Canto 3 Paradiso: analisi
Analisi e spiegazione delle figure retoriche del canto 3 del Paradiso della Divina commedia di Dante Alighieri (3 pagine formato doc)
CANTO 3 PARADISO: ANALISI
CANTO III – PARADISO
Nel Canto II Dante avverte i lettori sprovveduti a non avventurarsi nella lettura del Paradiso, perché rischierebbero di vedere smarrita la loro mente, non capendo la materia. Sta andando velocemente verso la sfera della luna, rappresentata come una gemma incastonata. Sale fissando gli occhi nello sguardo di Beatrice ed entra con il corpo nella luna, meravigliandosi molto. Ammira la bellezza perlacea di questo pianeta e chiede a Beatrice perché dalla terra si vedono le macchie lunari. Beatrice risponde dicendogli che sbaglia perché pensa con la mente terrena e crede che la Luna sia fatta di quantità di materiale, quando invece la luce nell’universo obbedisce a regole di qualità: il vedere o meno le macchie lunari perciò dipende dalla qualità della luce lunare in ogni punto. La diversa virtù deriva dall’essenza che Dio ha dato al cielo della Luna.
Nel Canto II Dante avverte i lettori sprovveduti a non avventurarsi nella lettura del Paradiso, perché rischierebbero di vedere smarrita la loro mente, non capendo la materia. Sta andando velocemente verso la sfera della luna, rappresentata come una gemma incastonata. Sale fissando gli occhi nello sguardo di Beatrice ed entra con il corpo nella luna, meravigliandosi molto. Ammira la bellezza perlacea di questo pianeta e chiede a Beatrice perché dalla terra si vedono le macchie lunari. Beatrice risponde dicendogli che sbaglia perché pensa con la mente terrena e crede che la Luna sia fatta di quantità di materiale, quando invece la luce nell’universo obbedisce a regole di qualità: il vedere o meno le macchie lunari perciò dipende dalla qualità della luce lunare in ogni punto. La diversa virtù deriva dall’essenza che Dio ha dato al cielo della Luna.
Canto 3 Paradiso: analisi e commento
CANTO 3 PARADISO: FIGURE RETORICHE
Nel Canto III Dante vuole dichiarare di aver compreso le spiegazioni di Beatrice, quando inizia a vedere volti diafani. Pian piano le anime stanno perdendo ogni connotazione fisica per diventare solo luce. Queste anime hanno l’espressione di chi vuole parlare e Beatrice spiega che sono vere sustanze, anche se appariranno con l’aspetto evanescente e diafane. Parla con Piccarda Donati, una fiorentina che era entrata nel monastero delle clarisse, ma era stata costretta dal fratello a sposarsi; per questo si trova nel cielo della Luna: lì stanno le anime di chi era venuto meno a qualche voto. Nonostante Piccarda abbia infranto il voto monacale contro la sua volontà, avrebbe dovuto preferire la morte. Lei non ha il desiderio di beatitudine maggiore perché tutte le anime del Paradiso si conformano alla volontà di Dio e questo genera in loro gioia. Poi indica l’anima di Costanza d’Altavilla, madre di Federico II, che invece era relegato nella Città infernale di Dite; Costanza aveva deciso di diventare monaca, ma era dovuta uscire dal convento per sposare il figlio di Federico Barbarossa. Infine le anime si allontanano per tornare nella Candida Rosa e Dante torna a fissare Beatrice.