Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: trama, significato e analisi dei personaggi

Trama de Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Significato e analisi dei personaggi del romanzo che racconta i cambiamenti economici e sociali della Sicilia nel passaggio dal regime borbonico all'unità d'Italia
Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: trama, significato e analisi dei personaggi
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1Il Gattopardo, introduzione

Burt Lancaster e Claudia Cardinale sul set de Il gattopardo, tratto dal romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e diretto da Luchino Visconti
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Bisogna che tutto cambi perché niente cambi” è un famosissimo adagio ambiguo e denso di cupo pessimismo. Ricorda le favole di Fedro e di Esopo, infatti, e in particolare quella del mercante assalito dai briganti, che dice all’asino di scappare. E l’asino gli risponde: «Per me non cambia niente, solo il nome del padrone».  

Così davanti a un mondo che sta tramontando, davanti all’apocalisse del nuovo che si rivela – l’Italia unita, lo Stato italiano finalmente unificato sotto l’egida sabauda – sembra che in verità niente debba davvero cambiare. Eppure se cambia la forma, cambia in qualche modo tutto, giacché se la sostanza resta la stessa, sono proprio le forme, le “esteriorità” del potere a fare la differenza.  

Così il Gattopardo – stemma della nobile casata dei Salina – è il simbolo di un mondo al tramonto che comprende la propria incapacità di resistere, con amarezza e disincanto. A questa fine nel Risorgimento degli italiani – ed è una bella contraddizione – il mondo della nobiltà siciliana si abbandona in modo voluttuoso, chiudendosi nelle proprie stanze, mentre fuori infuria lo sconvolgimento politico.  

Il Gattopardo”, romanzo inizialmente non compreso, tanto da essere rifiutato sia da Einaudi sia da Mondadori, è invece un classico senza tempo che ha appassionato lettori di più generazioni.  

È sì un romanzo storico ispirato dalle vicende famigliari dell’autore, ma è soprattutto una poderosa allegoria della Storia che passa sopra le generazioni.  

Ogni Risorgimento, insomma, chiede una morte. Il romanzo è il racconto di questa dolente e magnifica morte sullo sfondo incantato, brutale e appassionante, della Sicilia.  

2Giuseppe Tomasi di Lampedusa, l’autore de Il Gattopardo

Francobollo per il cinquantenario della morte di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Fonte: ansa

Una delle domande che mi pongono più spesso è se io – Vincenzo Lisciani Petrini – sia di origini nobili dal momento che ho il doppio cognome.

È evidente che ancora oggi al sentire i doppi cognomi qualcosa in noi risuona: io comunque non sono nobile, ma di origini nobili è il nostro autore: Giuseppe Tomasi di Lampedusa, 12º duca di Palma, 11º principe di Lampedusa, barone di Montechiaro, barone della Torretta, Grande di Spagna di prima Classe, tutti titoli acquisiti il 25 giugno 1934 alla morte del padre.

Tomasi di Lampedusa nasce a Palermo nel 1896 e trascorse una vita molto riservata, dedita allo studio e alla lettura. Studia a Roma e a Palermo e, come tanti letterati italiani, si dedica senza successo agli studi giuridici.

Era molto legato alla madre, più che al padre. Combatte nella prima guerra mondiale ed è fatto prigioniero dopo la disfatta di Caporetto. Riesce a fuggire dall’Ungheria e si dedica agli studi.

A Riga, il 24 agosto 1932, sposa in una chiesa ortodossa la studiosa di psicanalisi Alexandra Wolff Stomersee, detta Licy, figlia del barone tedesco del Baltico Boris Wolff von Stomersee e della cantante italiana Alice Barbi, la quale nel 1920 aveva sposato in seconde nozze il diplomatico Pietro Tomasi, marchese della Torretta, zio di Giuseppe. Andarono a vivere con la madre di lui a Palermo, ma ben presto l'incompatibilità di carattere tra le due donne fece tornare Licy in Lettonia.

Viene poi richiamato alle armi anche nella seconda guerra mondiale, ma per questioni lavorative viene congedato quasi subito.

