Giacomo Leopardi: analisi poesie

Analisi dettagliata di alcune poesie di Giacomo Leopardi: La sera del dì di festa, Dialogo della natura e di un Islandese, A Silvia, La quiete dopo la tempeste, Il sabato del villaggio, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, Il passero solitario, La ginestra e A se stesso (6 pagine formato doc)

Appunto di enricozucchet

GIACOMO LEOPARDI: POESIE

Sera del dì di festa. La poesia si apre con un notturno lunare che è una di quelle immagini vaghe e indefinite che danno all’uomo l’illusione di attingere all’infinito.

Leopardi è convinto che nel mondo moderno, la poesia immaginosa e fanciullesca degli antichi non sia più possibile, per colpa dell’avanzamento della civiltà e della ragione. Nel corpo della poesia si colgono due temi fondamentali, trattati successivamente in due parti distinte.
Nella prima (versi 4-24) si ha la contrapposizione tra due figure giovanili: quella della fanciulla che si abbandona fiduciosa alle sue gioie e alle sue speranze, in armonia con la quiete notturna della natura, e quella del poeta che la natura ha creato per essere infelice. L’io lirico sottolinea la propria diversità che lo esclude dall’umanità comune, ma sottolinea anche il contrasto tra la presenza dell’essere infelice e la bellezza quieta e serena della natura. Questa contrapposizione dell’io solitario si manifesta in forme e atteggiamenti di violenta ribellione (“per terra mi getto e grido e fremo”). La seconda parte (versi 24-26) presenta il tema del tempo che nel suo scorrere vanifica “ogni umano accidente”; il canto fa risaltare il silenzio della notte e richiama per contrasto l’animazione e la vita del giorno festivo che in quel silenzio si sono dissolte senza lasciare traccia. Anche il passaggio tra la prima e la seconda parte si colloca alla metà di un verso (“in così verde etate! Ahi per la via…”). Il legame è il seguente: i giorni del poeta sono orrendi, ma anche questa infelicità è un nulla, è destinata a vanificarsi nel fluire del tempo. Il pensiero della vanità universale vanifica la disperazione iniziale in una rasserenante contemplazione di universale annullamento.

GIACOMO LEOPARDI: POESIE DIALOGO DELLA NATURA E DI UN ISLANDESE

Operette morali. Dialogo della natura e di un Islandese - L’operetta fu scritta tra il 21 e il 30 maggio 1824. Lo spunto fu offerto da un saggio di Voltaire, in cui si parla delle terribili condizioni degli islandesi, minacciati dal gelo e dal vulcano Hekla. Emrge il passaggio da un pessimismo sensistico-esistenziale ad un pessimismo materialistico e cosmico dalla concezione di una natura benefica a quella di una natura nemica e persecutrice. L’infelicità è fatta dipendere materialisticamente dai mali esterni, fisici, a cui l’uomo non è in grado di sfuggire. L’Islandese ne fa un elenco puntiglioso e ossessivo; i climi avversi, le tempeste, i cataclismi, le bestia feroci, le malattie, la decadenza fisica e la vecchiaia. Di qui l’idea di una natura nemica, che mette al mondo le sue creature per perseguitarle, crudele e indifferente. Leopardi approda così ad un materialismo assoluto e ad un pessimismo cosmico che abbraccia tutti gli esseri, non solo gli uomini e tutti i tempi. L’infelicità non è dovuta solo a cause psicologiche, ma a cause materiali, alle leggi stesse del mondo fisico; anzi il dolore, la distruzione, la morte sono elementi essenziali dell’ordine naturale e il mondo è un ciclo eterno di produzione e distruzione e la distruzione è indispensabile alla conservazione; la sofferenza è la legge stessa dell’universo e nessun essere ne è immune. Lo stile è una requisitoria incalzante e appassionata, diversa dalla contemplazione fredda e distaccata dell’infelicità.

Giacomo Leopardi: vita e opere in breve

GIACOMO LEOPARDI: POESIE A SILVIA

A Silvia. La lirica ha una costruzione rigorosamente simmetrica: la prima strofa ha funzione di proemio e introduce il tema: l’immagine di Silvia che emerge dalla memoria, la seconda e la terza propongono, sempre rievocando il passato, due situazioni parallele: le illusioni giovanili di Silvia e quelle del poeta che si contrappongono alla faticosa realtà quotidiana, rispettivamente alle “opre femminili” e alle “sudate carte”. La quarta strofa è un commento desolato alla delusione di quelle speranze. La quinta e la sesta, in simmetria con la seconda e la terza, ripropongono nuovamente un parallelo tra Silvia e il poeta: la fanciulla è morta prima di vedere il fiore dei suoi anni e così la speranza del poeta muore prima che egli possa godere della giovinezza; di tante speranze resta solo la prospettiva della “fredda morte”. La lirica non propone una vicenda d’amore, la situazione è lasciata nel vago e nell’indeterminato: ciò che unisce Silvia e il poeta è il parallelismo tra le due condizioni, entrambi sono giovani, pieni di speranze che poi verranno deluse.