Il lungo viaggio di Sciascia: analisi del testo

Il lungo viaggio di Sciascia: analisi del testo con riassunto, temi trattati e focalizzazione. Trama del racconto di Sciascia a tema emigrazione

Il lungo viaggio di Sciascia: analisi del testo
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IL LUNGO VIAGGIO

Emigranti in arrivo a Ellis Island
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Il fenomeno dell’emigrazione compare spesso nella narrativa di Leonardo Sciascia, che ha raccontato molto frequentemente un fenomeno che ha interessato la Sicilia e in generale il meridione d'Italia per lungo tempo, dal primo Novecento in poi.

Non fa eccezione Il lungo viaggio, racconto contenuto nella raccolta Il mare colore del vino, che parla delle emigrazioni verso l'America, terra delle opportunità per moltissimi europei - e non solo - prima e dopo le due guerre.

Il sogno dell’America traboccava di dollari: non più il denaro, custodito nel logoro portafogli o nascosto tra la camicia e la pelle, ma cacciato con noncuranza nelle tasche dei pantaloni, come avevano visto fare ai loro parenti, che erano partiti morti di fame, magri e cotti dal sole; e dopo venti o trent’anni tornavano, ma per una breve vacanza, con la faccia piena e rosea che faceva bel contrasto coi capelli candidi.

IL LUNGO VIAGGIO, RIASSUNTO BREVE

La trama, in breve: il racconto è ambientato in un paese della Sicilia, tra Gela e Licata, dove un gruppo di paesani si lasciano allettare da un uomo che promette loro un passaggio su un piroscafo per raggiungere l’America. 

I personaggi del racconto si fidano, ma non sanno che il loro sogno è destinato a restare tale: la barca li ha solo portati al largo per poi farli sbarcare in un altro punto della costa siciliana. La speranza di una nuova vita resterà per tutti loro solo un’illusione.

IL LUNGO VIAGGIO, RIASSUNTO DETTAGLIATO

Il brano è suddiviso in tre ampie parti descrittive: la partenza, il viaggio e lo sbarco.

La partenza avviene durante una notte scur, nella quale sembra quasi impossibile muoversi, come se se ne avvertisse il peso.Il mondo viene prsentato da Sciascia come se fosse un nemico.

All’alba, in un tratto di spiaggia pietrosa e arida, fra Gela e Licata, un gruppo di emigranti, partiti dai loro paesi lontani dal mare, aspetta che arrivi la nave che deve portarli lontano. Con loro, solo le valigie di cartone e i fagotti con i loro beni all'interno.

Molti di loro temono il mare, perché lo vedono allora per la prima volta.

L’uomo viene descritto da Sciascia come una specie di commesso viaggiatore con la sua parlantina ma nello stesso tempo con un volto serio e onesto. La promessa fatta agli uomini è quella di imbarcarli di notte e sbarcarli successivamente sulla spiaggia del New Jersey (chiamato Nugiorsi dagli emigranti) a due passi da New Jork (Nuovaiorche).

L'uomo promette agli emigranti che potranno scrivere ai parenti in America, che così li potranno aspettare alla stazione di Trenton dopo dodici giorni dalla partenza: “L’importante era solo sbarcare in America, come e quando non aveva importanza”.

Dopo aver attraversato il grande “mare oscuro” gli emigranti approderanno agli “stori” (store= negozio) e alle “farme” (farm= fattoria) americani e si ricongiungeranno così ai loro parenti.

Il viaggio costa 250.000 lire, metà delle quali devono essere consegnate alla partenza e metà all’arrivo.

Gli emigranti conservano gelosamente i soldi tra la pelle e la camicia. Per racimolarli hanno venduto le cose più care: la casa, il mulo, l’asino, le provviste dell’annata, il cassettone da biancheria (canterano), le coltri.

Altri hanno invece fatto ricorso agli usurai, con la segreta intenzione di non restituirli, prendendosi così una vendetta personale dopo anni di soprusi.

Emigranti italiani nel '900
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Sono le undici quando uno di loro accende una lampadina tascabile, dando il segnale della partenza. Gli emigranti si trovano davanti il signor Melfa, l’impresario della loro avventura, che, prima di partire, impone gli emigranti di consegnare tutta la somma di denaro stabilita.

Gli emigranti giurano e salgono sulla barca. Dice Sciascia: “e di colpo ciascuno dei partenti diventò una informe massa, un confuso grappolo di bagagli”. Tutti si riuniscono in modo compatto insieme ai loro bagagli, “con il rischio che un uomo o un fagotto traboccasse fuori”.

Il signor Melfa non dà importanza a nulla di tutto questo: per lui la differenza tra un uomo e un fagotto sta nei soldi che posseduti solo dal primo.