Conobbe anche Montale ad un convegno e poi si dedicò alla narrativa negli ultimi anni di vita scrivendo Il Gattopardo, suo capolavoro.

Morì a Roma per un tumore ai polmoni nel 1957.

La fama arriva postuma grazie alla pubblicazione del suo romanzo, presso Feltrinelli, con una prefazione di Giorgio Bassani. Dal suo romanzo è stato tratto il bellissimo filmIl gattopardo” (1963).

Dopo sono state anche pubblicate altre opere che testimoniano il suo impegno creativo e culturale: "Racconti" (1961), "Lezioni su Stendhal" (1971), "Invito alle lettere francesi del Cinquecento" (1979).

3Il Gattopardo (1958): spiegazione

Il gattopardo, locandina del film di Luchino Visconti.  Da sinistra: Burt Lancaster, Alain Delon e Claudia Cardinale, 1963
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Ambientato in una Sicilia sensuale e abbacinante, ispirato alla figura del bisnonno dell’autore, il romanzo “Il Gattopardo” è stato scritto dall’autore tra il 1954 e il 1957.  

Come detto, inizialmente l’opera subisce due rifiuti editoriali importanti: Einaudi e Arnoldo Mondadori. Il romanzo è stato poi pubblicato da Feltrinelli, nel 1958, un anno dopo la morte dell’autore.  

Nel 1959 arriva il successo: il romanzo diventa un best seller da 100.000 copie e attirò mano a mano sempre più attenzione da parte della critica. L’opera si colloca infatti nella grande tradizione dei romanzi siciliani di Verga, Capuana e Pirandello, contribuendo a creare una Sicilia mitizzata che è alla base anche dei romanzi di Camilleri.  

La vicenda si svolge nella Sicilia – Regno delle due Sicilie, dominato dai Borboni – sconvolta dal Risorgimento e dall’arrivo dei Mille e quindi dell’incipiente unità d’Italia. Più precisamente tra il maggio 1860 e il maggio del 1910.  

La narrazione è ellittica, sospesa anche per periodi di tempo piuttosto lunghi: mesi nella prima parte dell’opera, anni nella seconda parte e verso il finale. Il narratore filtra con sensibilità novecentesca quel mondo, riservandosi di commentare parole e pensieri dei suoi personaggi e non manca di fare paragoni tra l’epoca passata e quella a lui attuale.  

La focalizzazione varia ma è perlopiù incentrata sul Principe Salina, protagonista della vicenda.  

Possiamo dire che la vicenda risorgimentale è narrata da un punto di vista machiavellico: “bisogna che tutto cambi perché niente cambi”, frase pronunciata da Tancredi, ricorda proprio alcuni adagi de Il principe di Machiavelli.  

Come Verga, anche Tomasi di Lampedusa si mostra scettico nei confronti del progresso che ostenta cambiamenti e miglioramenti, quando invece genera solo nuove infelicità. Sembra quasi, anzi, che il mondo narrato da Tomasi di Lampedusa possa quasi assumere il ruolo di uno dei romanzi verghiani de “Il ciclo dei vinti”, collocandosi quasi in scia dopo “I Malavoglia” e “Mastro-don Gesualdo”.  

La famiglia Salina, una volta ricchissima, infatti, soccombe lentamente, inesorabilmente. È famosa la scena del timballo divorato da tutti i commensali di casa Salina che simboleggia proprio le iene che si stanno cibando della carcassa di un morto (e alle iene Salina oppone proprio la gloria passata dei nobili Gattopardi!). 

Questa famiglia, quindi, si rinchiude nell’illusione di un mondo che ormai è cambiato completamente, rifiutando qualunque cambiamento

Il titolo prende le mosse dallo stemma araldico della famiglia Salina, animale nobile, felino elegante, artigliato, emblema di tutte le nobiltà: «Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra».  

4Trama de Il Gattopardo

Il romanzo inizia con il racconto della recita del rosario a casa del principe di Salina, dove egli vive con la moglie e sette figli. Egli è una persona distinta, molto affascinante ma anche decadente per certi aspetti perché riflette proprio sul disfacimento della nobiltà a seguito dello sbarco dei mille in Sicilia. 

