione e sia tramite naturalizzazione.

Queste trasformazioni sono presenti sia nelle strofe principali e sia nelle terzine: la personificazione della Luna, la personificazione della Sera ricorrente per tre volte, la personificazione del fieno e infine la personificazione delle colline.

Non c’è da stupirsi se D’Annunzio fa un uso cosi cospicuo di tali figure dato che ciò è perfettamente in linea con il tema centrale della raccolta Alcyone, dove perdono valore le critiche e le discussioni politiche a vantaggio del panteismo naturalistico, la totale immersione e fusione del poeta protagonista delle liriche con tutto ciò che lo circonda, alla ricerca di emozioni, sensazioni e passioni che la natura cela al suo interno.

LA SERA FIESOLANA: TEMI

Una caratteristica curiosa della poesia è il richiamo continuo alla sfera tematica sacro-religiosa, tramite l’utilizzo di riprese esplicite al componimento “Cantico delle creature” di San Francesco scritto diversi secoli prima, come le tre terzine che ne condividono la struttura della lode oppure come il richiamo contenutistico dell’espressione “fratelli olivi” del verso 29.

Il motivo per cui D’Annunzio arricchisce la sua lirica con questo valore spirituale è il medesimo che lo spinse nel momento in cui stese “Il Piacere” e i suoi personaggi femminili, cioè unire sacro e profano mescolandosi tra loro in modo quasi sacrilego provocando il pubblico lettore, in particolare quello credente, e anche per soddisfare la sua particolare fantasia di rendere una visione della religione cattolica sotto una luce esteta.

Nonostante il tema del superomismo abbia una rilevanza minore rispetto alla altre opere d’annunziane è possibile riscontrarne alcuni riferimenti negli ultimi versi della seconda strofa che formano un’analogia. Secondo il pensiero del poeta il superuomo era dotato di una sensibilità superiore alla norma e questa gli permetteva di comprendere contenuti ed emozioni che i comuni mortali non erano in grado nemmeno di elaborare, di conseguenza era l’unico in grado di sciogliere al primo incontro figure retoriche come quella dell’analogia che, per definizione, è una serie di passaggi logici deduttivi complessi che portano il lettore da un significato esplicito ad uno implicito per mezzo di passaggi intermedi non espressi, ad esempio l’analogia presente nel brano, parte dal concetto del pallore delle chiome degli ulivi per indicare in realtà un legame ad una condizione di umiltà e santità.

ASCOLTA IL PODCAST SU GABRIELE D'ANNUNZIO

Ascolta su Spreaker.
Un consiglio in più