Dopo undici difficili notti il viaggio termina: il signor Melfa chiamò in coperta i passeggeri, presentando loro i paesi della ricca America che con le loro luci brillano come gioielli nella notte serena e dolce: una mezza luna brilla tra un trasparente insieme di nuvole, una brezza che allarga i polmoni.

Un passeggero mostra dei dubbi e chiede se quella sia veramente l’America e non un altro paese.

Il signor Melfa lo guarda con compassione e continua a parlare chiedendo a tutti se dalle loro parti abbiano mai visto un orizzonte come quello, se non sentano un'aria diversa, se non vedano come questi paesi risplendano; tutti convengono e guardano con compassione e risentimento il povero compagno.

Dopo aver liquidato il conto, ciascuno di loro prende le proprie cose in pochi minuti e scende dalla barca ridendo e canticchiando; quando la barca si muove, uno di loro si mette a cantare a gola aperta, ma il signor Melfa lo fa tacere per non correre rischi.

Restano dunque seduti sulla sabbia, indecisi, senza saper che cosa fare, chiedendosi quanto sia lontana Trenton e quanto ci voglia per raggiungerla. In lontananza sentono in modo irreale un canto che sembra di un carrettiere siciliano. Subito pensano che il mondo è ovunque lo stesso: dappertutto l’uomo manifesta con il canto la stessa malinconia, la stessa pena.

Due degli sbarcati decidono di andare alla scoperta del “Nuovo Mondo”. Iniziano a camminare in direzione della luce che il cielo emana, e trovano subito la strada. Vedono che è asfaltata, ben tenuta, diversa dalle loro, anche se in verità se l’aspettavano più ampia e più dritta.

Nella strada passano automobili simili alle loro, seicento e millecento; pensano immediatamente che in America vengano tenute per capriccio e che si comprano ai ragazzi come in Sicilia si fa con le biciclette.

Finalmente vedono delle indicazioni a lato strada: il cartello riporta la dicitura Santa Croce Camerina – Scoglitti.

Tutti e due si rendono conto che il nome non suona affatto nuovo. Fermano allora una Cinquecento e chiedono indicazioni per Trenton, ma poco dopo si rendono conto che l’automobilista è un loro compatriota. Parlando fra loro capiscono di essere ancora in Sicilia.

Il racconto si chiude con tristezza: Si buttarono come schiantati sull’orlo della cunetta: chè non c’era nessuna fretta di portare agli altri la notizia che erano sbarcati in Sicilia.

IL LUNGO VIAGGIO, ANALISI

I protagonisti del racconto sono degli emigranti anonimi. La scelta non è casuale, perché Sciascia vuole rappresentare con loro l'intero popolo siciliano, fatto di contadini umili e poveri, raggirati nei loro sogni di speranza e miglioramento della propria vita.

L'America è la concretizzazione di quei sogni, che da uomini ingenui e non istruiti, vedono come una magnifica terra delle opportunità, senza avere però gli strumenti per difendersi dai furbi e dai disonesti nella propria patria.

Gli emigranti lasciano dietro di sé una terra che Sciascia definisce come «l’arida plaga del feudo», per raggiungere la terra dei sogni, spazio di abbondanza e luce. Il potere delle immagini create dai racconti sull’America dei parenti all’estero e degli emigrati di ritorno o in visita fa procedere il racconto in una direzione inattesa.

Durante il viaggio, gli emigranti intravedono la terra paradisiaca che sognano: dall’imbarcazione le luci delle città costiere degli Stati Uniti brillano nella notte raddolcita dalla brezza. ma una volta arrivati, l’ambiente gli appare simile a quello di casa. Nonostante ciò, il potere dell’immaginazione e la necessità di mantenere viva la speranza sono talmente forti che persino le cose a loro familiari s’ingrandiscono o scompaiono, proprio perché vengono guardate attraverso il filtro defamiliarizzante che si adatta alla loro idea mitica dell’America.

Persino quando leggono sui cartelli stradali i nomi di Santa Croce Camerina, persino quando scambiano due parole in italiano con un abitante del luogo e persino quando quest’uomo legittimamente li manda al diavolo in risposta alla loro richiesta di informazioni su come raggiungere Trenton, gli emigranti negano la realtà dei fatti.

Solo attraverso i ricordi, uno di loro si rende conto che Santa Croce Camerina è un paesino della costa siciliana dove suo padre tanti anni prima aveva trovato lavoro durante una brutta annata nelle campagne.

Sciascia, attraverso questa alternanza di spazi reali e immaginari, denuncia apertamente il traffico umano illegale che si approfitta dell’ingenuità dei contadini ignoranti, piagati, oltre che dalla disperazione, soprattutto da un fortissimo senso di rivalsa contro l’ingiustizia del mondo, che finisce per offuscare la reale valutazione della realtà.

LEONARDO SCIASCIA, APPROFONDIMENTI

Ascolta il podcast su Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia, una delle sue opere più famose:

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