Egli guarda con disprezzo ai cambiamenti che stanno avvenendo nell’Italia risorgimentale, al contrario di suo nipote Tancredi che invece cavalca l’onda del successo garibaldino, cercando di convincere anche lo zio a farlo e ad immischiarsi tra le file della nuova nobiltà. 

Tancredi è innamorato della cugina Concetta, donna graziosa e superba e a sua volta è innamorata di lui. 

L’estate trascorre nella residenza di Donnafugata, dove la famiglia entra a contatto con il sindaco del paese Don Calogero Sedara, che rappresenta la nuova ambiziosa borghesia attratta dalla vecchia nobiltà. 

La figlia del sindaco, Angelica, bellissima ragazza mette gli occhi su Tancredi, che cede al suo fascino. I due così si sposano

Al momento di votare l’annessione al Regno di Sardegna, il principe di Salina decide per il no, nonostante gli venga anche offerto il posto di senatore. Decide quindi di condurre il resto della sua esistenza appartato fino al giorno della morte, avvenuta a Palermo a seguito di un viaggio a Napoli, assistito devotamente dalle cure dei familiari. 

L’ultimo capitolo mostra invece la vita delle figlie di Fabrizio, dedicata completamente alla religione e all’illusione dei tempi passati. 

Il principe di Salina non ha mai accettato i cambiamenti avvenuti nella sua regione a seguito dell’Unità d’Italia: i siciliani infatti si sono sentiti bloccati nella loro tranquillità e hanno visto gli italiani come invasori. Al Principe Salina viene anche offerto di diventare Senatore del nuovo regno, ma con garbo rifiuta, non sentendosi all’altezza in modo quasi fatale. Lui è un uomo del vecchio mondo, costretto a vivere nel nuovo, sentendosi inadatto ormai a entrambi. 

Gli avvenimenti non sono poi molti all’interno, ma quello che più affascina è l’ambiente stesso e il modo in cui evolve. 

4.1Vittorini e il Gattopardo

“Il Gattopardo” trovò grandi ostacoli nella pubblicazione ricevendo i rifiuti delle grandi case editrici italiane come Mondadori, Einaudi e Longanesi. Il gran rifiuto avvenne per opera di Elio Vittorini consulente letterario per Mondadori e curatore della collana “I Gettoni” per l'Einaudi. Vittorini, una volta letto il testo, bocciò “Il Gattopardo” per entrambe le case editrici accompagnando il rifiuto da una lettera di motivazione in cui diceva che il libro era squilibrato nelle parti, prolisso, schematico e affrettato nella parte finale. Vittorini aveva le sue riserve eppure, chiedendone una revisione, lo riteneva comunque “pregevole e commercialmente valido”. “Il Gattopardo” vide infine la pubblicazione nel 1958 grazie a Giorgio Bassani direttore della collana di narrativa “I Contemporanei” per la Giangiacomo Feltrinelli Editore che, ricevuto il manoscritto (incompleto), ne comprese subito l’enorme valore, ne recuperò il testo nella sua interezza e lo fece pubblicare.

5I personaggi

5.1Principe Salina

L'attore Burt Lancaster nel ruolo del Principe Salina ne Il Gattopardo di Visconti
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Il Principe Fabrizio Salina, grande proprietario terriero della Sicilia, si sente l’ultimo rappresentante dell’aristocrazia borbonica. Un uomo austero, irritabile, autoritario, ma dall’animo buono e malinconico.

Dotato di fisico massiccio, con occhi azzurri e capelli biondi a causa dell’origine tedesca della madre. È appassionato di scienza – in particolare matematica e astronomia – poiché con i suoi numeri e le sue certezze positive mette la realtà sempre al suo posto e questo gli è di conforto.

Sua moglie è Maria Stella dalla quale ha avuto sette figli (quattro maschi e tre femmine). Tuttavia non disdegna frequentazioni e scappatelle con donne più giovani, sublimando il senso di colpa con il fatto che la moglie, troppo legata alla religione, non gli ha mai neanche scoperto l’ombelico.

È un uomo che avverte il senso della fine del suo mondo in modo fatale e quindi guarda con una scrollata di spalle – seppure amara – quello che sta accadendo alla nobiltà di cui lui è il massimo rappresentante.

È appassionato di astronomia e di caccia. Ha un fedele cane di nome Bendicò:

«Bendicò nell'ombra gli strisciava il testone sul ginocchio. "Vedi, tu Bendicò, sei un po' come loro, come le stelle: felicemente incomprensibile, incapace di' produrre angoscia." Sollevò la testa del cane quasi invisibile nella notte. "E poi con quei tuoi occhi al medesimo livello del naso, con la tua assenza di mento è impossibile che la tua testa evochi nel cielo spettri maligni”».

5.2Tancredi Falconeri

Burt Lancaster (Principe Fabrizio Salina) e Alain Delon (Tancredi) nel film Il gattopardo di Visconti
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Se la frase simbolo del libro è pronunciata da questo personaggio, vuol dire che questo personaggio gioca un ruolo davvero importante. Tancredi è il punto di congiunzione tra Calogero e il Principe. Ha l’arrivismo e l’attivismo del primo e la galanteria e l’eleganza del secondo. Sa cavarsela, sa scegliere. 

È un pragmatico che però sa essere capace di «profittevole altruismo», al punto che anche Sedara ne resta affascinato ed è ben felice di dargli la mano della figlia Angelica. 

È il nipote e pupillo del principe Salina, suo tutore dalla morte dei genitori, e non teme di essere un traditore quando si arruola nelle forze partigiane dei Mille che in quel momento stavano combattendo contro le forze reali dei Borboni. 

È lui che sa per primo, in uno dei suoi attimi di serietà, quanto sia importante trasformare il potere nella sua forma ma non nella sostanza. Leggiamo il passo più importante dell’opera: 

"Sei pazzo, figlio mio! Andare a mettersi con quella gente! Sono tutti mafiosi e imbroglioni. Un Falconeri dev'essere con noi, per il Re". Gli occhi ripresero a sorridere. "Per il Re, certo, ma per quale Re?" Il ragazzo ebbe una delle sue crisi di serietà che lo rendevano impenetrabile e caro. "Se non ci siamo anche noi, quelli ti combinano la repubblica. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Mi sono spiegato?" Abbracciò lo zio un po' commosso. "Arrivederci a presto. Ritornerò col tricolore". La retorica degli amici aveva stinto un po' anche su suo nipote; eppure no. Nella voce nasale vi era un accento che smentiva l'enfasi. Che ragazzo! Le sciocchezze e nello stesso tempo il diniego delle sciocchezze

5.3Angelica Sedara

L’ingresso di Angelica in scena ricorda quello dell’Angelica dell’Orlando innamorato di Boiardo, da cui Tomasi di Lampedusa prende spunto.

Angelica è di una bellezza sconvolgente, sebbene in qualche suo lato tradisca qualcosa di ancora villanesco. È stata a Firenze a perfezionare la sua educazione e adesso è fiorita, come una rosa, e la sua pelle è vellutata come quella delle pesche.

Al suo ingresso a Palazzo Salina, desta una mirabile impressione. Soprattutto in Tancredi che si innamora subito di lei tradendo il precedente affetto nei confronti Concetta, la cugina, figlia del Principe Salina.

Angelica ci viene mostrata come una donna ancora ingenua, che accoglie volentieri la malizia degli uomini, in quanto capace di leggervi dentro.

5.4Don Calogero Sedara

Don Calogero Sedara è il nuovo arrivato, homo novus spregiudicato, imprenditore e profittatore, che si è arricchito tantissimo. In lui echeggia il Mazzarò di Verga, ma soprattutto Mastro-don Gesualdo. È incapace di comportarsi in modo decoroso, perché è di origine villana, ma ha la testa come un brillante, dote che gli è riconosciuta anche dallo stesso Salina. È un pragmatico del mondo e sa come farsi strada, come un elefante che tira dritto senza badare a destra o a sinistra.

È il padre della bella Angelica che usa per proseguire nella sua scala sociale e imparentarsi con la nobiltà, facendo il salto (come Mastro-don Gesualdo di Verga).

Diventa anche il sindaco di Donnafugata. Celebre la scena in cui scombina le gerarchie sociali, presentandosi in frac, a discapito del Principe, vestito con gli abiti del pomeriggio. 

5.5Padre Pirrone

È il reverendo di Casa Salina e confidente e confessore del Principe. È un uomo conservatore che ha fiutato il pericolo della rivoluzione garibaldina e di come a farne le spese sarà anche la Chiesa con il suo Stato Pontificio.

6Il fatalismo dell’essere siciliani nelle parole del Principe

Andiamo adesso a leggere due passi emblematici del romanzo, che ben traducono lo spirito del Principe Salina e la sua riluttanza al cambiamento. Si percepisce un senso di inutilità e di rammarico nelle parole

Chvalley, messo regio, ha appena offerto al Principe la possibilità di diventare senatore del nuovo regno. Ma il Principe rifiuta con queste amare parole. 

"Ma allora, principe, perché non accettare?" "Abbia pazienza, Chevalley, adesso mi spiegherò; noi Siciliani siamo stati avvezzi da una lunghissima egemonia di governanti che non erano della nostra religione, che non parlavano la nostra lingua, a spaccare i capelli in quattro. Se non si faceva così non si sfuggiva agli esattori bizantini, agli emiri berberi, ai viceré spagnoli. Adesso la piega è presa, siamo fatti così. Avevo detto 'adesione' non 'partecipazione.' In questi sei ultimi mesi, da quando il vostro Garibaldi ha posto piede a Marsala, troppe cose sono state fatte senza consultarci perché adesso si possa chiedere a un membro della vecchia classe dirigente di svilupparle e portarle a compimento; adesso non voglio discutere se ciò che si è fatto è stato male o bene; per conto mio credo che parecchio sia stato male; ma voglio dirle subito ciò che Lei capirà da solo quando sarà stato un anno fra noi. In Sicilia non importa far male o far bene: il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di 'fare'. Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori già complete e perfezionate, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui abbiamo dato il 'la'; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei, Chevalley, e quanto la regina d'Inghilterra; eppure da duemila cinquecento anni siamo colonia. Non lo dico per lagnarmi: è in gran parte colpa nostra; ma siamo stanchi e svuotati lo stesso". 

7L’impossibilità del cambiamento: l’illusione della storia

Chevalley pensa che invece il progresso esista e che tutti abbiano l’ansia di migliorare. Salina non è d’accordo: i Siciliani si vanno bene così come sono e non amano il cambiamento, si lasciano dominare dalle correnti così come capita, sentendosi in qualche modo già perfetti – nel senso quasi più di conclusi, già passati, antichi, mitici. “Siamo come dei” dirà il Principe, senza essere capito. Cambiare è un’illusione perché niente davvero cambia, niente migliora.

Chevalley pensava: "Questo stato di cose non durerà; la nostra amministrazione, nuova, agile, moderna cambierà tutto." Il Principe era depresso: "Tutto questo" pensava "non dovrebbe poter durare; però durerà, sempre; il sempre umano, beninteso, un secolo, due secoli...; e dopo sarà diverso, ma peggiore. Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra." Si ringraziarono scambievolmente, si salutarono. Chevalley s'inerpicò sulla vettura di posta, issata su quattro ruote color di vomito. Il cavallo, tutto fame e piaghe, iniziò il lungo viaggio. Era appena giorno; quel tanto di luce che riusciva a trapassare il coltrone di nuvole era di nuovo impedito dal sudiciume immemoriale del finestrino. Chevalley era solo; fra urti e scossoni si bagnò di saliva la punta dell'indice, ripulì il vetro per l'ampiezza di un occhio. Guardò; dinanzi a lui sotto la luce di cenere, il paesaggio sobbalzava, irredimibile.